Capitolo 8

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Lui. Le sue mani sulla mia gola. Non potevo più scappare e la morte, la mia morte, si stava avvicinando. Non riuscivo a respirare, annaspavo, ma da lontano sentivo una voce familiare. Quella voce... -Ari svegliati, è solo un sogno!-
Mi svegliai di scatto ricominciando a respirare affannosamente e cercando di urlare. Eric mi prese le mani impedendomi di farmi del male, e solo allora notai che le mie braccia erano graffiate. -Va tutto bene. Era solo un incubo. Respira.-
Guardai in faccia il mio angelo: la fronte imperlata di sudore stava ad indicare che aveva dovuto lottare per svegliarmi; il respiro veloce e i battiti accelerati significavano che si era spaventato. Mormorai un grazie e appoggiai la testa sul suo petto, mentre lui mi accarezzava i capelli.

Dovevo assolutamente fare qualcosa per lui, per ripagarlo di tutto quello che stava subendo a causa mia, dei miei incubi, delle mie paranoie, e di quello che realmente mi stava succedendo. Ma come avrei potuto ringraziarlo? Così feci la prima cosa che mi venne in mente: mi alzai di scatto e mi misi a cavalcioni sopra di lui, incominciando a baciarlo con urgenza. Eric ovviamente rispose e ben presto le nostre lingue si intrecciarono in una danza passionale. Iniziai a muovere i fianchi e il mio ragazzo gemette, procurandomi un sorriso. Sì, mi piaceva avere il controllo. Ecco perché facendo sesso mi sarei dimenticata per un attimo di Lui e dell'incubo appena fatto. O almeno credevo. Eric mi chiese interrompendo il bacio: -Perché lo fai?-
-Perché ho bisogno di te, ora.-
Sorrise maliziosamente e ribaltò le posizioni, così mi ritrovai sotto di lui. Mi sfilò la canottiera e iniziò ad occuparsi del mio seno, baciandomi e leccandomi i capezzoli. Dei gemiti spezzati uscivano dalla mia bocca. A quel punto scese, mi sfilò le mutandine e mi allargò le gambe. Entrò in me con delicatezza, per farmi abituare al suo corpo, poi con una mano mi bloccò i polsi tenendomeli sopra la testa e con l'altra di sorreggeva come se stesse facendo dei piegamenti. Le sue spinte mi facevano gemere dal piacere, e ogni volta che toccava quel punto inarcavo la schiena gridando. Aumentò il ritmo e dopo due colpi ben assestati venne dentro di me. Le braccia gli cedettero e si appoggiò a me, mentre io gli accarezzavo la schiena ansimando. Quando i nostri respiri si fecero di nuovo regolari gli dissi: -Niente male avvocato.-
-Oh cazzo!- esclamò Eric -Devo scappare in ufficio, ho un appuntamento tra 20 minuti.-
Cercò di alzarsi ma dovette appoggiarsi al muro per non cadere: le gambe ancora non lo reggevano. Iniziai a ridere fino ad avere i crampi, mentre lui si giustificava imbronciato: -È colpa tua! Se arrivo tardi in ufficio ti faccio causa.-
-Con quale accusa?-
-Ancora ci devo pensare, te lo farò sapere questa sera.-
-Ok- dissi ritornando seria - torni per cena?-
-Penso di sì, alle sei ti chiamo per confermare.-
Annuii, Eric si diresse in bagno per una doccia veloce ma si sporse dalla porta per mandarmi un bacio: -Dimenticavo: ti amo.-
-Ti amo anche io.-

