Nevernight: Cassius

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Eravamo appena arrivati nella nostra camera prenotata in una lussuosa taverna. Ci stavamo sistemando per quella notte ,che probabilmente avremmo passato insonne, tirai fuori dal mio fagotto che cera passato con me attraverso il cammino di sangue la mia amata vestaglia blu. Sentivo Cassius dietro di me che trafficava con le sue armi. Mi spogliai di quegli scomodi indumenti stretti e mi rivestii allacciando la vestaglia lenta in vita. Mi avvicinai alla tinozza e stando attento a dare le spalle all'altro ragazzo, mi alzai la benda che portavo sull'occhio e mi diedi una rinfrescata al viso facendoci colare l'acqua e provai a riavviare i capelli all'indietro. Risistemai la benda sull'occhio, con ancora il volto e i capelli gocciolanti mi gettai sul letto e affondai la faccia nel morbido cuscino che sapeva di pulito. Passarono diversi minuti. Sentii il letto abbassarsi dall'altro lato e scoprii che Cassius si era seduto sul letto e aveva posato la schiena sul materasso, mi spostai per vederlo meglio e mi avvicinai di poco. Lui aveva gli occhi chiusi e le sopracciglia aggrottate come se stesse cercando di ricordare qualcosa. Gli scostai delle ciocche ribelli dalla fronte che si spianò sotto il mio tocco gentile. Sorrise. Oh dea il suo sorriso, era come se tutto il resto si fosse spento davanti a quella magnificenza. Aprì gli occhi e il blu del mio occhio scoperto si tuffò nel nero dei suoi, rimanemmo con gli sguardi incatenati per diverso tempo. Mi chinai a sfioragli le labbra con le mie, non fu nemmeno un vero bacio ma il mio cuore minacciava si sfondare le costole per schizzarmi in gola. Mi allontanai da lui giusto per mezzo secondo perché la su mano dietro la mia nuca fece scontrare le nostre bocche di nuovo. Non accennavamo a staccarci. Le nostre lingue danzavano unite, incollate. Una delle mie mani corse al suo volto tenendolo ancora piò vicino a me e l'altra a toglierlo la camicia che ancora aveva indosso. Gli stivali ormai erano volati lontano e se ne stavano stesi e accartocciati di lato in mezzo alla polvere. Continuammo l'atto di spogliarci a vicenda, velocemente, quasi frettolosamente. Adesso eravamo nudi come il giorno che la madre c'ha fatto. Io sopra di lui, i suoi occhi incollati su di me, il mio su di lui. Una bramosia invadeva il petto di entrambi. Eravamo sul bordo del letto, le sue mani che scorrevano per la mia schiena nuda. Nessuna parola risuonava per la stanza, solo sospiri. Scesi dalle sue gambe facendo il giro del letto, lui si rimise seduto e arrivò gattonando sul letto fino a me. Riprese a baciarmi e mi tirò steso su letto di nuovo sopra di lui. Di nuovo le nostre labbra non accennavano a staccarsi. Di nuovo nella stanza c'erano solo sospiri. I miei baci scesero dalle sue labbra al collo, alle clavicole, ai pettorali, ai suoi capezzoli duri come ciottoli. Proseguii sempre più in basso, accarezzai con le labbra ogni linea dei suoi addominali scolpiti, iniziai a prendere in bocca il suo membro perfettamente duro e lo sentii mugolare. Quel mugolio e i suoi successivi gemiti erano musica per le mie orecchie. Sulle sue guance andava a condensarsi un rossore che sulla sua candida pelle risaltava ancora di più. La sua mano accompagnava la mia testa mentre lo succhiavo dolcemente, l'altra era stretta intorno alle coperteMa proprio quando Cassius stava per raggiungere il suo apice mi fermai e mi tirai su pulendomi l'angolo della bocca. Nei suo occhi si altrernavano odio e divertimento. Lo baciai di nuovo, più dolcemente, più profondamente, più a lungo. Gli presi entrambe le mani e gliele tenetti sopra la testa come incatenate. Continuai a baciarlo, come se non ci fosse un cambio successivo, come se il cambio successivo saremmo dovuti andare a morire. Mi staccati per un secondo, gli sussurri all'orecchio:-sono un cattivo ragazzo. Voglio essere il tuo cattivo ragazzo- la voce che mi uscí dalla gola quasi stentavo a riconoscerla come mia. Le nostre virilità strusciavano l'una contro l'altra.Una delle sue mani sfuggì dalla mia stretta ed andò ad afferrare il mio membro e a posizionarlo proprio davanti alla sua entrata, come una muta richiesta. Sorrisi contro il suo collo e con un movimento delle anche la schiena di Cassius si inarcò e dalle sue labbra un unico gremito che riempì l'intera stanza. Una sua mano ancora intrecciata alla mia sopra la sua testa, l'altra stretta intorno ad una mia natica. Le nostre labbra si cercavano come avessero volontà propria e riprendermi a baciarci con più foga. Lo sentivo caldo ed accogliente intorno a me mentre mi muovevo ritmicamente sopra di lui. -Oh cazzo, si - la sua voce ridotta ad un rantolo, un sospiro contro il mio orecchio che mi fece rabbrividire. - più forte - un altro sussurro, un altro brivido ma stavolta di piacere e infondo non potevo disubbidire al signore delle lame così iniziai a spingere più forte. Ormai ero arrivato al limite e così pure lui, un altro bacio mentre raggiungevano i nostri apici. Mi staccai da lui, sorrisi e crollati di lato ansimante. Era il suo turno. Mi sistemai meglio sul letto, facendo volare via il cuscino quasi fuori dalla finestra. Avevo voglia di lui. Si stava ancora sistemando a cavalcioni su di me mentre gli misi le mani sulle guancie e lo tirai a me facendo scontrare le nostre labbra per l'ennesima volta. Cassius non perse tempo e mentre mi tormentata va i capezzoli con una mano con l'altra solleticava la mia entrata.Lo faceva senza mai staccare le mie labbra dalle sue. Si stacco da me mettendomi le mani sui fianchi e facendomi girare sulla pancia in modo rude. Non una parola, solo gesti, sospiri e gemiti. Mi puntellai sulle ginocchia e affondai la faccia nel materasso per soffocare un urlo quando entrò dentro di me. Sentii ogni centimetro che entrava e usciva da me, così perfettamente duro. Ogni spinta un gemito, un mugolio, un urlo, un sospiro. Il letto sotto di noi pregava e implorava pietà con tutti i suoi cigolii. Le sue mani forti mi tenevano per i fianchi e sentivo la pelle andare a fuoco. Sentivo la sua gola esalare rochi gemiti. Si chinò su di me, il suo petto contro la mia schiena. Il suo respiro sul collo. I suoi lunghi e scuri capelli che solleticavano anche me. - p-più forte - lo implorai- chiedimelo meglio - la sua voce bassa contro il mio orecchio, il suo ritmo accenno a diminuire- potete andare più forte, principe nero? - quel nome che gli avevo dato ancor prima di conoscerlo bene, lui lo aveva sentito la nostra prima illuminotte passata insieme. Il ritmo delle sue spinte aumentò sensibilmente e presto raggiungemmo entrambi l'apice di nuovo. Crollammo entrambi sfiniti e madidi di sudore sul letto. Con la sola forza di baciarci un ultima volta prima di cadere addormentati, nudi come la madre ci aveva fatto. Vicini e intrecciati come spighe di grano alla solililuce. Uniti come solo due amanti possono essere. Spaventati e incerti del futuro come due conigli. Ma pavidi, sicuri e senza paura come lupi. Umani di certo e assassini della chiesa rossa.

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