Capitolo 15

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La scuola era sempre stata un ricordo vago per Thomas. Non ricordava cosa significasse portare la divisa, stare sempre con lo zaino in spalla o seduto al banco, mentre gli insegnanti spiegavano lezioni interminabili su argomenti più o meno interessanti; ed era sicuro che non avrebbe più voluto sperimentare niente del genere in prima persona. Quello che, era sempre stato sicuro che non avrebbe mai sperimentato, era l'aspettare un bambino all'uscita da scuola. Ricordava quando sua mamma lo aspettava, appoggiata alla macchina con una sigaretta tra le mani, senza parlare con nessuno. Generalmente leggeva un libro, fino a che non sentiva la campanella e allora, e solo allora, si avvicinava, abbracciandolo quando lo vedeva correre verso di lei, per poi dargli ogni giorno un piccolo regalino, che poteva essere un cioccolatino, una caramella o un pacchetto di figurine. Thomas ricordava di quei momenti ogni giorno, da quasi tre settimane. Se ne ricordava quando andava a prendere Caleb a scuola, cosa che ormai faceva tutti i giorni. Si metteva vicino l'entrata e aspettava, senza fumare però, perché non voleva essere sgridato da nessuno dei genitori abbastanza snob che aleggiavano nel parcheggio. Aveva conosciuto qualche mamma, che si era presentata a lui con fare ammiccante, e lo avevano riempito di domande, alle quali rispose nel modo più discreto possibile.

Quella mattina, era seduto sul solito muretto da qualche minuto, abbastanza in anticipo, quando vide il gruppetto di mamme avvicinarsi. Sorrise verso di loro, girandosi poi verso l'orologio esterno per vedere quanto mancasse al suono della campanella.

«Oh ciao Thomas» Chiese quella che aveva riconosciuto come la mamma del migliore amico di Caleb, la signorina divorziata Karen. Era una donna di una bellezza oggettiva, aveva si e no trentadue anni e, dai suoi racconti, aveva divorziato dal marito da poco. Come ogni giorno in quelle tre settimane, provò a parlare con lui maliziosamente, avvicinandosi e cercando un qualsiasi tipo di contatto fisico.

«Ciao Karen, ciao anche a voi signore» disse poi, rivolto alle altre due che erano sempre rimaste in disparte e in silenzio.

«Come stai?» Chiese lei, spostando i capelli con un colpetto di testa, per poi portare un unghia smaltata alla bocca, mordendola con i denti.

«Tutto bene, voi?» Chiese lui, cordialmente, sperando che il suo salvatore arrivasse presto.

«Molto bene, sono andata in palestra stamattina, si vede?» Chiese lei, girando su se stessa nel suo vestito a tubino striminzito. Thomas le diede uno sguardo veloce, non sapendo bene come farle capire che i suoi gusti non erano esattamente in linea con ciò che lei era.

«Si, certo» disse lui, sorridendole, per poi spostare lo sguardo verso l'entrata, constatando che mancassero ancora dieci minuti.

«Che ne dici se magari un giorno, invece di tornare a casa portassimo Caleb e Joe a fare una passeggiata al parco e magari poi passate da me, che ne dici?» Chiese lei, avvicinandosi e mettendo una mano sulla sua spalla, mentre con l'altra gli sistemava il colletto della camicia, fissandogli le labbra.

«Non credo sia una buona idea Karen» disse Thomas, prendendole i polsi per farle abbassare le mani.

«E perché mai? Se non puoi in orario di lavoro puoi venire dopo, magari quando Joe è da suo padre. Tanto a che ora riporti Caleb a Newt? Verso le otto?» Chiese lei, tornando vicino a lui, continuando a cercare un contatto fisico.

«No veramente Karen, credo tu abbia frainteso tutto» disse Thomas, per poi guardare verso il parcheggio, sospirando per la felicità.

«Oh grazie a Dio» sussurrò, in modo che lo sentisse solo lui, quando vide Newt camminare verso di loro, ancora vestito da lavoro, con le maniche della camicia arrotolate e la cravatta allentata. Era ancora più bello degli altri giorni, perché quella camicia gli fasciava il busto e lo metteva in risalto, ma il vero motivo era che lo stava per salvare dalle grinfie di Karen.

Lightning || Newtmas AUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora