Prologo

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L'amore è dolore.
Chi non soffre, non ama

Sarebbe stato bellissimo aver potuto rispondere quando la gente mi chiedeva come mi fossi innamorata, se avessi avuto a mia disposizione una parola soltanto per potermi esprimere molto probabilmente avrei detto gli occhi, che i suoi erano e sono ancora due cazzo di oceani, passavo le ore a guardarli anche solo in silenzio, perché per me era sempre una prima volta, più li osservavo più mi perdevo in quelle due pozze d'acqua cristallina che risplendevano in qualsiasi posto lui andasse.
Ancora non mi capacito di come lui poteva stendere al suolo qualsiasi tipo di persona di genere femminile, anche solo presentandosi, le ragazze svenivano nel sentire il suono della sua voce e per quanto io fossi gelosa di questa cosa facevo finta di nulla.

Ora è davanti a me con il labbro tutto gonfio e pieno di graffi con ancora dei rimasugli di sangue ormai secco, dunque i miei tentativi di pulirlo sono andati a farsi fottere. Sul suo occhio sinistro è presente un livido caratterizzato da diverse sfumature di viola, tutto questo mi fa scuotere la testa per quanto lui sia irascibile.

«È la seconda volta Francesco» lo ammonisco cercando, con un dischetto di cotone e del disinffettante, di eliminare tutte le chiazze di sangue presenti sul suo viso e sul naso che a volte ne rilascia qualche goccia.

«Lo so, lo so» ammette guardando tutto tranne che me, si massaggia la pancia, di certo dopo il gancio destro che ha ricevuto è il minimo, gli passo il ghiaccio che avevo tirato fuori appositamente poco prima per questa cosa, dopo tutto quel putiferio era il minimo che potessi fare.

«Mi avevi promesso che non lo avresti fatto più» dico intingendo il dischetto nel disinfettante per poi picchiettarlo contro il suo labbro.

«Ahia!» impreca il ragazzo tenendo il fazzoletto avvolto nel ghiaccio appoggiato sulla sua pancia dolorante.

«Scusa, brucerà un po' ti avverto» lo vedo fare qualche smorfia di dolore ma nulla che non possa sopportare.

«Mi spiace» ammette dopo alcuni secondi di silenzio. «Non dovevo picchiarlo» il suo sguardo è sempre puntato verso la finestra, con la paura di incontrare i miei occhi, forse per la vergogna che prova in questo momento, ma a me poco importa.

«Francesco non lo hai picchiato, lo hai completamente massacrato» dico sgridandolo per la quinta volta in tutta la giornata.

«Sì e lui ha massacrato me, siamo pari direi» il suo sarcasmo non manca mai, neanche quando lo hanno picchiato a sangue riesce a contenersi.

«Avanti sto parlando seriamente, fare battutine idiote non cambierà nulla» dico mettendo a posto tutto il kit medico che ho sempre a portata di mano in casa e lo rimetto dentro il mobiletto del bagno.

Gli alzo lentamente la maglietta dove scopro che il labbro e le macchie violacee sparse qua e là sul suo volto non erano nulla in confronto a questo. Se fossimo stati in una situazione diversa molto probabilmente sarei svenuta alla vista del suo fisico pazzesco, ma dato che è pieno di lividi e io sono incazzata nera con lui direi che è meglio tenere a bada gli ormoni per una volta e tornare alla realtà.

«Sei un disastro lo sai?» gli domando sapendo già la risposta, ma meglio prevenire, da una parte sembra il ragazzo più docile e amorevole del mondo, poi dall'altra, quando perde il controllo sembra tutt'altra persona, certe volte manco lo riconosco più.

«Menomale che nessuno ha chiamato la polizia altrimenti saresti stato fottuto» dico riabbassandogli la maglietta che avevo leggermente alzato per vedere il disastro che gli avevano procurato, anzi, che gli aveva procurato.

TUTTO UN DEJA VU ~CRYTICAL~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora