CAPITOLO 1

127 4 0
                                    

Ultimo anno.
Finalmente è l'ultimo, tutto finisce.
Ma non è la fine, è solo l'inizio.
L'inizio di una nuova vita, diversa. Ma devo ancora affrontare altri nove mesi di stress, studio matto e disperato e poco tempo per me e per gli amici.

Mi alzo dal letto con aria stanca e già distrutta per affrontare l'ultimo primo giorno di scuola.
Entro in bagno, mi lavo e poi rientro in camera mia per trovare qualcosa di decente da mettere.
Indosso una camicia a quadri rossa e nera, un paio di leggins neri e un paio di stivaletti neri alti fino alla caviglia.
Prendo lo zaino, saluto mia madre e raggiungo la fermata del bus.

Aspetto sola, con le mie solite cuffiette nelle orecchie.
Il mio pensiero si sofferma su tutto quello che ho fatto durante l'estate. È stata del tutto noiosa, così tanto noiosa da farmi desiderare di ritornare a scuola.
Dopo tutto sono felice di riandarci. Reincontrare tutti i miei meravigliosi compagni di classe, rivivere tutti i momenti e tutte le risate durante le ore di matematica che, pur essendo molto pesanti, una risata scappa sempre tra una spiegazione e l'altra.
Mi viene in mente l'insegnante di italiano, la più buona che possa mai esistere. I suoi voti non superano mai la soglia del sette, ma è capace di farsi in quattro per i suoi studenti.
Ricordo addirittura la prof di inglese, che richiama me e la mia compagna di banco, nonchè migliore amica, ogni minuto circa.
La scuola non è poi così male, se ci penso.
Al di là dei mille compiti e delle cinque ore interminabili è divertente.
Con i compagni di classe condivido cose che neanche i miei genitori sanno. Loro sono una specie di rifugio, conoscono la migliore e la peggiore parte di me.
Mi hanno vista piangere, ridere, scherzare, sono presenti alle prime esperienze, ai brutti voti, alle delusioni, alle soddisfazioni. Dopo cinque anni si condivide tutto.
Le merende rubate sotto i banchi, i libri che si dividono per evitare di appesantire lo zaino, le interrogazioni programmate, gli scioperi inutili, utilizzati come pretesto per non entrare a scuola. I litigi, le risate.
Sono cose che, a pensarci bene, mi mancheranno quando sarò all'università.

A bloccare i miei pensieri è la vista dell'autobus in lontananza.
Allungo il dito parallelo al pavimento per indicare al conducente del pullman di fermarsi.
Salgo e trovo le mie amiche sedute ai primi posti.
Loro sono le mi compagne di viaggio, d'avventura. Le migliori persone che potessi mai conoscere.
Non mi sono mancate durante l'estate, perché l'abbiamo trascorsa insieme.

Guardo in fondo in cerca di un posto e lo trovo.
Mi accomodo accanto una persona che non conosco, una donna che vedo ogni giorno dal primo anno, senza averle però rivolto mai la parola.

Alla prima fermata scende un tipo alto, riccio e snello. Ha lo sguardo assente e apparentemente assonnato.
È uno che vedo sempre, da cinque anni già. È carino, ha un bel sorriso ma non ci ho mai parlato.

Arrivata a destinazione, indico al conducente di fare la prossima fermata.
Scendo dal pullman e io e le mie amiche ci dirgiamo al bar, in attesa del suono della campanella.

《 Ieri sono stata con Valerio, siamo andati al centro commerciale e mi ha regalato tantissimi vestiti》

《 Wow. Io invece sono stata in città a prendere un gelato buonissimo. È fatto in modo particolare, ottimo. Poi io e Luigi siamo andati a casa mia e l'abbiamo fatto. È stato stupendo》

Tutte ridono e scherzano e parlano dei propri fidanzati. E poi ci sono io che a stento ne ho avuto uno.
In realtà ne ho avuti due. Uno dei quali non mi piaceva neanche, quindi l'ho subito lasciato.
È stato il mio primo ragazzo. Ricordo ancora il mio primo, nonché pessimo bacio.
Poi un'estate, in vacanza ho conosciuto il ragazzo che mi ha fatto perdere la testa.
Ero pazza di lui e dopo due anni dalla nostra rottura ancora ci penso. È stato il ragazzo di cui mi sono quasi innamorata. Purtroppo siamo stati iniseme troppo poco tempo per far sì che la relazione crescesse e diventasse qualcosa di importante.

《Andiamo》
Ad un tratto la mia testa non ce l'ha fatta più. Ho dovuto interrompere quella conversazione che non ha fatto altro che peggiorare la mia autostima.

Appena suona la campana tutti fanno una corsa a prendere l'ultimo banco e io, come al solito, non ci riesco.
Mi tocca il secondo banco e, rassegnata, mi siedo. La mia compagna è Melissa, la mia migliore amica da ben nove anni.
Abbiamo frequentato le medie assieme e dopo non ci siamo più separate. Siamo diventate come sorelle ormai.

Dopo aver preso il banco osservo i volti abbronzati dei miei compagni e li abbraccio uno ad uno.

Appena finisco di salutarli, entra il professore di filosofia. Un tipo magro, alto e mi accorgo che non ha mai isegnato nella mia classe.
《 Buongiorno, mi chiamo Carlo Farcos e quest'anno saremo iniseme.
Allora, ragazzi, come sapete dovete affrontare un esame di stato ma poco m'importa. Intendo spiegare a mio modo, senza seguire il libro e vi spiegherò le cose essenziali dei vari filosofi.
Oggi cominciamo a fare Schopenhauer... allora il suo pensiero è basato su quello di Kant, che come sapet....》

Appena inizia a spiegare il mio pensiero si concentra su una matita che batte sul banco, grazie al movimento della mia mano.

Al suono della campanella le voci dei miei compagni si accalcano uno sull'altro, e la voce del prof che detta l'assegno diventa piccola e bassa. Riesco a sentire solo "leggete le prime pagine" e basta..
Le successive tre ore le lezioni, tra cui due di inglese e una di italiano passano velocemente e, fortunatamente la prima giornata vola.
All'uscita trovo i miei amici più grandi che hanno avuto la geniale idea di venirmi a prendere.
《 Che ci fate qui?》, dico io con un enorme sorriso

《Sorpresa!》, dice uno di loro
Li abbraccio e poi ci dirgiamo verso la macchina.
Durante il tragitto mi chiedono cosa avessi fatto a scuola e tutte le tipiche e scontate domande che fanno anche i genitori.

Appena rientrata a casa, saluto la mia famiglia e mi accomodo a gustare il meraviglioso piatto di pasta ai funghi che ha preparato mia madre.
È ottimo.
Dopo pranzo vado in camera mia a riposare prima di cominciare a studiare Schopenhauer.
Mentre dormo mi arriva un messaggio...

il tempo di un'estateDove le storie prendono vita. Scoprilo ora