Capitolo 26: Caccia in barca

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Dopo aver passato ore della mia vita a decidere su quale frase chiave basare il mio racconto, avevo trovato qualcosa di abbastanza soddisfacente per descrivere come mi ero sentita la sera in cui avevo deciso di catturare la mia preda più difficile: il candidato timido. Sicuramente non era stato facile prendere la decisione di considerarlo anche solo un candidato, dato che non aveva flirtato con me neanche dopo esserci visti, ma avevo deciso che il club delle collane di perle esisteva perché volevo sentirmi soddisfatta... e avere lui stava diventando così complicato da farmi aumentare il desiderio della conquista.

La caccia era cominciata con una trappola: avevo buttato davanti ai suoi occhi l'idea di non uscire in centro, con la scusa di non averne molta voglia. La trappola era stata tesa e lui sembrava averla notata, entrandoci dentro con la prima zampetta.

Mi aveva proposto di visitare insieme un belvedere e poi, magari, andare sulla sua barca per bere una birra. L'idea era promettente ed io, pensavo di aver già vinto. Mi immaginavo già, con lui spalmato addosso, impegnata a baciarlo in quel belvedere. Peccavo di superbia.

Il mio problema più grande era che a livello fisico non ci stavo provando, stavo solo attenta a non mandare segnali negativi, ma nemmeno rimanevo a flirtare. Non correvo dietro alla mia preda, gli stavo davanti e aspettavo che smettesse di resistermi. Mai sarei scesa al punto di sbilanciarmi per prima.

Al belvedere invece, avevo guadagnato una chiacchierata piacevole con un Jasper a un metro di distanza, massimo mezzo metro nei momenti in cui non stava attento a starmi lontano. Proprio non capivo cosa ci fosse che lo bloccasse, la timidezza sembrava essere passata nel momento in cui aveva messo una zampa nella mia trappola, invitandomi in posti isolatissimi e sconosciuti dal mondo. Eppure, una volta lì, si comportava come un conoscente o peggio, come un amico. Avevo deciso di non disperare e di aspettare fino alla barca, perché se nemmeno lì si fosse avvicinato, io la preda non l'avrei catturata: l'avrei "accidentalmente" morsa e ferita.

Non sapevo con certezza quanto tempo avessimo passato in quel punto, ma quando eravamo tornati in macchina ci eravamo diretti immediatamente al porto. Una volta parcheggiato, avevo notato una macchina grigia dall'aspetto familiare e avevo deciso di ignorarla. Pensavo di starmi facendo solo un mucchio di paranoie, come ogni volta che mi avvicinavo a quella città. Avevamo aperto il cancello che teneva lontani gli sconosciuti dal molo ed io non riuscivo a concentrarmi sulla preda, troppo impegnata a tenere d'occhio la situazione. Dalla casetta della vigilanza portuale era uscito un ragazzo, che io conoscevo benissimo, ed era salito sulla macchina grigia. Avevo percorso il molo con Jasper, facendo finta di niente e avevo deciso di godermi la serata. Perché mai, nonostante la timidezza, mi sarei dovuta aspettare ore di chiacchiere senza il minimo approccio?

Continuavo, con la birra che mi aveva offerto in mano, a chiacchierare come se nulla fosse, attendendo la mia preda con impazienza. Ero ferma, senza avvicinarmi, dando fiducia alla situazione. Eravamo soli, in barca, in penombra e con due birre a testa in corpo, ero più che convinta che non ci volesse una spinta più pesante di questa.

Dopo un po', avevo deciso di ricorrere al consiglio di Aaron: usare la scusa del freddo. Era una scusa che funzionava sempre, l'avevo testata decine di volte nella mia vita e non c'era persona che reagisse in modo inaspettato a questa frase. Escluso, Jasper, ovviamente. Mi aveva detto di avere qualche felpa in più a disposizione, o magari una coperta.

Avevo mandato giù metà della bottiglia di Becks che avevo davanti, con un'aria di rassegnazione quasi palese. Mi arrabbiavo perché non approcciava, ma ero la prima a non farlo. Per quanto fossi stata da sempre intraprendente, con lui non volevo sbilanciarmi. Se la seconda parte della trappola non mi aveva dato vantaggio, probabilmente aveva ragione Aaron a sospettare della sua omosessualità.

