Caso 1: Lettera Di Uno Psicopatico.

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Cosa significa per un soggetto patologico mettere al mondo dei figli? Perché, pur non adempiendo ai doveri e alle responsabilità genitoriali, mostra un attaccamento morboso verso la prole? E soprattutto con quanta facilità un individuo violento crea “famiglia”?
Questa è la storia di una donna costretta a convivere per più di 10 anni con ormai l'ex compagno dal quale ha avuto 2 figlie. Lei una volta lasciato il marito a causa di svariati maltrattamenti nei riguardi della famiglia vive da sola con le sue due figlie. Questa storia è un chiaro esempio di come uno Psicopatico, narcisista, perverso, si diverta a causare dolore. La donna è vittima di un bombardamento di lettere e-mail e messaggi da parte Dell soggetto malato. Il soggetto continua a perseguitare la donna con comunicazioni violente e subdole instaurando nella donna una paura assai fondata. Agli occhi di qualsiasi lettore, per quanto subdola la lettera sottostante, potrebbero non sembrare esserci particolari elementi di vessazione anche se di fatto sì avverte un senso di inquietudine e di disagio.
Questa contrapposta dualità, tra una forma apparentemente non violenta e un contenuto che genera inquietudine, crea un nocivo effetto destabilizzante per la vittima. Di fatto però un lettore se non conosce la storia e non si immedesima nella vittima non può capire affondo quanto sia malato il messaggio nella lettera. Immaginate di aver vissuto con un individuo gran parte della propria vita, aver subito abusi, violenza. Tutto ciò non solo sulla vostra pelle ma altresì sulla pelle dei propri figli, poi una volta esservi liberati di codesta persona essere perseguitati da lettere in continuazione e non solo lettere ma essere perseguitati letteralmente da un soggetto malato, Psicopatico.
Ecco a voi una delle molte lettere ricevute dalla vittima prima della sua tragica scomparsa:

"Cara M.,
poiché continui a non capire cose semplici che cerco in tutti i modi di comunicarti, mi sembra opportuno spiegarti per iscritto la mia posizione verso di te, verso G. e verso D.
Come avrai appreso, voglio riconoscere anche la bambina che nascerà a luglio e sono disponibile a mantenere sia lei che la primogenita nelle modalità che potremo stabilire insieme. Sono perfettamente cosciente della tua precaria condizione, visto che non disponi di uno stipendio mensile fisso e che purtroppo sei orfana di entrambi i genitori.
Per essere preciso, cercherò di venirti incontro a seconda delle mie possibilità durante il periodo della gravidanza e nei primi sei mesi di vita di G. Ma, come stabilisce la Legge, ti sottolineo che ho diritto di vedere ora D. e quando nascerà G.
Decideremo insieme le modalità di frequentazione, però ti faccio presente sin da subito che desidero poterla avere tutti i giorni di festa e i week end . Quanto ti ho scritto, mi sembra far parte del senso di giustizia e civiltà che, come credo, tu sia in grado di applicare.
Rifletti sulle mie proposte e poi definiremo insieme i dettagli, ma su un punto resto irremovibile: circa i miei diritti su mia figlia D. , che sono l’assoluta priorità nella mia vita.
Resto in attesa di una tua risposta, certo di una collaborazione puntuale e precisa.

In fede

P. "

L

a lettera in questione è stata analizzata da un esperto ecco in seguito l'analisi:

"L’epistola inizia con un’accusa velata alla donna: senza asserirlo, il soggetto disturbato allude al fatto che ella non sia in grado di capire persino le cose più banali. In poche parole le dà della stupida, pur senza dirlo esplicitamente. Questo esordio pone il destinatario già in una situazione subalterna rispetto al mittente, creando da subito un clima di forte disagio e andando a ledere l’autostima dell’ex compagna.


Prosegue poi, esprimendo una sua volontà, che è quella di riconoscere la bambina che nascerà a luglio. Si potrebbe erroneamente pensare che questo denoti un atteggiamento di responsabilità, ma poiché non esistono doveri nella mente di un tale individuo, con il verbo “riconoscere” intende mettere il sigillo a quella che ritiene una sua proprietà e cioè la figlia.

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