Capitolo 5 - L'amore è nell'aria ... dalle due e mezza circa

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Il cellulare vibrò sul comodino.

Al pari di un piccolo terremoto, vagava sul piano del mobiletto come impazzito, producendo un rumore d'inferno che rimbombava nel silenzio assoluto della notte e nelle sue orecchie, trapanandogli il cervello e svegliandolo dal suo meritatissimo sonno.

Sentì accanto a sé mugugnare e muoversi con scatto nervoso, le coperte venire tirate con rabbia ed il piede destro che finiva irrimediabilmente scoperto insieme a metà corpo, portandolo bruscamente ad avere coscienza della situazione generale ed a buttare giù dalla loro nuvola candida qualche santo particolarmente sfortunato.

Osamu aveva lavorato tutto il giorno, era stato sorpreso dall'arrivo non preventivato del suo ragazzo – perché gli aveva assicurato sarebbe rimasto con la squadra e che stavolta non avrebbe disertato. Tutto inutile -, si era rotolato nel letto con detto ragazzo per quello che sembrava veramente troppo poco tempo, ma il sonno aveva avuto la meglio su entrambi dopo un primo, frenetico e appassionato rapporto.

Era stanco. Doveva riposare. Se lo meritava.

Perché aveva un mercato a cui presenziare per litigare con altri ristoratori avvelenati, perché poi voleva tornare a casa per godere della vicinanza con Suna – in modo più o meno casto – prima che riprendesse il pullman e perché doveva andare ad aprire le porte di un ristorante pieno zeppo di ordinazioni e prenotazioni, affrontando gente fuori di testa fino all'orario di chiusura, parlando ovviamente sia dei suoi stremati collaboratori sia della clientela, che a Dicembre sembrava assumere in massa stupefacenti di un certo livello, a giudicare dalle richieste assurde.

L'arrivo del Natale, malauguratamente, trasformava le sue giornate in un girone infernale nuovo di zecca ogni anno, che spuntava come un fungo molesto verso il 20 di Novembre e si sarebbe calmato soltanto dopo il 26 di Dicembre, quando decideva di sprangare le porte del ristorante per godersi dei suoi meritati giorni di riposo, mandando tutti allegramente a quel paese.

Sentiva il bisogno fisico di farsi almeno sei ore di sonno, al massimo. Non gli sembrava di chiedere poi così tanto.

Non aveva bisogno di cellulari che cominciavano a rompere il cazzo ad orari osceni della notte – perché quella non era la sua sveglia.

La sua sveglia era la telecronaca del Fan Meeting del 2017, in particolare il punto esatto in cui il reporter dichiarava la caduta di faccia di Atsumu in mezzo a un delirio di fan urlanti. Riusciva sempre a farlo alzare con il sorriso sulle labbra.

Osamu scostò il poco piumone che rimaneva con un grugnito, allungando una mano per afferrare alla cieca il telefonino, gli occhi ostinatamente chiusi. Se li avesse aperti avrebbe detto addio alla possibilità di riaddormentarsi, come succedeva ogni volta, ed era fermamente intenzionato a ricadere in coma dopo aver chiarito che non ci fossero problemi dall'altra parte della linea, conscio di chi si trattasse con una sicurezza che nemmeno la bontà della sua cucina poteva dargli.

Nel momento in cui riuscì a toccare con la punta delle dita lo schermo del cellulare, però, quello tacque.

Imprecò mentalmente, maledicendo l'intera metà del suo DNA e tutte le generazioni precedenti, incolpandoli della formazione genetica di quel particolare ramo familiare. Perché lo sapeva, ne era sicurissimo, era colpa sua.

"Spegni quel coso." Mugugnò la voce bassa e graffiata di sonno di Suna al suo fianco, soffocata da piumone e cuscino, le parole schiacciate tra di loro e sulla federa. "Chi era? Atsumu?"

"Torna a dormire." Sentì un sospiro scocciato – perché sì, sicuramente si trattava di Atsumu, lo sapevano entrambi - e Osamu si rituffò sotto le coperte, rubandole impunemente per dispetto e cercando di ritrovare la bolla di calore che aveva dovuto abbandonare a causa di tanta cattiveria immotivata.

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