Dopo essermi fatta anche io una doccia ero più tranquilla e mi resi conto che era incredibile l'effetto che Eric aveva su di me. Ma ora era andato via, e io avevo paura di nuovo. Chiamai Alice e le dissi che anche quel giorno avrei avuto bisogno di parlarle, così lei mi fissò un appuntamento per le 18.30. Non sapendo che fare fino a quell'ora, mi diressi in ufficio nel centro. Lavoravo in una compagnia pubblicitaria specializzata nel marketing, ma ero ancora in prova dato che ero giovane e non avevo l'obbligo di frequenza. Era tutto perfetto: il lavoro era quello che avevo sempre sognato, avevo un mio spazio con una scrivania, un computer nuovo e una libreria da consultare, in più la finestra era posizionata su uno scorcio dell'unica area verde presente in città. Mi ricordava tanto la mia casa di Forte dei Marmi, dove abitava ancora mia madre con il signor Broose e il maggiordomo, ammesso che fosse ancora vivo. Forse sarei dovuta andare a trovarli, forse avrei dovuto chiamarli, o forse no. Avevo paura dei ricordi e di ciò che avrebbero potuto farmi. Mi resi conto di non aver mai presentato Eric alla mia famiglia (se così si poteva definire) mentre lui mi aveva portata a cena dai suoi tante volte. Probabilmente pensava che fossero tutti morti e che non ne volessi parlare. Mi sentii una merda di fidanzata, e come se non bastasse il capo mi venne a far visita con un'inaspettata proposta. Era un uomo sulla cinquantina, abbastanza basso e non proprio bello, calvo e con un naso a becco d'aquila. Sotto gli spessi occhiali comparivano due occhietti vispi e neri, dai quali traspariva un misto di cultura e arroganza. Vestiva sempre in un modo terribile e amava farsi chiamare 'boss'. Effettivamente non ero ancora venuta a conoscenza del suo vero nome nemmeno dalle sue segretarie più intime. Quel giorno indossava una camicia bianca a righe rosse verticali, le bretelle nere tirate su, dei pantaloni marroni e un paio di stivali da texano con la punta in ferro. Di certo vederlo metteva di buon umore. Lo salutai e lui mi sorrise: -Ciao Arianna, dormito bene?-
'Avrei potuto dormire meglio...'
-Certo boss, ho passato una notte tranquilla.-
-Bene, è importante che tu sia in forze perché oggi ho intenzione di metterti alla prova.-
'Ma brutto stronzo, avvisarmi no, eh?'
-Spero di essere all'altezza, boss.-
-Si, io credo che ce la farai: dovrai presentare a una commissione di commercianti invitata da me personalmente questo prodotto- mi mise in mano un preservativo -con questo marchio- e mi diede una foto di una porno star in posa in intimo sexy appoggiata su una Porsche nera opaca -e dovrai convincerli che questi preservativi sono migliori di tutti gli altri e facilmente consumabili. Se ci riuscirai verrai assunta immediatamente. Ti voglio in sala riunioni tra dieci minuti. In bocca al lupo.-
Se ne andò lasciandomi a bocca aperta. Sudavo freddo e il panico pareva essersi impossessato di me. 'Quel bastardo di un nano proprio i preservativi doveva darmi?' Ce n'erano così tanti in commercio che non avevo proprio idea di come convincerli a comprare i nostri. I minuti stavano passando velocissimi, così mi levai la giacchetta, mi infilai la camicetta dentro i pantaloni neri e mi feci una coda di cavallo per limitare la sudorazione. Mi rinfrescai leggermente il viso e mi diressi in sala riunioni. Spostai la porta scorrevole e mi ritrovai una commissione formata da tre uomini anziani che sembravano gemelli e il mio odiato capo, che mi sorrise. -La puntualità è sempre ben accetta.-
-Prego signorina, può iniziare.- mi disse uno dei signori seduti di fronte a me. Sorrisi fingendomi sfacciata e sicura, mi presi un secondo per riflettere e iniziai a parlare: -Bene signori, suppongo che voi sappiate che il commercio di preservativi è ben avviato e a oggi ne possiamo trovare di tutti i tipi: dal più flessibile all'ultra sottile per soddisfare i bisogni delle coppie. Ma forse non sapete che gli acquirenti di questi adoperatissimi prodotti sono cambiati negli ultimi tempi.-
Mi soffermai su alcune parole come mi era stato insegnato, però ad un certo punto uno dei tre signori mi interruppe: -Ma le donne non comprano i preservativi.-
'Zitto stronzo!'
Sforzai una risata d'effetto: -Di certo non nostri, signore.-
Dall'espressione che fece capii di aver colto nel segno e proseguii: -Andiamo, signori. Sotto sotto lo sapete anche voi che sono le donne e soltanto le donne che decidono come, con chi, quando, dove, per quanto a lungo e per quante volte fare sesso. E non potendo contare sul fatto che l'uomo abbia un preservativo, oggi la realtà è che lo compriamo noi. E quando ci troviamo di fronte a scaffali pieni di profilattici, quale sceglieremo? Quelli ultra sottili perché è giusto provare piacere in sicurezza, oppure- continuai mostrando la foto -quelli che hanno come sponsor una tettona vogliosa con scarpe da spogliarellista che ci sta urlando 'no stress, more sex'?- Presi un pacchetto di preservativi, lo scartai e ne lanciai uno per ciascun presente tranne per il signore che mi aveva interrotto, poi lo guardai e sorrisi mostrando l'ultimo profilattico rimasto: -Questo me lo tengo io.- Il boss soffocò a stento una risata. Avevo decisamente vinto tutto.

