La torre e la strega

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Occultata dalla vegetazione si ergeva una torre sghemba, impilata con grosse pietre precariamente poggiate l'una sull'altra. Qualche dita di muschio s'insinuava tra le crepe, formando una rete verde e sottile, quasi a volerla sostenere.

Re Reiss varcò l'uscio senza curarsi neppure un attimo di quell'instabilità evidente, lasciando il principe Levi visibilmente confuso su cosa fare. Ma quando la voce del monarca lo sollecitò, raggiungendolo appena imbrattata d'eco, egli si costrinse a entrare.

Prima venne il buio, poi un forte odore muschiato, acutissimo; ed infine una voce, soave, ebbra forse di pianto, o di risa sguaiate; non avrebbe saputo dirlo.

Uno sbuffo polveroso, seguito da schiocchi bagnati, poi una scintilla e fu luce. E sulla candela la fiamma tremava sotto i loro respiri, quando i due reali imboccarono quelle scale a chiocciola, ogni gradino cosparso di petali bianchi. I fiori li accompagnavano, aumentando man mano, fino a quando non si trovarono davanti a una massiccia porta di legno.

Il re la schiuse attento, quasi di soppiatto, come si fa con la porta di casa per non far uscire il gatto.

In quell'antro l'odore era mille volte più intenso, e l'aria ci annegava, colorandosi del profumo dei fiori. Nonostante il marmo fosse gelido, un caldo innaturale impregnava la stanza, accumulandosi nella conca del soffitto a volta. Veli su veli di stoffa pendevano dal soffitto, segmentandolo e illuminando la pietra di rosso; senza una vera e propria fonte di luce, pareva che il tessuto stesso brillasse, nella trama cucito, forse, un raggio di sole.

Quei lembi sospesi creavano un sentiero di finti divieti, e con la leggerezza di un soffio li condussero sino al centro della stanza, dove la più bella delle creature li attendeva, languidamente stesa sul proprio giaciglio.

Teneva in mano un narciso, e con le dita ne staccava lento i petali, uno ad uno, lasciandoli poi cadere a terra dove si univano ai fratelli.
Poi, una volta che gli restava solo il gambo, con un soffio ne ristorava la corolla, riprendendo a straziarla con esasperante delicatezza.
Rimase incantato, estasiato, mentre faceva correre lo sguardo sulla sua pelle scura, esaltata appena dall'arancio di quella stessa stoffa; che lo avvolgeva lieve, carezzandone le forme scolpite, e scoprendogli il ventre lucido.
Un velo solcava anche il viso, lasciando trasparire solo due splendidi dettagli, verdi come il gambo del narciso, lucenti come il Sole intessuto nella sua pelle, erano occhi felini.

«Eren.»

Una sola parola scosse il silenzio, come un comando, e accese qualcosa nello sguardo della creatura, che come riemersa nella realtà annaspò, dapprima per lo spavento, poi perché quella volta il vecchio non era solo.

«Non ti aspettavo così presto Reiss, tua moglie t'ha fatto di nuovo uno sgarbo?»

Quella voce era increspata di lacrime, eppure suonava squillante e tagliente, contrastando con la sua figura angelica.

«Non te lo consento davanti ad un ospite, strega.»

Fu così che gli occhi smeraldini si posarono per la prima volta davvero sul principe, fino ad allora perso nella contemplazione di quell'ambiente mistico e del suo aggraziato abitante. Fu solo un guizzo, una scintilla d'un istante, ma per un attimo le iridi s'accesero, tornando subito dopo appannate dal fumo bianco che invadeva la stanza.

«Mi hai portato uno spuntino?»

Un brivido percorse la schiena del principe, mentre da dietro il velo la creatura sfoderava un aguzzo canino.

«Questo è il Principe Levi Ackerman, da Mitras. È un ospite importante e vorrei che ti comportassi bene in sua presenza.»

«E io vorrei andarmene da questo buco, ma non si può avere tutto dalla vita... Rod

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