六 on the way

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𝗟𝗔 𝗡𝗢𝗧𝗧𝗘 𝗟𝗘 𝗣𝗜𝗔𝗖𝗘𝗩𝗔, le dava una sensazione di equilibrio il silenzio che portava la fine della giornata

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𝗟𝗔 𝗡𝗢𝗧𝗧𝗘 𝗟𝗘 𝗣𝗜𝗔𝗖𝗘𝗩𝗔, le dava una sensazione di equilibrio il silenzio che portava la fine della giornata.
Sapeva di avere un privilegio, la sua casa si trovava in un quartiere tranquillo, quindi non era costretta a dover subire il trambusto cittadino che si creava col calar della sera.
Quando era tardi, e la nonna si era già messa a dormire, lei si metteva alla finestra di camera sua e guardava il cielo.
Le stelle le tenevano compagnia, la luna vegliava su di lei.

Se si concentrava riusciva a vedere le costellazioni.
Ricordava che in passato le guardava spesso, forse per questo era stata capace di riconoscerle.
Il cielo di allora le sembrava strano.
Diverso.

Era meno luminoso, meno immenso.
Era tutto più spento, anche quella vita.
Si ricordava che una volta era salita sul tetto di un edificio, era giorno e la gente era impegnata a continuare la propria esistenza solo per ostentare qualcosa di inutile.
Aveva guardato il cielo sopra di lei.
Era grigio.

Non c'erano nuvole, eppure, quell'azzurro che tanto la calmava, che era il colore di uno dei suoi occhi e quelli della nonna, quello che cercava quando voleva sentirsi viva, non c'era.

C'era solo lei e il grigio del mondo.

Ricordava di aver detto qualcosa, ma non riusciva a capire cosa. 
Il ronzio che aveva sentito il primo giorno era presente, rendendo incomprensibili le parole.
Lo sentiva quando qualcuno provava a parlare nei suoi ricordi, come a tenerla lontana dallo scoprire cosa stesse dicendo.
Sentiva qualcosa di amaro formarsi nella bocca ogni volta che quel ronzio ricominciava.
Le faceva contorcere lo stomaco, le veniva un'improvvisa tachicardia, e aveva voglia di spaccarsi la testa a causa dell'emicrania che le provocava.
Non le piaceva.

Voleva quella sensazione, quella in cui riusciva a vivere il silenzio del mondo, anche se per pochi secondi.
Ma non era lei a comandare, purtroppo.
Altrimenti avrebbe fatto in modo di viverla sempre, ma poi non avrebbe potuto più vivere nella realtà.
Sapeva della sua dipendenza, ma sapeva che era anche meglio di tutte le droghe create dall'uomo.
Sapeva che non era neanche giusto, la nonna non se lo meritava.

Per questo sopportava il ronzio.
Se ciò le avrebbe permesso di vivere quella sensazione, e, allo stesso tempo di capirne di più, allora avrebbe sopportato tutto.

Anche se aveva qualcosa da ridire a quelli stronzi che l'avevano messa lì.
Forse era stata una punizione per quello che aveva fatto in passato.
Non era da escludere.

O forse sì, non era davvero mai stata una persona religiosa.
Non che non credesse che ci fosse qualcuno lassù, ma non aveva abbastanza fede per crederci veramente.
L'aveva visto il mondo, distrutto dalle guerre in nome di qualcosa di cui non si era mai stati sicuri.
C'erano sempre state persone disposte a fare di tutto per imporre il proprio credo, e ci sarebbero sempre state.
O forse che si usasse la scusa di Dio per fare qualsiasi cosa, o per essere più importante degli altri.
Era nell'essenza dell'uomo farlo.
Forse era per quello che non ci credeva.

Ma non le interessava.

Una nuvola coprì di poco la luna, oscurando il suo volto.
Rimase a fissarla finché questa non se ne andò.

Sì, la notte le piaceva.

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