Give me love

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Buonsalve di nuovo:)

Vbb, la mia mente continua a elaborare capitoli quindi perdonatemi ma devo devo DEVO pubblicare altrimenti non mi sento soddisfatta.

Vi lascio al capitolo, baci

M.

CAPITOLO 3 - GIVE ME LOVE

Non è che io e Frank siamo diventati amici. O almeno, non rappresentiamo proprio la definizione esatta di "amicizia".

Semplicemente passiamo ogni istante costantemente insieme.

Ok, forse mi sbaglio. Forse ci siamo davvero legati troppo.

Ma mi piace. Dannazione se mi piace la sua compagnia.

La mattina andiamo a scuola insieme, camminando sull'orlo del marciapiede l'uno dietro l'altro e tenendo in equilibrio i libri sulla testa, proprio come dei bambini che fanno gare stupide. A scuola, quando non frequentiamo gli stessi corsi, ci incontriamo spesso nei corridoi e quando siamo d'accordo che la lezione del giorno è troppo pesante, andiamo a rifugiarci sugli spalti in palestra, lì dove non può importunarci nessuno. In effetti, da quando Frank si fa vedere con me i bulli della scuola non gli si avvicinano più. Non che io rappresenti questa grande minaccia, sia chiaro, ma come hanno imparato a ignorare me e a starmi alla larga, così si comportano con lui.

A volte, dopo la scuola, ci intratteniamo a casa mia, e spesso si unisce a noi anche Mikey.

Lui e Frank hanno stretto uno strano rapporto. Mio fratello guarda Frank come guarda me, come se fosse un modello da seguire e da imitare in tutto e per tutto, e non perde occasione per ammirarlo o decantarlo in qualsiasi situazione. Frank, dal canto suo, tratta Mikey come un cugino o un fratello minore, coprendolo di attenzioni, mettendogli da parte la merenda quando lui non ha fame e cose così.

"Non credo di avere i soldi per un gelato... e poi tu sei troppo grande per queste cose!" lo rimbrotto mentre siamo seduti sul portico di casa, in un pomeriggio soleggiato.

"Ce li ho io. Mi è avanzato qualche spicciolo" interviene prontamente Frank, frugando nella tasca dei pantaloni.

Mi passo una mano sulla faccia, esasperato.

Mikey fa un sorriso a trentadue denti e prende i soldi che gli sta porgendo Frank, dopodichè si alza e corre al carretto dei gelati, dove alcuni bambini stanno già facendo la fila.

"Lascialo divertire. Questo periodo della sua vita non tornerà più" commenta Frank.

Torno a guardarlo. "E questa grande saggezza da dove spunta fuori?" chiedo scherzando.

Lui sbuffa. "E' sempre stata dentro di me, che tu ci creda o no"

Gli do una spallata. "Ma fammi il piacere"

E ridiamo. Ridiamo, lui ride e io rido, rido come non ho mai riso in vita mia.

Frank mi sta dando amore come nessun altro, incondizionatamente e senza pretese, solo perché gli piace la mia compagnia e perché preferisce stare con me, solo con me, piuttosto che con qualsiasi altro nostro coetaneo.

Questa cosa mi piace e mi terrorizza insieme.

Non è stata una cosa voluta. Insomma, non è che da un giorno all'altro io e Frank abbiamo deciso di diventare inseparabili.

È venuto da sé, dopo la prima volta che abbiamo parlato, dopo averlo portato a casa per medicargli la ferita, dopo che mi ha detto quella cosa che non dimenticherò mai...beh, è stato piuttosto naturale tutto quel che è venuto dopo.

Frank è ... diverso da tutto ciò che ho conosciuto finora. Non riesco ancora a inquadrare bene la sua personalità, perché muta giorno dopo giorno, sempre più imprevedibile.

Come quando un bel giorno viene da me e mi invita a casa sua, dopo la scuola.

"Sul serio?" gli chiedo sorpreso.

"Sul serio" sorride lui.

