Capitolo 5

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•Ecco il quinto, scusate ma ci ho messo un sacco per scriverlo. Spero che almeno vi piaccia, a presto😘•

'Arianna si svegliò nel letto di un ospedale a causa di un forte dolore al braccio sinistro, dove era infilato l'ago dell'aflebo. Chissà quante volte l'avevano bucata prima di raggiungere la vena. Erano anni ormai che aveva dei brutti rapporti con i dottori e se fosse stato per lei non sarebbe mai andata all'ospedale, ma era priva di sensi quando ci era arrivata, e perciò non aveva avuto diritto di veto. Sbatté un paio di volte gli occhi per focalizzare l'ambiente: si trovava in una stanza abbastanza illuminata e piccola, al lato sinistro aveva un lavandino con qualche bicchiere di plastica e più in là una porta socchiusa conduceva probabilmente o a un'altra stanza o a un bagno; la parete consecutiva disponeva di una finestra larga, con le tende color avorio impolverate scostate per permettere il passaggio della luce; nel muro dinnanzi alla ragazza c'era un secondo letto vuoto e sul muro alcuni disegni di bambini speranzosi. Arianna aveva ricordi offuscati del giorno precedente, ma aveva allo stesso tempo una certezza: Lui era stato lì, a scuola, dietro di lei e davanti a tutti aveva cercato di afferrarla. La testa le scoppiava e il dolore al braccio non accennava a diminuire. Si girò verso destra e scoprì che Eric era con lei, addormentato su una sedia. Arianna non sapeva se svegliarlo o meno, così lo ammirò per un po' e si chiese che cosa ci facesse lì. Era palese che era stato lui a portarla in ospedale, ma perché era rimasto? Mentre la ragazza si interrogava, Eric aprì gli occhi e le sorrise, togliendole due battiti. Arianna domandò: -Che cos'è successo?-
-Sei svenuta- rispose il ragazzo -il dottore ha detto che hai avuto un calo di zuccheri dovuto alla stanchezza e alla tensione, niente di preoccupante ma per lui era meglio tenerti sotto controllo fino al tuo risveglio e fare qualche esame per vedere se ci sono dei problemi più seri.-
"Deficiente, come tutti i dottori" pensò Arianna, ma rispose invece: -Ok, mi hai portata tu qui?-
Eric annuì.
-Per quanto ho dormito?-
-Tutta la notte, sono le 9.25 del mattino-
-Perché sei rimasto?-
Eric sembrò sorpreso di questa domanda, e rispose indugiando: -Bhe, volevo essere sicuro che stessi bene, dopotutto mi sei svenuta in braccio...-
-Perché ti comporti così?-
-Così come?-
-Come se ti importasse qualcosa di me.-
-Forse mi importa di te...-
Arianna sospirò, prese coraggio e disse: -Eric, tu sei fidanzato con Federica da anni e io non sono una zoccola. Non voglio in alcun modo interferire nel vostro rapporto, quindi ti ringrazio davvero per avermi portata in ospedale ed esserti preso cura di me, ma adesso preferirei restare da sola, ti prego scusami.-
Eric la guardò, rifletté sulle sue parole e rispose dopo aver annuito: -Ok, si hai ragione tu. Spero che il mio comportamento non ti abbia illusa.-
-Sei un bravo amico.-
-Perfetto- concluse il ragazzo -perché è questo che siamo noi: amici. Solo amici e niente di più. Spero che tu ti rimetta presto.-
Si alzò e uscì dalla camera senza lasciare ad Arianna il tempo di rispondere. Erano solo amici? Sì, lui era fidanzato. Arianna voleva che fossero solo amici? Certo che no, ma finché Eric stava con Federica lei non avrebbe fatto niente che lasciasse intuire il suo amore segreto per il ragazzo bruno. Dopo qualche minuto una voce preoccupata e isterica interruppe il corso dei suoi pensieri: -Tesoro mio! Ma come stai? Mi hai fatta morire per lo spavento!- Era Kate in preda a una crisi nervosa. Arianna cercò di tranquilizzarla: -Mamma sto bene, davvero. È stato solo un calo di zuccheri...-
-Oh mio Dio, non avrai per caso sbattuto la testa vero?-
Arianna emise un gemito disperato e si coprì la faccia col cuscino mentre sua madre le diceva che doveva mangiare di più, che bon doveva sottoporsi a trattamenti stressanti, che si allenava troppo, e poi lo studio, che non si riposava mai eccetera eccetera. In quel momento la ragazza comprese che era stato Eric ad avvisare sua madre. Perché si comportava così? Arianna non riusciva a spiegarselo e non voleva di certo illudersi da sola con pensieri stupidi, del tipo "Magari si sta innamorando di me". No, questo non sarebbe mai successo.

