George.

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« Scusami, davvero. »
Ashton allungò una mano verso di me per aiutare ad alzarmi.
Io lo fissai spalancando gli occhi e sentendo il cuore accelerare in fretta.
Sentii perdere ogni singolo respiro.
Non riuscivo a crederci.
Lui aspettò paziente che gli restituissi la presa, ma io non riuscivo a muovermi.
Il suo sorriso, le sue fossette, i suoi capelli. Era lui.
« Sei la figlia di qualche operatore? »
Ashton si arrese ritirando il braccio, un po' impacciato.
Io finalmente mi alzai perché il pavimento era freddo, e rimasi immobile con la bocca aperta.
« Parli o sei muta? »
Stetti ancora ferma.
Lui mi schioccò due dita davanti agli occhi.
« Forse dovrei chiamare qualcuno. »
Stava per girarsi quando gli afferrai un braccio con insistenza.
« No, ti prego. Non devono sapere che sono qui. » Non sapevo da dove mi uscissero quelle parole. Ma non le sentivo mie.
Il ragazzo si girò lentamente verso di me corrucciandosi.
« Stai scappando da qualcuno? »
Sapevo che Ashton non era molto sveglio, ma fino a questo punto?
« Esatto! » Quasi urlai per quella che sembrava essere un'occasione di farla franca. Poi il suo sguardo cambiò, diventando dubbioso.
« Io credo di averti già vista da...»
Scossi subito la testa. « Nah, io non..» Esitai. « Non ti ho mai visto in vita mia. Sei il cantante? Sai, mio padre lavora qui ma non conosco questi 50 seconds of sunday. »
Ashton emise una leggera risata aprendomi una visuale perfetta dei suoi denti.
Dio.
« Oh, io non sono della band. » Disse spiazzandomi totalmente.
Era sudato, con una bottiglietta d'acqua in mano e calli su tutte le dita.
Cercai di non apparire sorpresa, cosa molto difficile.
A che gioco stavamo giocando? Menti e fuggi?
Il biondo alzò una mano toccandomi leggermente la fronte con due dita. « Hey ragazzina, converrà mettere un po' di ghiaccio, che ne dici? »
Che ne dico?
Se l'avessi seguito mi avrebbero riconosciuta. Eppure lui non l'aveva fatto. O lo stava facendo apposta?
La testa iniziò a pulsare freneticamente e decisi. Meglio rischiare che rimanere dolorante per tutta la sera.

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« Non mi hai ancora detto il tuo nome. » Disse Ashton mentre prendeva del ghiaccio da un contenitore.
Mi aveva portata nel loro camerino.
Strano, no? È uno di quei film mentali che si fanno tutte.
Ma che diavolo stavo combinando?
Mi stavo sicuramente cacciando nei guai, ma qualcosa mi diceva che ne valeva la pena.
Accipicchia se ne valeva la pena.
Ashton Irwin, sudato, davanti a me che mi medica perché lui stesso mi ha procurato quelle ferite.
« Chiara. » Risposi esitando. Mi morsi il labbro inferiore guardandomi intorno.
C'era un casino. Calzini sparsi, boxer, e lattine di red bull. Sembravano perseguitarmi.
« Figlia di...?»
Merda. Devo inventare un nome, adesso.
« Robert, addetto ai fuochi d'artificio. » Speravo che Ash non sapesse davvero il nome di ogni operatore lavorasse li.
Lui annuì lentamente venendomi in contro con del ghiaccio avvolto in una...maglietta?
« Scusa, non so cos'altro usare. » Si affrettò a dire passandomela.
Alzai le spalle sentendo già il fresco del ghiaccio sulla fronte.
Ero nervosa. Non poco. Lui sembrava un ragazzo come tanti altri. Un po' stupido si, ma gentile.
Poi mi ricordai che avevano un concerto in corso.
Stavo per chiedergli se non dovesse tornare sul palco, ma mi aveva esplicitamente detto che non era nella band quindi avrei fatto la figura dell'idiota.
« E tu, ragazzo di cui non so il nome? Qual'è il tuo scopo? »
Lui rise di nuovo sedendosi di fronte a me. Si passò una mano tra i capelli lunghi provocandomi un senso di disagio.
Mi stavo trattenendo, in tutto e per tutto. Ma anche lui stava giocando il mio stesso gioco.
« Mi chiamo George e sono uno delle guardie di pulizia. »
Guardie di pulizia, ma esistono?
Annuii sorridendo imbarazzata continuando quella scenata.
Ad un tratto la porta si spalancò facendomi sobbalzare. Il ghiaccio finì a terra e Ashton si alzò in fretta spaventandosi a sua volta.
« Ashton! Si può sapere dove diavolo eri finito? Siamo saliti sul palco tranquilli e tu non c'eri! » Il ragazzo con il piercing al labbro mi fece spalancare gli occhi.
Luke. Luke.
Sperai con tutta me stessa che non mi riconoscesse, oltre a trattenere ogni stimolo di saltargli addosso ed urlare.
Io guardai Ashton, che guardò me, poi di nuovo Luke.
Il biondo fissò la scena confuso. Poi mi fissò. « Hey, io so chi sei. »
Oops.

S/A

Eheh Oops è mezzanotte e non ho sonno, quindi scrivo. Spero vi stia piacendo. (Questa storia la sto scrivendo per cazzeggiare se non si era capito rido) però mi piace e mi fa ridere, quindi continuerò a scriverla perché magari a qualcuno piace oltre a me 🌚
Ci si vede alla prossima, George.
- Chiara

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Walking Disaster || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora