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Non voglio chiedermi quanto può aver stravolto la mia vita ricontare Joe. Non ora ameno che sto facendo pipì su uno stick di plastica bianca, sperando in tutte le lingue del mondo di non essere incinta.
Sono settimane che rimando, il seno indolenzito mi ha fatto pensare alla sindrome premestruale, solo che questa non può durare in eterno. Non può essere di Joshua, con lui sono sempre stata molto attenta, ma la vigilia di Natale, dove avevo messo il buon senso?
«Amber? Sono gay, ma non posso entrare nel bagno delle donne» Mark mi attende oltre la soglia. Ringrazio che ci sia lui, perché io avrei continuato a rinnegare la realtà, invece lui stamattina si è presentato con un test doppio perché meglio sempre verificare.
«Mark non ho il coraggio di guardare» pigolo. Ho lasciato lo stock sul lavandino bin posizione orizzontale come scritto sul foglietto illustrativo e mi sono seduta dalla parte opposta, a sbattere la testa al muro.
«Amber, io ti amo, ma quel coso non lo tocco, visto cosa c'è dentro!»
«Non sei un po' fetish?» ringrazio di avere lui che mi fa sorridere.
«Ho tantissime perversioni, ma non quella!» la sua voce mi arriva ovattata da oltre la porta, ma posso immaginare le sue mosse e l'espressione del viso. Credo non potrei farlo con nessun altro è questo mi fa paura. Per quanto lo adori, la persona che dovrebbe essere con me in questo momento non è Mark. E di quella persona ricordo i tratti perché sono incisi a fuoco, ma non posso prevederne le movenze. La realtà è che non ci conosciamo affatto e che io non gli ho detto che non ero protetta e lui non l'ha fatto a sua volta.
Raccimolo tutto il coraggio che posso avere e recupero lo stick. Due linee inequivocabile. Ho un tuffo al cuore, ma la mia coscienza in fondo sapeva già la verità. Le donne lo sanno, dicono.
Esco e l'espressione sul mio viso deve avvertire Mark che il fattaccio è fatto, perché mi abbraccia senza proferire parola.
«Volendo» si slaccia.
Non lo lascio finire. «No!»
Volevo un figlio dopo una notte di sesso bollente. No. Neppure in una relazione stabile, eppure ora c'è e devo fare ciò che giusto. Non per la sindrome della brava bambina, come direbbe Anna Rose, ma perché in cuor mio so che è l'unica opzione. Solo che non so come farò.
«Almeno non dovrai dirlo a Joshua» Mark fa spallucce e indossa l'espressione finta affranta.
«Pensavo ti piacesse» ho gli occhi lucidi, un groppo in gola, eppure, Mark mi strappa un sorriso.
«No, non molto. Ti ho mai raccontato di quella volta» mi prende a braccetto e mi trascina per i corridoi. Sa che sto per mettermi a piangere, sa che Choice è un covo di vipere pronte a tutto pur di prendere il mio posto e vuole proteggermi. «Quando me lo hai presentato e io gli ho dato la mano, beh ho visto che dopo se l'è pulita nei pantaloni!» tipico di Joshua, politicamente corretto, ma misogeno fino al midollo.
«Volevo dirgli che la fighezza gay non si attacca agli scemi» mi sfugge una lacrima e un sorriso. «Ma ho lasciato correre solo perché tu avevi gli occhi foderati. Per fortuna sei rinsavita!»
Diciamo che Joshua e soprattutto la sua famiglia non hanno apprezzato il paginone centrale di Choice di gennaio. Neppure la tanto vantata amicizia con il direttore del giornale ha fermato lo scandalo. Normalmente Choice non è un giornaletto di gossip, ma l'esplosione della coppia del momento ha scatenato un certo interesse, tanto che abbiamo dovuto andare in ristampa a metà mese. E io ho salvaguardato il mio posto. Non che sia la mia priorità.
Mark mi lascia dopo avermi accompagnato fino alla scrivania.
«Certo, Amber» urla così forte che sobbalzo «Non vuoi essere disturbata!» mi scocca un'occhiolino. Le separatorie di vetro mi permettono di scorgere le galline di Sonia già pronte a razzolare in questa parte del corridoio per captare le ultime novità.
«Tieni duro, amica mia» sussurra Mark. «Stasera ti porto del buon sushi take away e potrai sfogarti in compagnia  mia e di una buona bottiglia di vino.»
Gli sorrido triste.
«Non credo di poter bere e devo informarmi su cosa posso mangiare.»
Mark mi guarda come se avesse appena pestato una cacca con le sue scarpe preferite. Prada, conoscendolo.
«Va bene, allora popcorn e film. Andiamo sul sicuro!»

Popcorn e film. Sono accasciata sul divano del mio appartamento in Newport Parkaway, dalle vetrate del salotto mi godo la vista del fiume Hudson al tramonto e lo Skyline di New York. 
Dovrò rinunciare a ciò per cui ho lavorato tanto per un solo singolo errore? No, non voglio definire il piccoletto che sta crescendo dentro di me come un errore, ma come potrò mantenere il mio attuale tenore di vita, quando ci sarà? Lavorare dodici o quindici ore al giorno, non essere mai a casa. Dare a altri la gestione delle sue necessità quotidiane. Dirlo ai miei. Rendere partecipe Joe.
E se lui non volesse? E se mi dicesse di abortire?
Sarebbe... Perfetto.
Non avrei niente da spartire con lui. Non dovrei starlo a sentire per la cura e la gestione educativa. Potrei continuare con la mia vita e il mio lavoro. Ma se lui volesse essere presente nella vita di suo figlio? Questo sarebbe una tragedia.
Ho bisogno di bere, ma non posso. Vedo i fotogrammi passare, senza mai essere coinvolta. Di cosa parla questo film?
Una commedia romantica. Le odio, ma Mark le adora e visto che è qui per me, il minimo è accontentarlo.
E mentre i fotomontaggi prendono senso davanti ai miei occhi, anche un'idea mi balena nel cervello.
«Stai meglio?» Mark mi vede sgranocchiare qualche popcorn.
«Sì, penso di aver deciso cosa fare.»

La Magia Della NeveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora