Un'altra volta

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Non poteva credere che a distanza di appena due anni era di nuovo lì, in quella situazione orrenda. Si guardò allo specchio, aggiustandosi la giacca nera e sospirando.

«Come stai amico?» gli chiese una voce alle sue spalle e subito dopo, la figura di Nino, anch'egli vestito di scuro, ma con sempre le cuffie al collo, compariva riflessa al suo fianco.

«Non voglio farlo. Non di nuovo.» rispose Adrien, vedendo i suoi stessi occhi tremare nel tentativo di trattenere le lacrime.

L'amico gli mise una mano sulla spalla, nell'inutile tentativo di rassicurarlo, mentre lanciava un'occhiata alla porta, dove i volti delle due ragazze sbucavano curiose e preoccupate, cercando di capire come stesse il biondo. Nino scosse la testa, facendo segno che non era proprio il momento e le due si allontanarono dalla soglia.


«Oh Alya, non l'ho mai visto così. Mi sento in colpa.» disse Marinette con aria afflitta. Avrebbe voluto stringere forte il ragazzo e prendersi tutta la sua sofferenza, ma purtroppo era impossibile e lo sapeva bene.

«Marinette, non è colpa tua. – la rassicurò l'amica, prendendola per le spalle – Non è colpa di nessuno dei due. Voi avete fatto tutto il possibile per risolvere la situazione; vi siete comportati da eroi salvando Parigi da una catastrofe e come se non bastasse siete riusciti a far rinsavire un uomo disperato.»

«Sì, ma a quale prezzo? Ora che Gabriel è stato arrestato e la sua segretaria è fuggita, Adrien deve riaffrontare il funerale della madre da solo.» il peso delle sue stesse parole le gravarono sulle spalle, nonostante quel dolore non fosse propriamente suo, e improvvisamente si trasformarono in lacrime che scivolavano placide lungo le guance.

«Oh, Marinette...» fece commossa l'amica.

«Non sono solo.» intervenne una voce alle loro spalle. Marinette si voltò, gli occhi ancora gonfi e carichi di lacrime che incrociarono quelli verdi di lui; si vedeva chiaramente il dolore in quelle iridi smeraldo, ma nonostante ciò sorrideva, forzatamente, ma sorrideva.


Vide la bara in legno chiaro sfilare davanti a lui, consapevole che questa volta sarebbe stato abbastanza grande da portarla fuori dalla chiesa assieme agli altri uomini.

Ripensò alla settimana precedente, al momento in cui rivide sua madre e alla gioia che aveva provato. Erano stati pochi minuti, ma sembrava non ricordare nemmeno l'ultima volta che si era sentito così contento. Era riuscito ad abbracciarla e se si concentrava riusciva ancora a sentire il calore delle due braccia e del suo corpo, almeno finché era rimasto caldo.

Il maestro Fu a suo tempo li aveva avvertiti, aveva avvertito Ladybug, che il costo dell'uso del potere assoluto era alto. Suo padre alla fine, per un attimo, era riuscito a impossessarsi dei loro Miraculous ed esprimere il suo desiderio, ma qualcosa non aveva funzionato perché Emilie, sua madre, aveva ripreso coscienza per appena una decina di minuti, per poi afflosciarsi come una bambola di pezza tra le braccia del marito. Il dolore che lo attraversò lo pugnalò al cuore talmente forte da fargli credere di star per morire. L'unica sua ancora fu Marinette di fianco a lui; quel giorno aveva pianto tutte le sue lacrime sulla sua spalla.


«Come ti senti?» gli domandò Marinette, non appena la veglia fu finita e rimasero solo loro quattro.

«Io ho voi ragazzi. Siamo sempre stati una squadra e lo saremo sempre, siete voi la mia famiglia ora.»

Angolo dell'autrice: "Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter

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Angolo dell'autrice:
"Questa storia partecipa al Writober di Fanwriter.it"
Prompt: No happy ending
N° parole: 545

Io vi avevo avvisato di tenere a portata di mano i fazzoletti vero? Perché io ho pianto come non mai nel scrivere questa one-shot...
Prometto che da domani tornerà il sole su questa raccolta XD Spero comunque che vi sia piaciuta.

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