Capitolo 10.

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Cesare era seduto su uno dei divanetti in vimini della veranda esterna, gli occhiali da sole sul viso che scurivano il paesaggio davanti a lui.

Eppure, quando lo sguardo si fermò su Clara, distesa a riposare sull'amaca in giardino, era come se tutto tornasse a brillare, come se avesse tolto gli occhiali.

Clara era un sole brillante, il suo sole.

Sorrise inconsciamente, ma durò poco: vide Gabriele avvicinarsi alla ragazza ed accarezzarle il viso.

Sospirò, passandosi una mano tra i capelli: quei due giorni erano stati difficili, molto più di quello che aveva creduto.

Pensava di essere anche partito bene all'inizio, cercando di essere carino con Gabriele, informandosi su di lui, coinvolgendolo in cucina e nelle discussioni.

Ma ormai era certo che era tutto un meccanismo di difesa organizzato dal suo cervello.

Aveva praticamente rapito Gabriele per un pomeriggio intero in palestra, sia per essere gentile e fare bella figura, ma principalmente per tenerlo lontano da lei: se Gabriele era insieme a lui non era con Clara.

E così aveva fatto anche per mille altre occasioni: meno tempo riusciva a far passare insieme a quei due, meglio stava.

Non era corretto, lo sapeva, ma non lo faceva di proposito: era più forte di lui.

Ma per mettere a tacere la piccola vocina nella sua testa gli diceva che forse era sbagliato quello che stava facendo, si rispondeva che lo faceva per Clara: per lasciarla andare doveva accettare Gabriele e per accettarlo doveva conoscerlo.

Quindi si faceva andare bene quella scusa.

Perciò, invece che analizzare il sentimento di forte gelosia, che come un mostro verde gli mangiava il fegato quando vide Gabriele accarezzare il viso della riccia e dirle qualcosa che la fece ridere, si alzò, pronto a dire qualche scusa per allontanarlo, anzi, per "conoscerlo meglio".

Si, stava diventando ridicolo, ma era più forte di lui.

Si alzò e andò verso l'amaca a passo svelto, mentre Clara si impigliò nell'amaca e Gabriele la sorresse, evitando di farla cadere.

Il suo sguardo si fermò sulla mano di lui sui fianchi di Clara e sentì le mani prudergli e questa volta non poté neanche provare a mentire a se stesso: il primo istinto fu proprio quello di spingere via il ragazzo.

Poi, proprio mentre era quasi arrivato verso i due, li vide baciarsi e si fermò.

I polmoni smisero di muoversi, il fiato gli mancò e il mostro verde dentro di lui urlò forte.

Cosa stava facendo?
Cosa pensava di fare?

Era finita e l'aveva anche già stabilito prima di partire, aveva già lasciato andare Clara, perché si sorprendeva ancora?

"Perché non l'hai lasciata andare, non davvero" Gli rispose la solita vocina dentro di lui.

Già, non davvero.

"Tutto ok?"
Gli chiese Clara, avendo notato la sua presenza.

Lui si riscosse rapidamente e rispose, con un tono davvero troppo gentile:
"Certo tesoro, vi stiamo aspettando per andare in spiaggia".

E poi, quasi si mise a ridere per la disperazione.
Perché, nonostante tutto quello che stava succedendo tra loro, ancora riusciva a capire cosa passasse per la testa di Clara, ancora riuscivano a comunicare senza parlare.

Vide negli occhi di lei lo scetticismo sul suo comportamento di quei giorni e la realizzazione del fatto che fosse ormai al suo limite.
Era certa che stesse per esplodere per tutta quella storia e non poteva darle torto.

Ti terrò per mano // Cesare CantelliDove le storie prendono vita. Scoprilo ora