Capitolo Dodici - In Cima al Mondo

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Neel(s)

📍Touring Australia🗺


Mi svegliai presto quella mattina

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Mi svegliai presto quella mattina. Anzi, era opportuno dire che non avevo affatto chiuso occhio. Avevo trascorso l'intera nottata a girarmi e rigirarmi fra le coperte, sperando che il tempo - segnato dal ticchettio costante di una sveglia sul comò - scorresse velocemente. Ma così non accadde, dal momento in cui ogni volta che aprivo a fatica le palpebre pesanti, le lancette si erano spostate solo di qualche grado.

A causa del mio ritmo circadiano fuori controllo, ogni tre quarti d'ora ero condannato a svegliarmi e cercare un diversivo per ammazzare il tempo. Mi ergevo in piedi, sgattaiolando in slip fuori dalle lenzuola. E, ogni volta, trovavo che anche il mio amico lì sotto fosse ben sveglio e arzillo.

Ignoravo le pulsioni che creava, per poi afferrare la tazza di the che avevo lasciato sulla tavola e portarmi fino alla grande vetrata della camera in cui pernottavo da un paio di giorni. Guardavo il panorama che l'altezza di ben trentasei piani mi donava. Da lassù, tutto era più bello: Sydney riposava nell'oscurità, accompagnata solo dalle piccole luci che costellavano i grattacieli, gli edifici e le strade. In lontananza, si ergevano il maestoso Harbour Bridge e il Sydney Opera House, famoso simbolo della città più grande d'Australia.

Mentre con un braccio mi sostenevo all'ampia porta che dava sulla città, giravo e rigiravo fra le dita il foglio su cui avevo appuntato le mete che avrei voluto documentare in quel mio viaggio intercontinentale. Mi resi conto che, delle tante elencate, ero riuscivo a sbarrarne in rosso solo una: Bondi Beach. Quella spiaggia aveva il mio cuore: mia madre - di origini australiane - ogni estate prenotava un volo per due, lì mi portava per trasmettermi la sua cultura. Mi insegnò a surfare, riconoscere le conchiglie, e catturare i granchi. E imparai a fare castelli di sabbia con Casey, Danny, Rafe e gli altri bambini, che divennero allora i miei abituali amici di vacanze. Una volta divenuti tutti dei ragazzacci, durante la stagione estiva del novantanove creammo il "circolo degli squali", principalmente per farci notare dall'ondata di turiste che ogni giorno popolavano la spiaggia. Armandoci di pazienza, braccia e rami di palme costruimmo il Paradise, il nostro piccolo angolo bar, dove noleggiavamo tavole da surf e preparavamo intrugli che sapevano di cocktail.

E vent'anni dopo, era proprio a quel Paradise che fossi seduto quando la vidi. Per mille balene, era lei, lei e solo lei.  Strabuzzai gli occhi, facendomi andare quasi di traverso i salatini che stavo noiosamente stuzzicando. Cosa cazzo ci fa in Australia?, pensai. Danny, che era lì seduto a torturarmi con le sue chilometriche e logorroiche avventure sentimentali, si accorse fossi totalmente sconnesso dalla realtà, e mi diede un colpo di canna di bambù sull'avambraccio, facendomi rinsavire.

«Hai per caso visto un fantasma, Wayne? O forse una nudista?» Sentenziò. «Non credevo ti scioccassi così tanto alla vista di un paio di tette al vento».

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