Capitolo 32: San Valentino

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Dopo essermi chiesta per oltre un mese con chi e come avrei passato il giorno di San Valentino, nei giorni precedenti ne avevo avuto un'idea sempre più chiara. Le proposte alla fine erano state tante e Liam mi aveva teso una specie di imboscata per rubarmi qualche ora di quella giornata, con la scusa dello studio. Io, comunque, non mi ero lasciata distrarre dalla persona che avevo scelto, aspettando una sua proposta. In alternativa, le avrei comunque rifiutate tutte per non passare un giorno così con persone poco speciali.

Il mio Valentino non era un membro del club né era mai stato un candidato. Fin dall'inizio, con Richard era stato diverso: ci sentivamo così in sintonia che mi sembrava di conoscerlo da sempre; avevamo una lunga carrellata di cose in comune; passavamo ore e ore a ridere insieme. Mi facevano male le guance da quando lo conoscevo, per le risate che mi aveva regalato.

Era un ragazzo tenero, uno di quelli che avresti potuto trovare tra gli esempi della definizione "bravo ragazzo" nel vocabolario. Abituato a fare le cose per bene e senza fretta, non aveva mai baciato una ragazza al primo appuntamento. Aveva rispettato questa abitudine anche con me, senza risparmiarsi comunque il dono di una rosa per sciogliere il mio cuoricino di ghiaccio. Ero diventata bordeaux e sarebbe stato un momento bellissimo per baciarlo, ma sapevo che correre avrebbe portato solo guai.

San Valentino coincideva perfettamente con il nostro secondo appuntamento. Un appuntamento vero, non come quelli di cui avevo raccontato fino a quel momento.

Mi era passato a prendere, avevamo fatto aperitivo insieme e dopo una lunga passeggiata si era messo a piovere come non faceva da mesi. Per fortuna, a quel punto, era già ora di cena. Aveva prenotato in un posto che conoscevo ma in cui non ero mai andata. Uno dei ristoranti più eleganti in cui mi avessero mai invitata. Aveva scelto un posto non solo fornito di ottime birre, ma anche un posto in cui il cibo era celestiale. Lì dentro avevo mangiato la pizza più deliziosa di tutta la città, passando tutto il tempo del pasto in adorazione.

Aveva deciso di conquistarmi prendendomi per la gola e sapeva esattamente come fare. Non era stato un San Valentino con fiori e cioccolatini, perché forse sarebbe stata una mossa azzardata al secondo appuntamento, ma era stato comunque bello. Dopo il ristorante avevamo corso sotto la pioggia fino a raggiungere la macchina, poi mi aveva riaccompagnato a casa facendo il giro largo.

Il bello di passare del tempo con Richard era che non c'erano momenti di silenzio, perché gli argomenti non accennavano mai a finire. Avevamo passato quasi altre due ore a chiacchierare sotto casa mia e dopo un abbraccio, mi ero accoccolata con la testa sulla sua spalla. Avevamo continuato a parlare così, finché alla fine non avevamo resistito più.

Il bacio era arrivato. Lentamente, un bacio calmo e dolce seguito da un altro meno incerto.

Mi ero sentita bene, sia quella sera che in quelle successive, rendendomi conto di quanto mi piacesse in realtà essere corteggiata in quel modo. Richard era un bocconcino invitante sotto ogni punto di vista ed infatti, nonostante il desiderio di andarci piano avevamo messo la quarta marcia subito dopo il primo bacio ed ero finita sopra di lui. Mi sentivo come calamitata da lui, dal suo corpo e dalle sue labbra.

Il timore di rivivere il dolore di giugno era persistente, ma il suo carattere e i suoi atteggiamenti erano così diversi da quelli di Victor, che non mi sentivo davvero in pericolo quando gli stavo vicino. Avevo di fronte una persona lucida, razionale, in grado di pensare con il cervello e non con il suo membro in qualunque situazione. Era quello di cui avevo bisogno.

Dopo San Valentino ci eravamo visti ancora, ancora e ancora... avevo avuto modo di vederlo a carnevale e anche nel quotidiano, quando ci eravamo visti per studiare insieme. Averlo davanti in momenti meno romantici, meno preparati o formali ci aveva avvicinato e sotto sotto questo mi aiutava a lasciarmi alle spalle il club delle collane di perle e la mia indole da cacciatrice.

Mi chiedevo se l'avrei mai persa, quella voglia di cacciare. Ero presa, tanto presa da Richard... ma ogni volta che mi ritrovavo una preda invitante davanti, era difficile resistere. Mi ero ritrovata a caccia anche quando in realtà non avevo nessun bisogno di sesso: mi interessava la conquista, non il riscatto del premio. Avevo un debole non per gli uomini in sé o per il sesso, ma per quelle sensazioni che cacciare mi regalava.

Richard mi dava sensazioni diverse, era una persona totalmente diversa da me e non nascondo che questo a volte non mi faceva sentire tanto all'altezza. Dentro di me una voce si ripeteva sussurrandomi che non sarebbe andata avanti per molto, pensavo che prima o poi avrei dovuto ammettere a me stessa che mi sarebbe mancata la mia vecchia vita, le mie vecchie abitudini.

Per non rendere inutile la presenza di questo personaggio dovrei anche parlare di come mi ha aiutato nel mio percorso per superare il dolore che mi ha squarciato l'anima. Richard non mi aveva aiutato volontariamente, né aveva compiuto gesti che in qualche modo mi avevano aiutata o portata a una ricaduta. Con la sua sola presenza, con i suoi modi di fare e con il suo modo di essere, Richard si era distinto da Victor così tanto, da ricordarmi che al mondo non esistevano solo persone cattive. Cattive o cresciute con l'idea che certi gesti fossero legittimi o giusti. Mi ha ricordato che avrei potuto sentirmi al sicuro anche con qualcuno a cui tenevo, mi ha dato speranza facendomi sentire pronta ad aprire il mio cuore a qualcuno. Con lui avevo timore che si stancasse, oppure di combinare qualche guaio... ma non avevo timore di costruirci un'intimità sessuale esclusiva e duratura. Era una cosa che non mi era mai capitata, nemmeno con colui che mi aveva avvicinato per primo al sesso dopo la violenza.

Improvvisamente non mi sembrava più tanto impossibile l'idea di concedermi ad una sola persona per un periodo prolungato nel tempo. Era un grosso passo, un passo che non avevo fatto con nessuno che avesse mai avuto a che fare con il club delle collane di perle. Il fatto che lui non c'entrasse con il club però, era un motivo in più per lasciarmi alle spalle quelle mie abitudini? Avrei dovuto considerarlo un messaggio della vita? Se il passo più lungo lo avevo fatto con qualcuno che non faceva parte del club, il club aveva davvero avuto senso?

Troppe domande la cui risposta era troppo complicata da formulare. I pensieri si erano moltiplicati, una parte di me voleva difendere ogni cosa avesse a che fare con l'idea che mi aveva portata a riempire questo quaderno; l'altra parte di me, invece, non sapeva più se quella fosse davvero d'aiuto o se fosse solo una scusa... un motivo più profondo da utilizzare come giustificazione a una condotta moralmente deprecabile.

Per farla breve, era un vero percorso psicologico o lo avevo creato e vissuto solo per comportarmi da meretrice senza essere giudicata?

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