Capitolo Undici - L'Onda che ci Travolse

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📍Sydney, Australia



Le mie dita afferrarono per intero la grossa manopola al centro della cabina di controllo, spingendola lentamente in avanti fino a quando non sentii rullare il carrello sulla pista di atterraggio.

Il piccolo omino verde, così chiamavo gli steward che indicavano le manovre ai piloti, terminò di sbracciare solo quando il mio velivolo fu fermo e allineato. Pigiai il pulsante laterale della ricetrasmittente, richiedendo il contatto con la torre di controllo.

«Parla l'Ufficiale Lang a comando del Boeing 737 del volo SF-SY. Atterraggio completato».

Subito dopo, una voce metallica si insinuò lungo i miei canali uditivi. «Comunicazione ricevuta dal tecnico Blaire, quarta torre di controllo», la linea crollò per un istante, «Ufficiale Lang, benvenuta nel continente dei canguri».


Terminate le procedure di atterraggio, afferrai il mio fedele bagaglio a mano e catturai l'attenzione di Ryan, intento a smanettare con la sua cravatta.

«Ryan, guardami bene», puntai l'indice - mangiucchiato a causa dei nervi - contro me stessa, «osserva questa Haylee un'ultima volta, perché non la vedrai mai più».

Il biondo rigirava fra le falangi una sigaretta in attesa d'essere fumata, seduto ancora nella sua postazione di volo. «Hai intenzione di arruolarti in qualche tribù aborigena?»

«Niente di meno, stupido mentecatto. Mi vedresti per caso raccogliere noci di cocco in cima a una palma o incidere il mio nome in lingua primitiva su una roccia? Quello che voglio dire è che quando ritornerò in questa cabina, sarò una persona totalmente diversa».

Era il mio viaggio fortunato: per legge, ogni tre voli mi spettavano ben quarantott'ore di pausa lavorativa nel luogo in cui sarei atterrata. Era forse l'aspetto che più preferivo della mia professione: viaggiare gratuitamente da un lato all'altro del globo, con in tasca una carta di credito caricata in parte dalla compagnia di volo, una vera e propria manna dal cielo.

E quella volta credevo di essere stata davvero fortunata ad atterrare a Sydney, sebbene non sapessi ancora cosa mi stesse aspettando, dal momento in cui avevo sempre desiderato visitare le mitiche spiagge australiane, gremite di granchi, tavole e surfisti muscolosi.
Avrei potuto trascorrere quarantotto serenissime ore lontana dalla mia quotidianità, da Stan, da Neels e dai pensieri misti sui due che ormai popolavano prepotentemente la mia mente. Da un lato il mancato naufragio del mio matrimonio, dall'altro un misterioso sconosciuto che, con la sua sola esistenza, aveva mandato a fuoco le mie sinapsi.

Nel frattempo, Ryan aveva lasciato il suo sedile per poi interporsi fra me e la porta d'uscita dalla cabina.

«Togliti dalle palle, idiota», gli diedi uno strattone, facendolo ripiombare sul sedile e guadagnandomi un suo lamento. Sfilai lo smartphone dalla tasca, e premetti a lungo il pulsante di blocco fin quando non apparve la sagoma di una mela. Avevo appena spento il cellulare. Poi puntai il dito contro l'ampio parabrezza che dava sulla città in procinto di svegliarsi. «Sono le sei di un meraviglioso sabato australiano. Vedi l'alba? Non voglio neanche il più insignificante contatto con la mia vita da Haylee Lang fino all'alba di... lunedì».


Picchiettavo le dita sul volante mentre cambiavo frequenza radiofonica. Sbuffai mentre un formicolio si irradiava sempre più su per il piede sinistro, che schiacciava a fondo il pedale della frizione. Avevo beccato in pieno centro il traffico mattutino della città più grande d'Australia, in procinto di svegliarsi. Taxi, bus, moto e una quantità illimitata di Suv si incrociavano sulle superstrade che stavo ormai percorrendo da oltre mezz'ora. Mentre osservavo sul sedile passeggero la mia borsa di paglia, sfilai con difficoltà la mia divisa blu da pilota, sotto alla quale nascondevo il bikini e una maglia leggera. Le mie sinapsi bramavano una vacanza, l'acqua, le onde la sabbia: ero desiderosa di vivere al centouno percento quelle quarantott'ore di pausa dalla mia vita, ed ero sicura che un po' di sana solitudine non avrebbe fatto altro che aiutarmi. Solo una dozzina di chilometri mi separavano dalla meta dove avrei trascorso la prima delle mie due giornate australiane. Il sole batteva già forte sul parabrezza dell'utilitaria che avevo noleggiato all'aeroporto per la permanenza.

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