Capitolo Quattro - Uragano Christopher

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📍Los Angeles, California

«Questo Christopher ha proprio rotto tre quarti di minchia», asserii.

«Almeno tu hai la fortuna di essere sola», rispose Ryan, «io mi trovo bloccato in una microscopica stanza d'albergo con quel troglodita di Easton».

«Condoglianze, amico».

«Hey, vedete che riesco a sentirvi» sbucò l'altro sulla telecamera mezzo nudo, con solo un asciugamano avvolto in quella ristretta vita sudamericana. Potei notare le curve dei muscoli anche attraverso lo schermo.

Sentii un'interferenza provenire dalle casse della vicina radio.
«Stacco, cretini. Non fate niente di sporco, mi raccomando». Poi, cliccai la cornetta rossa.

«E buonasera, buenas tardes, goodevening ladies and gentleman da tutto il mondo. Benvenuti in una nuova puntata di On Top of the World. Vi state chiedendo dove si trova oggi il vostro avventuriero preferito. Volete indovinarlo voi? D'accordo, d'accordo... vi do un piccolo indizio: sono rimasto intrappolato in una stanza d'albergo. Purtroppo, non ho molto da raccontare oggi. Che ne dite di fare quattro chiacchiere? Tre, due, uno... ho appena aperto la linea, ricordo che bisogna chiamare il tre quattro tre sette per essere collegati in diretta radiofonica con me. Che aspettate?»

Le mie dita composero quel numero di riflesso, senza neanche chiedere il permesso.
«Buonasera, avventuriero».

«Buonasera a te, prima ascoltatrice di oggi», non ci volle molto che quella voce così profonda si rivolse a me, «come ti identifichi?»

Era questo il modo in cui noi assidui ascoltatori comunicavamo con lui: ci presentavamo con il nome fittizio e uno stato d'animo. L'intero programma garantiva l'anonimato, tanto che l'unico accenno al nome reale del radiofonico era l'iniziale N.

«Mi sento come... brontolo. Annoiata, infastidita, contro il mondo intero».

«Anche tu vittima di Christopher?» Sentii la sua voce sospirare, «Ti va se riproduco una canzone? Magari aiuterà a rilassarti».

Risposi affermativamente, e subito dopo la magica voce di Sia in "Angel By The Wings" iniziò a risuonare sulla linea.

«Va meglio?»

La verità era che le attenzioni di quell'uomo mi sollevavano davvero il morale. Mi aiutavano a rilassarmi mentre volavo, mi aiutavano a non pensare al rapporto con Stan, che si era di nuovo allentato in modo drastico.

A programma concluso, puntai lo sguardo fuori dal parabrezza del mio usuale Boeing, concentrandomi sulle luci intermittenti che brillavano sulla pista. Spesso la cabina vibrava a causa delle fortissime folate di vento, che raggiungevano anche gli ottanta chilometri orari.

I passeggeri avevano lasciato la fusoliera da una buona mezz'ora e io, in funzione di primo ufficiale, attendevo che mi fosse comunicato il via libera per la ripartenza verso San Francisco. Le mie dita avevo assunto un colorito biancastro per quanto le avessi tenute incrociate come auspicio. Speravo fossi ancora in tempo per ripartire e in un'ora abbondante tornare a casa ma, come ormai dovevo ben sapere, ero stata partorita dalla sfiga pura e cruda.

Dalle cuffie penzolanti sul collo udii una lontana voce.
«Ufficiale Lang? Ufficiale Lang?»

«Riceve l'ufficiale Lang», avvicinai alle labbra il microfono, il cui sostegno di metallo percorreva mezza guancia, «pronta al rapporto».

«Autorizzazione per il decollo non concessa. L'uragano Christopher ha cambiato rotta negli ultimi minuti. Pare che dall'Oceano Pacifico sia diretto verso Est. California, Arizona e Messico del Nord sono stati considerati ad allerta critica. Mi sente, ufficiale Lang? Hanno dichiarato allerta critica», l'uomo marcò le ultime parole per accertarsi che avessi recepito.

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