Iniziato febbraio, mi ero stancata di correre per sentirmi soddisfatta, non sentivo più il bisogno di riempire il vuoto che Shawn aveva riempito allontanandosi ed ero stata distratta da altri problemi ben più grandi.
Liam, l'amico di sempre che aveva fatto parte della mia lista di game over, era rimasto mio amico. Almeno da parte mia. Era finito tutto perché aveva messo da parte il cervello per pensare con il pene e questo non era cambiato, perché nonostante il mio passo indietro, il suo modo di fare non era cambiato neanche nelle piccole cose.
Era diventata una persona egoista, strafottente e apatica. Il Liam che avevo conosciuto, disponibile e sensibile, empatico a livelli massimi, non c'era più. Di lui neanche l'ombra, aveva lasciato spazio a una persona con atteggiamenti che mi facevano venire i brividi.
Non potevo dargli le colpe di tutto: in tutti quegli anni gli avevo inculcato una concezione di amicizia talmente controcorrente, che quando si era tornati a un rapporto convenzionale, era difficile per lui capire quali erano le cose che si potevano ancora fare e quali ormai no. Ci eravamo allontanati, ma quando ci vedevamo lui era molto fisico e affettuoso, continuava a sottolineare quanto fosse preoccupato per me ma senza mai ascoltarmi. Mi sentivo come se ai suoi occhi fossi una bistecca, per lui era importante che fossi in buone condizioni, non cosa ne pensassi dell'essere la portata principale del suo pranzo. Si aggrappava a me, preso dall'ansia, senza ascoltarmi mai, neanche quando gli sbattevo davanti che stavo male e che lui peggiorava la situazione.
Non era più Liam.
Sapevo che era uscito dal club delle collane di perle, che non ne faceva più parte e che non aveva senso riempire le pagine del mio diario a parlare di lui, ma in fondo sapevo che, come questa mela era diventata marcia, anche le altre non erano fresche di raccolto.
Per cominciare, Shawn e io ci eravamo allontanati lentamente, avevamo trovato un equilibrio per non perderci ma oramai non potevo più contare su di lui come facevo prima. A livello sessuale, probabilmente eravamo morti. La vita aveva detto game over al posto nostro.
William, il ragazzo fissato con il calcio che abitava vicino alla mia università, era stato anche lui messo fuori gioco dalla situazione. Non ci sentivamo da troppo tempo e sarebbe stato troppo strano tornare indietro.
Stessa fine per Mike, probabilmente lui aveva perso le speranze ed io non potevo dargliene. Su James, uno dei miei gioielli preferiti del club, non ci avrei mai creduto... ma si era improvvisato bisessuale da un momento all'altro. Quel ragazzo era talmente impegnato a esplorare il suo lato omosessuale che mi aveva fatto calare totalmente la libido. L'idea di andarci a letto non riusciva più a sfiorarmi, il suo coming out era stato talmente inaspettato che avevo smesso di essere attratta dall'idea di incontrarlo per entrare nella stanza rossa.
Lucas, nel frattempo, era talmente incasinato tra scuola e lavoro che sarebbe stato complicato beccarlo ed io, come al solito, mi ero stancata del giocattolo. Pur non avendolo mai provato, non lo consideravo più una novità. In compenso eravamo diventati amici, ma questo non era stato un bene per il club delle collane di perle.
Jacob e Carter, per quanto erano ancora disponibili dopo mesi, mi avevano un po' stancato anche loro. Ci avevo pensato tanto e il mio ragionamento era stato: Non sarebbe da vere stronze usarli adesso, dopo mesi in cui hanno cercato anche solo di vedermi? Anche Josh non lo vedevo mai, il mio palestrato sfuggente preferito. Avevo rinunciato al vederlo dentro il club come candidato effettivo.
Rimaneva però, una persona, un membro del club, l'ultimo ad essere entrato. Su Jasper però, fortunatamente, c'era ancora tanto da scrivere... tanto da doverne parlare più avanti, per non perdere di vista il filo del discorso.