Una volta tornata a scuola Arianna si trovò a dover scappare da una folla di fan e adulatori che la perseguitava ovunque. Addirittura su ogni bacheca c'era appeso un piccolo poster con una sua foto di quando stava danzando, con scritto sotto in corsivo: un ringraziamento speciale da parte di tutto il college alla ballerina Arianna. Tra i suoi nuovi ammiratori c'era anche il capitano della squadra di rugby Michael. La sua amica Alice la spronava ovviamente ad accettare le sue attenzioni. Era una ragazza minuta, non molto alta, con i capelli mori tagliati corti in modo da risaltare un bel visetto candido, occhioni azzurri e bocca rosea, simpatica e stravagante, curiosa e attenta. Un giorno stavano parlando mentre prendevano i libri per le lezioni dagli armadietti, quando Michael si fece avanti e invitò Arianna al cinema. La ragazza subito rispose che doveva vedere se doveva allenarsi e che gli avrebbe fatto sapere prima della fine della giornata, così lui le lasciò il suo numero di cellulare. Appena fu abbastanza lontano da non poter sentire, Alice la guardò inclinando la testa verso il basso e, puntandole addosso quegli occhioni giganteschi, le disse: -Ma sei scema?-
-Come scusa?-
-Che cazzo hai fatto?-
-Gli ho detto che gli farò sapere..-
-No no no! È forse il più Figo con la F maiuscola di tutta la scuola dopo Eric, è il capitano della squadra di rugby, è una montagna di muscoli, e tu lo liquidi in questo modo? Adesso prendi il cellulare e gli scrivi che per te è tutto a posto e che anzi potete già programmare le nozze.-
-Te non sei normale...-
-Fallo o non sono più tua amica!-
-Va bene, va bene.-
Arianna prese il cellulare, scrisse un breve messaggio, lo inviò e lo fece leggere ad Alice, chiedendole: -Ecco, sei contenta ora?-
-Si, grazie, mi hai migliorato la giornata. Ora muoviti ad andare in classe che mi deve interrogare di letteratura quella zoccola e non ho studiato niente!-

E così Arianna a diciassette anni fece sesso per la prima volta. Il film scelto da Michael fu una cazzata astronomica, incentrata su sparatorie e inseguimenti. Ad Arianna neanche piaceva quel ragazzo, ma doveva assolutamente togliersi dalla testa Eric, altrimenti non sarebbe riuscita ad andare avanti. Così quando Michael la portò a casa sua e la buttò sul letto, non fece una piega. Di certo per lui non era la prima volta, ma non si prese nemmeno la briga di toglierle la maglietta. Le abbassò i pantaloni e le mutandine, si slacciò la cintura, tirò giù i jeans e i boxer ed entrò in lei senza tanti complimenti. Dopo sei secondi era già venuto, e le chiese pure se le era piaciuto, come se non le avesse dato solo cinque colpi e non le fosse praticamente svenuto sopra...'