Prima che finisse la terza bottiglia, ad un metro di distanza da me e ad un secondo dalla mia resa definitiva, Jasper aveva detto:

Senti, ma ci baciamo o-

E non avevo idea di quale fosse l'alternativa, o se ci fosse, ma non l'avevo lasciato finire di parlare. Non mi ero nemmeno preoccupata di passare per impaziente, gli avevo risposto "Diamine sì, finalmente".

Così si era alzato in piedi e mi aveva raggiunto, abbassandosi per baciarmi. Per fortuna, la lentezza nell'approccio era stata sostituita da una velocità commovente nel prendermi di peso. Ero finita quasi subito con il sedere sul frigobar della cucina, con lui spalmato sul mio corpo.

Come inizio, contando da lì, prometteva anche bene. Ci eravamo liberati di maglioni e magliette lì e poi, camminando alla cieca come nei film, mi aveva guidata fino alla sua cabina. Dentro c'era quasi solo il letto e il soffitto ci avrebbe impedito di lì a poco di fare chissà quali acrobazie, ma anche gli altri vestiti si erano tolti dai piedi e ci eravamo arrangiati.

Durante l'atto mi ero lasciata scappare un "era ora", che l'aveva fatto sorridere. Subito dopo avevo notato la collana di perle allacciata al suo collo e l'avevo presa tra le dita, usandola per tirarlo verso di me. Al contrario di James, Jasper non perdeva occasione per baciarmi e la cosa mi piaceva parecchio.

La sua collana di perle e la prova andata abbastanza bene erano due motivi validi per farlo diventare un membro effettivo del club, non mi dispiaceva l'idea. Certo, non era ai livelli di Mike e neanche a quelli di William, non sarebbe mai arrivato a distruggermi come faceva James con i suoi giocattoli e non avevamo il legame mentale che c'era con Shawn; Ma il fascino della conquista, quello valeva la mia decisione. Inoltre, credevo da sempre che non ci volesse chissà quale dotazione per farmi felice, bastava saper usare i propri mezzi e lui aveva dimostrato di avere una certa dimestichezza, una volta superata la parte in cui doveva approcciare.

Eravamo usciti da quella cabina sfiniti, rivestendoci in fretta per non prendere freddo. Poco importava in realtà, perché senza le scarpe, il pavimento freddo della barca mi congelava prima i piedi e poi le ossa. Comunque, ci eravamo dati una sistemata in tutta fretta e all'ultimo minuto io, dall'alto della mia sbadataggine, avevo rovesciato una delle bottiglie abbandonate sul tavolo poco prima.

Avevamo perso quel quarto d'ora a ripulire tutto e una volta finito, avevamo rimesso le scarpe e sistemato tutto per andare via.

Ero scesa per prima dalla barca, aspettando Jasper sul molo. Mi guardavo intorno, fingendo di non sentire la voce del ragazzo che poche ore prima era salito su quella macchina grigia senza salutare. La voce era quella, non c'era dubbio. Mi ero voltata, sentendola avvicinarsi, e avevo visto una torcia illuminare l'inizio del molo. Se tutto fosse andato secondo le regole, Spencer (e dopo vi spiegherò di chi si tratta) avrebbe dovuto percorrere tutto quanto il molo per controllare che le cime di ogni barca ormeggiata fossero a posto. Dopo sei barche, forse otto, Jasper era sceso dalla barca e Spencer, nello stesso istante, aveva voltato le spalle e aveva lasciato il molo tornando sulla terra ferma. L'aveva fatto chiudendosi il cancello alle spalle, costringendoci a cercare le chiavi per uscire di lì, mentre lui ci osservava dalla casetta della vigilanza facendo finta di niente.

Sentivo il suo sguardo intercettarmi di tanto in tanto di nascosto, così non reggendo più l'avevo sussurrato a Jasper.

Quello che ci sta guardando male, comunque, è il mio ex.

Gli avevo spiegato che quello era il suo lavoro e che probabilmente si era indispettito dovendo sopportare l'idea di me con un altro, di notte, su una barca. Gli avevo raccontato che quello era stato l'ex più importante che avevo avuto, in termini di durata e di sentimenti.

Eravamo rientrati scherzandoci su, pensando alla sua maturità nell'averci chiuso il cancello in faccia e alla coincidenza quasi brutale di averlo incontrato proprio lì, a quell'ora e in quel molo.

Avevo salutato con una serie di baci molto poco casti Jasper ed ero rientrata a casa, pronta a passare la notte insonne per i ricordi che vedere Spencer aveva fatto riaffiorare.

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