[il quadro in foto: "Narciso" di Caravaggio, Galleria Nazionale d'Arte Antica, Roma]
La giacca appena sbottonata sul collo di re Reiss pareva l'unica imperfezione in quel mondo di cristallo. Nessun'altra sbavatura; un palco impeccabile, immacolato, e i suoi attori non da meno. Quel frammento di realtà era l'unico appiglio per il giovane principe, la sola cosa ancora a trattenerlo. Se avesse potuto scegliere, ora l'altro giacerebbe a terra, moribondo, la propria spada conficcata nel petto.
Però, purtroppo, non poteva permetterselo. Non lì, e sicuramente non così. Perciò si sforzava di tenere la mano sul tavolo, ben lontana dal fodero, anche se nulla gli impedì di urtare una salsiera, almeno per vedere quella faccetta insulsa affaccendarsi un po'.«Come stavo dicendo, a breve ricorrerà l'anniversario dell'assunzione di Eren, avvenuta precisamente sei anni, undici mesi e 26 giorni fa.» Il diversivo non fu troppo efficacie, e Reiss riprese subito a parlare
«Quasi... sette anni?»
«Ah sì, come vola il tempo quando ci si diverte, eh? Pensavo di preparare qualcosa di speciale per l'evento-»
«Lui vive qui... da quando era un bambino?»
Le nocche ora bianche, il metallo della forchetta cominciava a piegarsi.
«Dai dodici anni. Proprio così.»
Il respiro affannato, la mano fremente, l'occhio un poco tremava sotto il ciglio corvino.
«Come...» deglutì «come avete fatto a... insomma...»
«Vuoi sapere le circostanze che lo hanno portato da me?»
L'altro annuì, a malapena.
«Vedete, Levi caro, i genitori del ragazzo non erano convinti all'inizio, ma pare che Eren abbia insistito molto per venire qui...quindi diciamo che ho solo colto un'occasione imperdibile.»
«Ma... perché?»
«Beh, in un mondo dove ogni re è affiancato da un consigliere mago, è normale trovare apprendisti anche molto giovani. Eren era ambito, per le sue grandi abilità, certo, ma prevalentemente, per la sua bellezza. In fondo, siamo uomini pure noi, ed è normale che vogliamo qualcuno di un po' affascinante al nostro fianco, no?»
Si limitò a scoccare la sua migliore occhiataccia all'innocente pollo nel suo piatto, perché non avrebbe mai potuto sfidare il re.
«Eren era entusiasta all'idea di lavorare a corte, ha convinto i suoi genitori, e si è trasferito qui. Al tempo io avevo già un consigliere, e fu facile fargli intercettare la sua posta perché la modificasse. Così l'ho pian piano allontanato dai suoi genitori, fino a che non l'ho rinchiuso a Torre Sghemba, e ho convinto il mondo intero che fosse morto. In questo modo, nessuno me l'avrebbe più sottratto, e io ne avrei fatto tutto ciò che volevo.»
Che fine triste fece il povero pollo, sommerso dal rigetto del principino. Aveva la faccia tutta verde, mentre vomitava, eppure dentro gli ardeva rossa la rabbia.
«Va tutto bene, Levi?» Non gli sfuggì quel ghigno, anche se sentiva di star per rigettare l'anima.
«Io... non vi preoccupate Sire, devo solo riposare. Con permesso.»
Reiss scrutò la figura mingherlina del principe allontanarsi, una mano ancora premuta sulla pancia. In quel momento, gli parve strano: che lui sapesse, Levi non era mai stato debole di stomaco.
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Teneva gli occhi chiusi, mentre l'altro gli carezzava il capo, pettinandogli dolcemente i capelli, in una delicata danza di dita. In quei momenti che passavano assieme, Eren poteva recuperare tutte le energie perse a causa di Reiss e dei suoi clienti beandosi del primo calore che non lo repelleva. Quello di Levi era un tempore gentile, vellutato, che gli inondava le narici e placava lo spirito. Respirando nel suo collo, abbarbicato sul suo petto, poteva sentire il dolore scemare, i pensieri dissolversi, e si sentiva pieno, e forse, finalmente, anche completo.
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Narcisi
FanfictionEstratto: Teneva in mano un narciso, e con le dita ne staccava lento i petali, uno ad uno, lasciandoli poi cadere a terra, dove si abbandonavano unendosi ai fratelli. Poi, una volta che gli restava solo il gambo, con un soffio ne ristorava la coroll...