Capitolo 31: Il diario resta

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Seppur la chiusura del club non avesse dato dei ripensamenti, aveva comunque fatto male. Mi era dispiaciuto un po', perché mi ero affezionata ai momenti in cui riempivo con me stessa le righe di quel quaderno. Qualcuno avrebbe potuto biasimarmi? Il club, per quanto si ostinasse a sembrare qualcosa di superficiale, per me era qualcosa di molto importante. Non era solo sesso. Era il mio modo di andare avanti dopo che Victor mi aveva stravolto la vita.

Non avevo parlato solo dei candidati e dei membri, ma anche cosa mi aveva portato ad essere quella che ero nel momento in cui il club era nato. Avevo raccontato da quella notte in poi, senza risparmiare la sincerità.

Certo, avevo evitato di dire che durante il mio primo contatto intimo con un uomo dopo quella notte, ero stata ripetutamente morsa nelle parti intime da un ragazzo che aveva questo strano e sadico feticismo, ma l'avevo fatto anche perché speravo di rimuovere per sempre quel ricordo. Aveva influito leggermente sul mio percorso di "guarigione", ma per fortuna potevo considerare quell'esperienza come acqua passata. Rabbrividivo solo al ricordo, chi diamine potrebbe mai avere un fetish per mordere le parti intime femminili? Mordere con passione mista a cattiveria, si intende. Non era mica una cosa normale.

Tornando all'argomento principale, avevo riempito pagine e pagine con i miei pensieri più onesti, anche essendo brutale. Avevo parlato di cosa pensavo e di come mi sentivo novità dopo novità, questo mi aveva portato a sentirmi legata a quel quaderno. Non erano mai state solo semplici date con dei voti accanto, fin dall'inizio non mi ero risparmiata di parlare.

Avevo sostituito la migliore amica che avevo perso, con quelle pagine, sicura che loro non mi avrebbero fatto mai del male.

Smettere di scriverci dentro, mi provocava più dolore che il pensiero di dover friendzonare tutti i personaggi del racconto. Non ero pronta ad un finale, perché se questo club era il mio percorso da quella notte fino a una me che l'aveva superata totalmente, io non ero per nulla vicina alla fine. Avevo deciso di ridare una destinazione d'uso al club. Forse non ci sarebbero più stati quei membri, forse non ci sarebbero stati dei membri fissi però il club non aveva finito di fare il suo lavoro.

Non avrei scritto più date e voti per un po', ma il resto sarebbe rimasto e le regole iniziali, quelle le avrei rivisitate il prima possibile.

Il senso del club rimaneva comunque il mio benessere psicologico. Avevo comunque bisogno di sentirmi perennemente soddisfatta, ma avevo una soluzione per tutto (o quasi).

Da quel momento in poi avrei parlato solamente delle cose inerenti al mio percorso, delle ricadute e del modo in cui mi rialzavo. Avrei parlato di quanto sentivo di aver predicato bene e razzolato male, quando per anni avevo urlato alle donne di denunciare le violenze subite e poi, violentata nel modo più subdolo, avevo deciso di non distruggere la mia vita con una causa legale che non avrebbe cancellato l'evento in cui mi avevano squarciato l'anima.

C'era voluto questo, per capire quel 98% di persone che non denunciavano. La maggior parte delle violenze è messa in atto da persone vicine e a cui vuoi bene, persone che fanno parte della tua vita o di una parte di essa. Denunciare non era semplice e soprattutto, quando la violenza avveniva a consenso revocato durante l'atto, le speranze di ottenere giustizia erano poche.

Nella mia situazione, senza prove, con persone che avrebbero difeso Victor anziché me e con la paura che la cosa si sapesse in famiglia, avevo avuto le mani legate.

Pensavo ancora che fosse giusto denunciare, non farla passare liscia, ma non avevo più il diritto di urlarlo al mondo perché quando era arrivato il mio turno ero stata una vigliacca.

Mi giustificavo ogni giorno dicendomi che lo avevo fatto per la mia famiglia. Per mio padre che avrebbe potuto combinare cose senza pensare; per mio fratello, che aveva un'anima dolce e buona, per privarlo di quel dolore; per tutti coloro che si sarebbero ritrovati in una posizione difficile sapendo una cosa del genere.

Nessuno conosceva il nome di Victor, escluso pochi. Liam, Aaron e poi basta. Solo loro collegavano il suo nome a quella notte e nessuno avrebbe mai dovuto capire.

Lo scopo del club ora era scritto nero su bianco: Non permettere mai più a Victor di farmi stare male.

Volevo che le notti passate a gambe strette finissero, volevo smettere di sudare freddo quando passavo davanti al suo posto di lavoro, non correre più a gambe levate vedendolo.

Avevo bisogno di tornare normale. Avevo bisogno di sentirmi sicura dentro una routine, bisogno di potermi fidare di qualcuno a cui volevo bene. Se fino a quel momento, più era stato grande l'affetto più era cresciuta anche la paura che quella persona mi avrebbe fatto del male, da quel momento in poi avevo bisogno di cambiare le cose.

Il mio cuore ne aveva bisogno, perché il sesso non riempiva i buchi e perché l'amicizia non poteva sostituire un amore genuino e spensierato. Quel trauma mi impediva di avere a lungo un unico partner e mi faceva vivere male i momenti con le persone a cui volevo bene. Più era grande l'affetto provato, più era presente l'ansia di rivivere quella notte.

Avevo bisogno di una lunga pausa dai rapporti fisici e questo era certo, ma avrei dovuto pian piano sentirmi sicura e fidarmi delle persone che mi volevano bene. Sapevo di dover stare sempre e comunque attenta a non farlo ricapitare, ma sapevo anche che non erano tutti come Victor. Il male non era dentro a ogni persona che avrei incontrato.

Avevo deciso che quei mesi erano stata la fase uno della mia ripresa, la fase due sarebbe stata imparare ad amare qualcuno senza avere il terrore che quel qualcuno potesse farmi del male.

Non sapevo quanto avesse senso integrare questa fase dentro la storia del club, perché per arrivarci avevo dovuto chiudere quest'ultimo, però ogni fase sarebbe stata parte del mio lasciarmi alle spalle quel dolore e il club era nato proprio per questo.

Uscire fuori tema era un rischio che ero pronta a correre, se questo era l'unico modo di non scrivere la parola fine a quelle pagine e ai momenti in cui mi liberavo di tutto ciò che avevo dentro mettendolo nero su bianco.

La parte in cui venivo sessualmente soddisfatta, non sarebbe più stata menzionata se non in casi eccezionali, però avevo trovato la soluzione anche per quello. I sex toys erano sotto il mio controllo, non avrebbero mai potuto farmi del male e non mi avrebbero fatto venire voglia di tornare alla fase uno. Mi avrebbero permesso di rimanere lucida mentre mi impegnavo a vivere la mia vita in modo diverso, lasciandomi alle spalle quel capitolo particolare.

Le speranze erano tante, ma tutto dipendeva da me.

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