Epilogo

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EPILOGO – JUST STORIES IN THE END

“Cosa è successo poi?”

Bandit posò sul tavolino la tazza di caffè vuota. Il caffè. Un altro assurdo vizio che aveva ereditato da suo padre: caffè, caffè, caffè sempre, in ogni momento, era sempre ciò che la faceva stare bene.

O che almeno riusciva a tenere a bada, soltanto per un po’, le ombre del passato.

Non sapeva quanto tempo fosse passato. Sapeva che, due secoli o due minuti fa erano scese dalla soffitta, erano andate in salotto e Sarah si era seduta accanto a sua nonna per ascoltare la sua storia, e da allora non aveva aperto bocca.

Non una parola.

Era strano. Non aveva idea che sua nipote potesse mascherare così bene le emozioni. In fondo, quella che le aveva raccontato non era la solita, nostalgica storia d’amore dei film. Non era affatto una bella storia, semplice e chiara, di quelle che si dicevano in giro quando si voleva sorprendere la gente.

Bandit non aveva mai raccontato nulla di tutto ciò a nessuno. Nessuno, nemmeno sua figlia. Era convinta di doversi portare quel segreto nella tomba, in un modo o nell’altro.

Ma poi aveva capito. Aveva capito che non le rimaneva poi così tanto tempo, e che quella storia che l’aveva tanto turbata e affascinata e tormentata per molti anni della sua vita, non poteva finire sepolta sotto strati di terra, assieme a una vecchia troppo codarda per divulgarla.

Perciò ora si ritrovava lì, di fronte a sua nipote, alla fine del suo racconto. E Sarah la fissava avida, curiosa di sapere ancora, e le sembrava di scorgere qualcosa, un luccichio sospetto nei suoi occhi.

Si era commossa?

Bandit scosse la testa e si decise a rispondere. “Nulla. Non successe nulla. Proprio come ti ho detto, dopo che mio padre aveva passato altri due anni sempre tra casa e campo di battaglia, in un’eterna sfida contro la morte, la guerra finì. Lui tornò a casa, e stava quasi per porre fine alla sua vita. Lo desiderava, lo desiderava davvero. E posso capirlo. La nostra mente può davvero impazzire del tutto, se non si ha qualcuno a cui si tiene davvero. E Gerard aveva perso qualsiasi sentimento avesse nutrito verso ognuno di noi. Era diventato un guscio, nient’altro. Poi venne il suo compleanno, e lui da allora cambiò del tutto. Cambiò totalmente, e fui fortunata perché ero ancora abbastanza piccola per scordare quella figura cupa che si aggirava per casa, e cominciare ad amare il padre divertente, affettuoso, completamente dedito alla famiglia.”

“E gli altri? Tutti gli altri?”

Bandit sospirò. “Kellin riuscì a fuggire alla condanna, e portò con sé Martha, l’ebrea che aveva conosciuto al campo di concentramento. Jamia sicuramente lo aiutò, nascondendolo in casa sua. Loro due… non ho mai saputo con certezza che legame avessero. Erano amici da piccoli sì, forse i loro genitori erano parenti alla lontana, non so. Ma lei lo aveva già aiutato in precedenza, ed era l’unica che riusciva a penetrare nella corazza che lui si era costruito. Kellin e Martha si sposarono e si trasferirono qui in America, e furono sempre in buoni rapporti con la nostra famiglia.

“Rayon trovò la sua anima gemella, un uomo di nome George, e fu sempre la persona più serena che io abbia mai conosciuto in tutta la mia vita. Fu come una zia per me, di quelle che ti fanno tante coccole e ti comprano il gelato e ti augurano la buonanotte quando i tuoi non ci sono. Rayon era… incredibile. La vita le aveva tolto tutto, e poi le aveva restituito almeno in parte quello e anche il resto, e la sua gioia era evidente in ogni suo respiro.

“Mikey era il mio secondo padre, mio fratello, mio zio, tutto. Lo hai conosciuto anche tu, del resto, fino a quando sette anni fa il Signore non lo ha preso con sé.

Destroy MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora