Capitolo 2

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BUON COMPLEANNO CLOE

Ed eccomi qui, è sabato ed è il mio compleanno. Merda ho sedici anni!

Come tutte le mattine mi alzo, mi stiracchio, vado in bagno, poi mi trucco e vado a scuola.

Come mai non ho menzionato nessun saluto?! Beh facile, da sempre faccio tutto da sola perché tutte le mattine i miei genitori escono do casa prestissimo lasciandomi sempre il solito bigliettino sul tavolo della cucina 《 buongiorno raggio di sole ci manchi tanto. Ci vediamo a cena. Ti vogliamo bene e buon compleanno sedicenne 》che ormai non leggo più.

Entro in classe e subisco le solite ore di lezione noiosissime e mi avvio per tornare a casa.

Di pomeriggio ho deciso di portare il mio cane Floppy a fare una passeggiata al parco e fui attirata da una vetrina di profumi e oli per il corpo e decisi che quest'anno il mio regalo sarebbe stato quello, perché si, io ogni anno mi regalo qualcosa. Può sembrare banale o insignificante, ma io credo sia giusto regalarsi qualcosa che piace sul serio o che potrebbe essere utile.

Il tempo passava così mi avviai verso casa. Non so come, ma riesco ad arrivare sempre puntuale come un orologio svizzero, infatti erano le sette in punto.

Entrai in casa e i miei genitori erano già in cucina a preparare la cena "Ciao tesoro com'è andata oggi?" "Ciao mamma, ciao papà! Come al solito, lezione noiosa, prof noiosi e ... oh cavolo!" dissi mettendomi una mano sulla fronte "ho dimenticato di dirvi che questa sera Lory non ci sarà a cena!" i miei genitori rimasero basiti "ohw! Davvero? Come mai? È il primo tuo compleanno che manca... c'è stata anche con la febbre per non mancare" dissero all'unisono "ehm aveva cose urgenti da fare ." Dissi con un po di risentimento poi la mamma disse "d'accordo! Vuol dire che ci sarà una porzione in più per papà!" facendomi ridere mentre papà le faceva la linguaccia.

Finito di mangiare mia madre si alzò e andò a lavare i piatti, poi si girò e guardò con sguardo complice mio padre e cominciò "Cloe dobbiamo darti una notizia importante" cominciarono a diventarle gli occhi lucidi per la gioia "avrai un fratell..." fummo interrotti da un rumore assordante, poi un altro ... mi voltai verao mia madre e la vifi a terra in una pozza di sangue. Mio padre subito si inginocchiò da mia madre e urlò il suo nome tra le lacrime.

Un altro sparo.

Mio padre che prima mi guardava negli occhi, ora era accasciato sul corpo di mia madre con un foro in testa e gli occhi riversi all'indietro.

Cominciai a sudare freddo poi non vidi più nulla e caddi a terra. Riuscii solo a sentire uno dei due ladri che diceva " perché hai sparato? Ti sei fumato il cervello? Forza prendiamo quello che ci serve e usciamo in fretta prima che arrivi la polizia!!!" poi non sentii più nulla.

Mi svegliai in ospedale, ero da sola, aspettate no! Non ero sola, c'era un infermiere con me, stava parlando, ma non riuscivo a capire cosa dicesse.

Per la prima volta in vita mia ebbi paura.

Mi si chiusero gli occhi, era troppo da sopportare. Mi svegliai poco dopo c'era lo stesso infermiere con un medico più anziano affianco al mio letto. "Cloe! Cloe riesci a sentirmi? " mi chiese il medico, fecj si con la testa "Cloe sei in ospedale, ti hanno portata qui dopo la rapina a casa tua, ricordi qualcosa?" a quel punto rividi tutta la scena.

Flashback

"Cloe! Avrai un fratellino!" E poi i rumori assordanti. Mia madre a terra. Mio padre accasciato su di lei con un proiettile nel cranio. L'acqua del rubinetto che sgorgava dal lavabo e io impotente.

Pietrificata.

Non riuscivo a muovermi.

E la voce del ladro che parlava... Poi il vuoto nella mia testa.

"Cloe! Cloe rispondimi!" guardai le facce di quegli sconosciuti il panico si stava impossessando di me, le lacrime minacciavano di uscire ma io le ricacciai indietro "Dove sono i miei genitori?" ebbi solo il coraggio di chiedere con lo sguardo fisso nel vuoto " Cloe i tuoi non ce l'hanno fatta" disse l'infermiere con voce dolce, quasi per alleggerirmi il peso di quella notizia. Io li guardai e dissi "Andatevene" loro non si mossero, solo ora mi resi conto che fuori della mia stanza c'erano tutte le infermiere del reparto con le mani sulle loro bocche e con le lacrime agli occhi, così ripetei guardando tutto e alzando la voce "ANDATEVENE SUBITO". Solo in quel momento vidi tutti spargersi per il reparto e i due nella stanza darmi un occhiata prima di uscire.

Erano passati tre giorni da quando ero in ospedale e da allora non ero riuscita a versare una sola lacrima.

L'infermiere Josh mi ha premurosamente chiesto se volevo un posto dove dormire. Io risposi no senza pensarci e decisi di tornare a casa mia.

Il giorno dei funerali non mi presentai.

Ero arrabbiata.

Come potevano lasciarmi tutti?

I giorni passavano e io e Josh legavamo sempre di più. Alla fine avevo deciso di andare a stare da lui... lui era come un fratello, in poco tempo è riuscito a conquistare la mia fiducia e non chiedeva altro se non quello di prendersi cura di me.

A dire il vero non capisco neanche il motivo, sono solo una delle tante ragazze che hanno perso i propri genitori .

Due settimane dopo i funerali si presentò alla porta una donna e mi disse che dovevo essere portata in una casa famiglia.

La nuova famiglia era brava, ma non era la mia. Io rivolevo indietro la mia famiglia.

Dal giorno in cui sono morti i miei genitori non mangia più, in ospedale parlavo poco e dovevano nutrirmi con le flebo. I medici hanno provato a mandarmi dalla psicologa, con lei ho parlato ma le ho detto chiaro e tondo che non servivano a niente le sedute.
La stessa situazione c'era in quella casa chiamata la mia nuova famiglia.
In quella casa non aprivo bocca ne per mangiare ne per parlare. In una settimana avevo perso cinque chili, così la famiglia richiamò la donna dicendo che loro non volevano essere la causa della mia morte.

Così mi ritrovai da sola. Di nuovo. In un dormitorio pieno di sconosciuti, la maggior parte tutti bambini piccoli, neonati. Loro avevano più possibilità di essere adottati, ma in fondo a me non interessava, poiché in qualunque posto serei andata non mi sarei MAI sentita a casa.

Un giorno mi comunicarono che sarei andata in una casa di una persona conosciuta. Non immaginavo fosse proprio Josh volui che mi aveva preso in casa. Purtroppo seppi che quella maledetta donna aveva trovato l'unica parente che mi era rimasta. La zia Paola.

Josh mi diede un cellulare con il suo numero gia registrato dentro dicendomi che quando mi sarei sentita sola o triste avrei potuto chiamarlo in qualunque ora e così feci.

SALVAMIDove le storie prendono vita. Scoprilo ora