Parlando di problemi, ce n'era uno importante ed era dentro la mia testa. Non sapevo con certezza se lo sgretolarsi del club andasse di pari passo con questo problema, ma sarebbe stato logico pensare che fosse così.
Il club delle collane di perle era nato per caso, lentamente, da un mucchio di idee formulate da una mente traumatizzata che cercava di curare la propria anima ferita. Lo squarcio che avevo dentro, quella sensazione di vulnerabilità, quel non sentirmi più al sicuro in nessun luogo... aveva un nome.
Ebbene, dopo migliaia di parole spese a raccontare avvenimenti in apparenza superficiali, dopo storie bizzarre e col passare del tempo sempre più noiose, era ora di dare un nome al problema vero.
Era ora di dare un nome a lui: lo stronzo che mi aveva violentata.
Mi sentivo sempre un po' in errore quando usavo quella parola, perché il mio stupro non era avvenuto con particolare violenza fisica, ma il dolore interiore che provavo dopo quasi un anno era così forte da farmi sentire autorizzata a utilizzarla.
Victor, così si chiamava, tormentava ogni mia notte. Prima di andare a dormire non avevo nessuno a cui aggrapparmi. Nessuno da poter immaginare accanto, nessuno che mi potesse aiutare a sentirmi al sicuro. Ero sola, con il mio demone. L'istinto di stringere le cosce, che sembrava essere passato, era tornato. Avevo paura anche della mia ombra, avevo paura di rincontrarlo. Possibile che dopo quasi un anno, non l'avessi mai incrociato? Se mi era andata bene fino a quel momento, perché mi sarebbe dovuta andare bene ancora a lungo?
In fondo sapevo che, oltre al comportamento di Liam, il problema era stato aver sentito quel gruppo di ragazzi scherzare ripetutamente sugli stupri. Sentivo che le persone avrebbero fatto gesti del genere con la stessa semplicità con cui ci scherzavano sopra. Ero da sempre stata una persona avvezza a ogni tipo di black humor, ma lo stupro era un argomento su cui era meglio non scherzare. Qualunque battuta in tema mi metteva i brividi e sentirne tante da dei mocciosi ragazzetti di paese mi aveva fatto drizzare le antenne. Sentivo che aver ripreso a sentirmi al sicuro era stato sinonimo di aver abbassato la guardia.
Sentivo di aver fatto uno sbaglio, rabbrividivo non solo a ogni contatto fisico con Liam, ma in effetti avevo evitato quasi ogni contatto con le persone per sicurezza. Avevo tirato su la guardia, non solo per paura di incontrare di nuovo Victor, ma perché tutte queste cose mi avevano ricordato che il male non era lui, ma era in lui e non solo. Chiunque mi avrebbe potuto fare del male come aveva fatto lui, in modo più o meno subdolo.
Non sapevo se richiamarla una ricaduta, continuavo a immaginarmi come sarebbero state le mie giornate se mi fossi ritrovata Victor accanto e questo non era un bene, ma alzare la guardia di certo non avrebbe potuto mettermi in pericolo.
Ero combattuta, confusa, stanca. Sapevo che avendo spezzato il mio equilibrio mentale con quella carneficina di membri del club, avevo dato spazio e tempo alla mente di autodistruggersi con certi pensieri, con certi ricordi.
Non sapevo più cosa mi avrebbe salvato, non sapevo più se sarebbe stato giusto salvare il club.
Oramai c'era un solo membro effettivo e quello era Jasper. Le energie di far entrare nuove generazioni di collane di perle, per il momento, erano state esaurite.
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Il club delle collane di perle.
Teen Fiction"Ogni membro deve possedere e indossare una collana di perle ogni volta che avrà un appuntamento con la proprietaria del club. Poiché è per questa regola che il club porta questo nome, nessun membro può rifiutarsi. Un tale rifiuto sarà considerato i...