Alle 18.20 ero seduta sul lettino nello studio di Alice, Eric non mi aveva ancora chiamata. Non ero preoccupata, di certo era stato trattenuto: aveva per le mani un caso davvero importante per la sua carriera ed era normale che volesse concluderlo al meglio. -Allora Ary- Alice spezzò il silenzio facendomi sobbalzare -ho sempre saputo che tu fossi innamorata di me, ma vorrei ricordarti che ho una fidanzata e a malincuore devo dirti che fra di noi non potrà mai funzionare.-
Riuscì con quella frase a strapparmi una risata, perciò stetti al gioco: -Non puoi liquidarmi in questo modo! Lo sai che non posso vivere senza di te.-
Ridemmo finalmente dopo una giornata stressante per entrambe. -Alice i miei sogni si stanno mescolando con la realtà. Ho paura della notte perché mi sento indifesa, sola. Prendo metà della pastiglia che mi hai prescritto perché ho il terrore di non riuscire a svegliarmi. Questa mattina non sono morta per miracolo: ho sognato che Lui mi stesse soffocando con le sue mani enormi e realmente non riuscivo a respirare. Quando Eric mi ha svegliata avevo i polmoni in fiamme.-
La ragazza mi scrutò con quei suoi enormi occhi blu e mi disse sospirando: -Ary, purtroppo i sogni non sono il mio campo. Sono sicura che tu abbia già letto Froid, ti consiglio però farci un altro sguardo: forse ti potrebbe aiutare. So solo che la mente umana certe volte fa dei brutti scherzi, ed è quello che noi pensiamo che ci stia succedendo che spesso prende il sopravvento. Ad esempio quando fai una corsa se ai primi segni della fatica pensi 'non ce la faccio' allora non riesci più ad andare avanti, ma se invece pensi a qualcosa altro continui a correre.-
-Il tuo consiglio?-
-Cerca di non pensarci. Se ti può far sentire al sicuro, domani ti mando un mio amico che ti installerà un allarme collegato al distretto di polizia per evitare che entri qualcuno e qualche telecamera.-
-Ti ringrazio, ma come lo dico a Eric?-
-Perché non gli dici la verità?-
-Ho trovato: lo porto due giorni nella villa dei miei a Forte dei Marmi.-
Alice sospirò rassegnata: -Non cambierai mai, vero?-
Appena uscii dallo studio mi chiamò Eric: -Ehi piccola, scusa il ritardo. Volevo dirti di non aspettarmi per cena, purtroppo devo rimanere in ufficio fino a tardi per sistemare alcune pratiche. Torno appena possibile.-
No... Come avrei fatto la notte senza di lui? Se mi sentivo un po' più al sicuro era solo perché c'era Eric nel mio letto che mi stringeva tra le sue braccia. -Ok, non ti preoccupare. Cerca di non fare troppo tardi, domani ti vorrei portare a conoscere i miei...-
-Davvero? Non vedevo l'ora, sai?- mi rispose tutto emozionato: -Però allo stesso tempo ero preoccupato che fosse accaduto loro qualcosa di brutto, dato che non ne parlavi mai. Ok, grazie. Prometto di sbrigarmi. A dopo amore.-
Sì, a dopo. Ma io nel frattempo come avrei fatto? Composi il numero di mia mamma sul cellulare, mi tremavano le mani. Era un po' che non la sentivo, non sapevo se aveva cambiato numero, o casa. Non sapevo come stesse. Perciò decisi di rimediare. -Pronto?-
La voce mi spezzò il cuore: era quella di una donna invecchiata e addolorata. Mi scese una lacrima. -Pronto... Mamma?-
-Arianna... sei proprio tu?-
-Si mamma, come stai?-
-Oh, io bene ora che ti ho sentita! Tu come stai? Chissà come sei cresciuta...-
-Mamma posso venirti a trovare? Vorrei farti conoscere il mio ragazzo...-
-Ma certo cara, quando vuoi.-
-Domani?-
-Oh bhe, vorrà dire che dovrò andare a fare la spesa, ma pur di stare di nuovo un po' insieme... E dimmi, vi fermerete?-
-Forse un paio di giorni, è che lui è un avvocato quindi lavora sempre.-
-Ma non mi dire... Bhe non vedo l'ora di conoscerlo e di rivederti. Comunque Harlod ti saluta...-
-Sì, salutamelo. Allora ciao mamma, a domani.-
-A domani piccola stella.-
Chiusi la conversazione. Eravamo entrambe abbastanza arrugginite, ma le volevo un bene assurdo. Capii solo in quel momento quanto in realtà mi fosse mancata. Mi diressi a casa un po' più tranquilla. Mangiai poco e niente, guardai programmi stupidi e inizia a fare le valigie solo per far passare il tempo nella speranza che Eric arrivasse a casa prima. Quando capii che era inutile, andai in bagno per prendere il sonnifero. Facendo un calcolo, se avessi preso un'intera pastiglia avrei dormito molto profondamente fino alla mattina successiva. Ma se Lui mi avesse fatto visita, cosa sarebbe successo? Il problema era che io volevo dormire, avevo un disperato bisogno di riposarmi. Così inghiottii tutt la pastiglia e mi distesi sul letto. Sognai di essere nel mio vecchio college, nella sala dove avevo fatto tutti gli spettacoli di danza. Ero vestita come per il balletto sulla canzone di De Andrè. Mi venne un'improvvisa voglia di ballare anche se non c'era nessuno, così inizia a danzare. Ma fu quando l'aria davanti a me si increspò e vi comparve una sfera luminosa, o meglio la Luce, che per me incominciarono i problemi.

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