La risata di Alice interruppe il mio racconto. Ci trovavamo nel suo studio, io ero sdraiata su quella cazzo di poltrona da psicologi che dovrebbe farti sentire a tuo agio ma in realtà è scomodissima, mentre lei era seduta su una sedia accanto a me a gambe incrociate. Appena riprese fiato mi guardò e mi chiese: -Perché me lo hai raccontato?-
-Sei tu la psicologa, dovresti dirmelo te.-
-So bene che cosa pensi di chi fa il mio mestiere, e so anche che avrai letto i saggi e i libri dei più bravi psicologi del mondo, e in ognuno di essi avrai trovato un fallo, una qualcosa che non può spiegare la tua situazione, perché il cervello umano è troppo complicato...-
-È il mio che è troppo complicato.-
-Vuoi la mia diagnosi?-
-Si dai, sentiamo.-
Alice si mise composta, diede un'occhiata ai suoi appunti, si schiarì la voce e disse: -Alla richiesta di raccontarmi la tua infanzia, tu mi hai selezionato alcuni avvenimenti chiave che secondo te possono portare alla soluzione del tuo 'problema': dal rapporto con tuo padre, alla prima volta che lo hai visto eccetera. Ho notato che parli in terza persona quando racconti di questo periodo della tua vita, come se non ti appartenesse, come se lo rifiutassi. Ora hai vent'anni, da quanto tempo non lo vedo più?-
-Da circa un anno.-
-E non sei contenta?-
-Si, ma...-
-Ma hai paura che possa tornare.-
Annuii. Alice continuò: -C'è un episodio in particolare sul quale ho bisogno di riflettere un po'...-
-Ti riferisci a quando mi sono ferita con lo specchio?-
Alice sorrise e borbottò: -Avresti preso la laurea molto prima di me... Ma torniamo a noi. Si esatto è proprio quello l'episodio, ed è così insolito e banale allo stesso tempo che io penserei che ti sei immaginata tutto, e allora ti somministrerei alcuni dei tuoi amati farmaci giusto per essere tranquilli. Purtroppo la cosa più inquietante è che al saggio di fine anno anche io ho visto quell'ombra dietro di te... A proposito, come è che la chiami?-
-Lui.-
-Si, giusto, Lui. In ogni caso non sarebbe così grave se tu te lo immaginassi e avessi qualche incubo. Non sarebbe la fine del mondo. La conosci ad esempio quella malattia che ti fa credere di essere morto?-
-La sindrome di Cotard?-
-Esatto, non è più grave di queste tue paure?-
-Ma quindi secondo te sono matta?-
-No, Arianna. Sei solo strana. Ma d'altronde hai avuto un'infanzia difficile, e il solo fatto che è da più di un anno che non vedi Lui indica dei miglioramenti notevoli: probabilmente stai incominciando a superare i traumi.-
-Bhe, grazie Alice. Grazie per la diagnosi che condivido e grazie soprattutto per il tuo tempo.-
-Figurati Ary, lo sai che puoi venire a parlarmi quando vuoi. A proposito, come va con Eric?-
-Tutto bene grazie, conviviamo da un anno ormai.-
-Secondo me è quel ragazzo la tua salvezza, non lasciartelo scappare. Non gli hai mai raccontato niente vero?-
-Il mio passato sì, ma di Lui no, non potrei, crederebbe che sono matta.-
-Chissà, forse no.-
Scossi la testa convinta: -E te con Julia tutto a posto?-
Alice sorrise: -Si, lei è fantastica. Grazie per avermelo chiesto. Sai, ad alcuni clienti non piace che io sia lesbica, preferisco che non si sappia in giro.-
-Certo, capisco.-
Ci alzammo. Alice era elegante, indossava un vestito nero dritto con il colletto bianco, le collant nere e dei tacchi importabili. Io invece ero in modalità muratore: canottiera bianca dentro i jeans, cintura nera larga e scarpe da ginnastica. L'eleganza non aveva mai fatto parte di me. Ci salutammo con un bacio sulle guance e uscii dal suo studio. Ero dovuta andare in centro città per quella chiacchierata, perciò per tornare a casa avevo due opportunità: o perdermi tra le varie fermate degli autobus, oppure proseguire a piedi. Eric era ancora al lavoro, non potevo chiedergli di venirmi a prendere. Così scelsi la seconda opzione e mi incamminai.

•Questa volta il capitolo è molto lungo, ma finalmente ho spiegato un po' di cose e soprattutto perché iniziavo i capitoli con le virgolette, a presto con il sesto, sperando che mi venga l'illuminazione e che sia più corto❤️-

The dark side of the moonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora