Speranza

34 3 0
                                    

«Levi! quando vieni a letto?»

Quella i trascinata alla fine del suo nome lo fece sorridere forse un po' più del dovuto.

«Arrivo.»

La voce gli arrivò ovattata, quasi soffocata dalla porta del bagno ancora chiusa.

«L'hai detto anche cinque minuti fa!»

Levi uscì ridendo dalla stanza pregna d'umidità, qualche dita di capelli ancora bagnati che gli cingevano il viso. Stava attento a non sgocciolare sul pavimento però.

«Non intendo aspettare ancora.» Disse l'altro con un broncio per niente credibile.

«Ah sì? Perdonatemi vostra maestà se non sono stato abbastanza celere, c'è qualcosa che potrei fare per ovviare a questa mia terribile mancanza?»

«Sai che non mi piace quando mi chiami così...»

«Sei tu che hai voluto sposarmi, principe.» Levi si puntellò sul materasso con un ginocchio, i volti ora pericolosamente vicini. «Ripensamenti?» Qualche goccia scurì il lenzuolo azzurro, ma non sembrava avere più importanza.

«Non oggi.»

Il re alzò un sopracciglio.

«Non ricordi?»

Levi ancora non sembrava capire: «Cosa?»

Eren si fece più serio: «Non ti ricordi che giorno è oggi?»

«Il giorno più bello della mia vita?»

«Sì, e perché?»

«Perché tu sei insieme a me.»

Il volto di Eren si imporporò, ma non ne voleva sapere di abbandonare il suo broncio, lottando strenuamente contro un sorriso.

«Eddai! Sì serio per una volta!»

«Io sono sempre serio.»

Levi rise quando l'altro gli diede le spalle, affondando la faccia nel cuscino. Gli mise una mano sulla spalla. «È l'anniversario del giorno in cui ti sei finalmente fidato di me.»

La faccia del principe riemerse dalle coperte. Più rossa che mai. «Mi chiedo ancora se sia stata una buona idea.»

Levi finse un verso di stupore.

«Ah! Così mi ferisci!»

«Sempre il solito drammatico!»

Tentò di agguantarlo e trascinarlo giù fra le coperte, ma Levi si alzò di scatto e uscì dalla stanza, incurante dell'altro che si lamentava.

«Eddai... torna qui!»

Niente.

«Dai!» Allungò talmente tanto quella i che non sembrava volesse più smettere.

Restò immobile nel letto, in attesa di una risposta, per secondi che parvero ore; ma non fu accontentato. Eren odiava quella sensazione, come di abbandono. Si sentiva stupido perché capiva che era uno scherzo, eppure gli saliva al petto una frustrazione indicibile. Tanto che si alzò per seguirlo.

«Dai Levi, non avevo voglia di alzarmi. Almeno oggi possiamo restare a letto?»

I primi raggi del mattino – ma chi vogliamo prendere in giro, era praticamente mezzogiorno – illuminavano il re, abbandonato su una sedia, gli occhi fissi nel nulla, mentre aspettava che l'acqua bollisse.

«Levi? Tutto a posto?»

L'altro si riscosse, e sorrise.

«Sì certo. Sto facendo del tè. Puoi aspettarmi di là se vuoi.»

NarcisiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora