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[il quadro in foto: "Solitudine" di Mario Sironi, Galleria Nazionale d'Arte Moderna, Roma]

(DISCLAIMER: in questo capitolo è presente una scena di violenza sessuale, non c'è nulla di troppo esplicito ma mi rendo conto che potrebbe urtare la sensibilità di qualcuno, quindi leggete responsabilmente.)















«Eren, ho scoperto il programma del ventiset- Eren!»

Giaceva a terra; per l'ennesima volta Levi trovò il ragazzo steso sul pavimento, arricciato in una posa contorta. Questa volta c'erano solo lacrime rosse, nell'animo non si era fatto spaccare.

«Eren? Eren mio Dio mi senti!?»

«La pianti di urlare...?»

Inizialmente il giovane aveva trovato dolce, quasi rassicurante, l'apprensione di Levi. Eppure in quell'istante anelava solo al silenzio.

«Mi serve... un momento»

E il principe capiva, aveva sempre capito. Leggeva in lui emozioni che nessun essere umano avrebbe dovuto provare, e non poteva fare a meno di domandarsi se in fondo non avrebbe potuto fare di più. Pochi passi, e fu sul giaciglio. Sedette tranquillo, gli occhi chiusi, in attesa.

Percepì le coperte inclinarsi sotto di lui.

«Ora pensi di potermi spiegare cosa è successo?»

«Reiss mi ha picchiato. Nessuna novità. Non ci è andato giù ne più ne meno forte del solito. Ha detto le stesse cose che dice sempre. Mi ha fatto le stesse cose che fa sempre. Il dolore ormai lo sopporto. Nulla di cui pre-»

«Non provare nemmeno a dirlo. È ovvio che mi preoccupi. Ogni volta che entro in questa stanza sei a terra coperto di sangue, o piangi o ti disperi. Quindi non dirmi che non mi devo preoccupare.»

«Scusa. Hai ragione.»

«Piuttosto, vuoi sapere che cosa ho scoperto?»

«Oh sì, mi farebbe comodo. Almeno potrò prepararmi psicologicamente.»

Quella era una risata amara. Questo lo sapevano entrambi.

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«Ma cos'è?! Vuole darmi in pasto agli invitati come una fottuta portata principale?!»

«Eren calmati, per favore.»

«Come faccio a calmarmi? Non voglio fare quella fine! Portami via di qui!»

«Lo so, lo so. Ce ne andremo prima. Non lascerò che ti faccia questo.»

Rantolava. Boccheggiando come un pesce, artigliava le spalle del principe, incapace di quietarsi.

«Eren, fai qualche respiro profondo, come a voler spegnere una candela.»

«Levi, non mi lasciare, ti imploro.»

«Non lo farei mai. Sono qui Eren, sono qui per te.»

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«Siamo qui Levi, siamo qui per te!»

Isabel è come un sorriso. Farlan glielo ripeteva spesso, e come si poteva dargli torto?

Lei sapeva sempre cosa dire per consolare gli altri, in realtà, era l'unica cosa in cui fosse effettivamente affidabile: lei c'era, sempre. Aveva una buona parola per ciascuno, e non si faceva mai abbattere; era forte, Isabel.

Un sorriso e una pacca sulla spalla.

Poi il sogno si infranse:

«Che?! Il re e la regina di Mitras?! Ma è fantastico! Diventerai un vero principe!»

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