Chi È Ben?

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"Ma non dovevi farlo impazzire?" mi rimprovera Giulia dall'altro capo della cornetta.

Il taxi sul quale sto viaggiando si arresta bruscamente, l'autista frena bruscamente per far passare un pedone, mi fa sbattere la testa contro la stampella poggiata al sedile di fronte a me.

Gli tiro un'occhiataccia, che lui nemmeno nota dal posto guidatore, e proseguo nella telefonata. "Oggi è stata una giornataccia al lavoro, non ho avuto tempo di farmi bella per far cadere James nella mia trappola."

Considerato che domani sarò assente tutto il giorno per il servizio fotografico dell'articolo, in ufficio ho dovuto correre come una matta, il tutto con due stampelle che mi sono portata appresso dovunque. Nonostante sia andata a letto alle tre e mezza passate, per portarmi avanti col lavoro, i miei simpatici colleghi hanno fatto di tutto per rendermi la vita impossibile; per nulla impietositi dalla mia caviglia slogata, mi hanno fatta saltare da una scrivania all'altra, per farmi velatamente capire che non hanno mandato giù il fatto che l'articolo sul divo del cinema James Abbott sia stato assegnato a me.

Il risultato è che ho finito tardi, che sono stanca morta e ho a malapena avuto il tempo di farmi una doccia e truccarmi.

Giulia sbuffa e fa gracchiare l'altoparlante del mio cellulare. "Cosa ti costava metterti il tubino nero inguinale e le mie Jimmy Choo?"

Guardo il mio out-fit, leggings attillati e un cardigan con lo scollo a V, non ho potuto permettermi altro. "Giuli, devo ricordarti che ho le stampelle per colpa tua? Come diavolo facevo a metterti le scarpe col tacco?"

"Va bene, le Jimmy Choo sono bocciate, hai almeno osato con l'intimo o ti sei messa le solite mutande della nonna?"

Storco il naso, la prossima volta le faccio una foto prima di uscire così è serena. "Sono a posto."

Ho indosso il completino di pizzo di James, l'unico punto forte su cui ho potuto puntare, ma anche l'unica cosa che James non vedrà. L'intenzione di sedurlo e dargli picche, come ha fatto lui con me ieri, è stata sopraffatta dalla stanchezza. In ogni caso, non l'avrei comunque fatto arrivare tanto in là, fino al punto di vedermi senza vestiti.

"Brava, amo, cerca di stenderlo con le armi che hai a disposizione e tienici aggiornate. Scrivi sul gruppo WhatsApp, così non devi chiamarci una a una."

"Ci sentiamo più tardi, non so a che ora torno, le chiavi le ho lasciate al solito posto." Il tassista ferma l'auto, questa volta con più dolcezza, all'inizio della via di James e aspetta che lo paghi. "Fate le brave tu e Nicole, saluta i ragazzi."

In sottofondo sento la risata gioiosa di Nicole e la voce baritonale di John. Sono tutti e quattro in un ristorante cinese, non penso che le mie amiche torneranno a casa questa notte.

Chiudo la chiamata, pago il tassista, che mi offre il suo aiuto per scendere dal taxi. Rifiuto, non mi piace il modo in cui sbava sul mio décolleté, forse sarebbe stato meglio accettare il passaggio che mi aveva offerto James.

Come sempre ho voluto fare di testa mia e ora mi ritrovo con la borsetta su una spalla, la tracolla con l'occorrente per l'articolo che pende dal mio collo e le stampelle che mi stanno lasciando lividi ovunque sulle braccia, a forza di premere sulla pelle.

Ci impiego dieci minuti a raggiungere il cancello della casa di James. Prima di suonare il campanello, mi fermo un attimo a riprendere fiato.

"Rebecca?" James spunta dal nulla, appare dall'altro lato della strada, avvolto nel buio.

Scatto come una molla, mi porto una mano sul cuore impazzito, già messo a dura prova dai cento metri appena fatti. "Gesù, Giuseppe e Maria", esclamò in italiano, "che cosa ci fai qui fuori?"

Baciami ancoraDove le storie prendono vita. Scoprilo ora