Non so proprio cosa aspettarmi quando apre la porta di casa sua e se la richiude alle spalle, ma di certo rimango sbigottito da quel che vedo.

La casa è immersa nella penombra, ovunque ci sono bottiglie vuote o mezze rotte, sul divano sono gettati malamente degli abiti sporchi, e nell'aria persiste un odore di muffa e stantio difficile da respirare.

Frank non mi guarda. Fa un risolino nervoso e noto, dal tintinnio delle chiavi nella sua mano, che sta tremando lievemente. "Scusa il disordine" mugugna in un tono quasi incomprensibile, e mi conduce in cucina.

Mi guardo intorno. Nel lavandino ci sono ancora i piatti sporchi della sera prima, sulla tavola ci sono briciole sparse e c'è polvere ovunque: sui mobili, sulle sedie, dappertutto.

"Vuoi...vuoi qualcosa da mangiare?" chiede nervosamente Frank, muovendosi da un lato all'altro della stanza senza fermarsi un attimo. È evidente che non sa cosa fare, non si aspettava tutto questo disordine quando mi ha invitato.

"Ho i biscotti, un po' di tè, oppure vuoi qualcosa di salato? Credo di avere delle patatine da qualche parte...o forse no...ehm, sì insomma perché non andiamo di sopra, magari in camera mia e...?"

"Frank."

Lo guardo dritto negli occhi e lui sostiene il mio sguardo. È nel panico più totale. "Sì?" chiede quasi istericamente.

Mi alzo e gli vado incontro, prendendolo per le spalle. Avvicino il mio volto al suo fino a quando non siamo a pochi centimetri l'uno dall'altro.

"Frank, calmati. Ok? Non c'è bisogno di agitarti. Non voglio nulla da mangiare e possiamo andare dove vuoi tu. Voglio solo stare con te. Non mi importa dove e come."

L'ho detto sul serio?

Oddio.

Non volevo dirlo. Io.non.volevo.dirlo. Dannazione.

Frank si accascia improvvisamente contro di me, singhiozzando. "Io...non credevo che...pensavo avessero lasciato tutto in ordine... e ti ho invitato perché loro non c'erano e credevo che.... Oh mi dispiace Gerard, mi dispiace così tanto...."

Sono paralizzato. Non so cosa fare. Frank mi sta praticamente abbracciando, ha il viso affondato tra la mia spalla e il collo e sento il suo respiro mozzato accarezzarmi i capelli e dei brividi che mi corrono lungo la schiena e....

Lo stringo anche io, cercando di tranquillizzarlo e non pensare a nulla. "Ssssh, tranquillo ora. Va tutto bene, ok?" dico, costringendolo a staccarsi da me e a guardarmi negli occhi.

Lui sbatte le palpebre, ricacciando indietro le lacrime che minacciavano di uscire. Annuisce. Si ricompone e si liscia la camicia raggrinzita. "D'accordo. Sì. Bene. Andiamo di sopra."

"Frank..." indugio, non sapendo bene cosa chiedergli. Lui mi fissa, in attesa.

"Ti fanno del male? I tuoi zii?"

Scuote la testa. "Bevono e basta. È tutto ciò che sanno fare. È come se non ci fossi."

Lo abbraccio di nuovo, d'impulso, e sospiro. Lui ricambia la stretta e rimaniamo così per un altro paio di secondi.

Non staccarti.

Ma sono costretto a farlo. Cerco di non pensare al motivo per cui i suoi genitori lo hanno mandato qui, in America. Forse non sapevano del terribile vizio dei loro parenti. Forse non sanno nulla e Frank non lo dice perché preferisce rimanere qui.

Con me.

"Andiamo di sopra, avanti. Voglio mostrarti la mia stanza"

Lo seguo docilmente. So soltanto che non mi importa della casa, non mi importa dei suoi zii ubriaconi o della casa in cui vive. Non mi importa di nulla. Mi importa solo di essere qui, con lui, ora.

Ma non durerà.

Me lo sento.

Destroy MeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora