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Sono sulla soglia della mia camera e osservo la mia famiglia che si prepara ad andare a dormire. È stata una serata piuttosto caotica e Mary Rose sta faticando a mettere calmi i suoi ragazzi per la notte, così mamma la sta aiutando con Abigail e Robert, i due piccoli e Anna Rose ha invitato Lisa, Dean e Greg nella sua stanza e sembra che stia raccontando loro una storia di paura. Perciò di tanto in tanto Mary passa per i corridoi, sospirando.

«Papà?»

Lo intercetto prima che riesca a chiudersi in camera. Mi guarda e ha un attimo di esitazione.

«Come sta Joshua?» Lo chiede per prendere tempo, lo conosco e vista l'accoglienza non ci vuole un mago a capire che Joshua non gli stia a genio.

«Riposa» glisso, ho bisogno di sapere cosa mi sta nascondendo.

«Joe dice che devi dirmi qualcosa» butto lì.

«sarà lui che ha tanto da nascondere» stiletta inacidito. Non ci vuole una giornalista per capire che qui c'è parecchia carne al fuoco.

«In che senso?» so che non è il modo per arrivare a mio padre, infatti si mette subito sulla difensiva.

«Joe dovrebbe imparare a farsi i fatti suoi» e su questo posso anche essere d'accordo. Ma non soddisfa la mia curiosità. Nemmeno un po'.
«È stata una giornata movimentata, buona notte. E se puoi domani calza qualcosa di più consono e vieni a darmi una mano. Caviglia permettendo.»
Eccola lì, la delusione di un padre che credeva di aver cresciuto una ragazza dedita alla campagna e invece si trova tra le dita una fashion victim che ha fatto della sua passione un lavoro.
«Credevo che almeno tu avresti capito cosa significa lavorare per passione o per dovere. Buona notte.»
Chiudo il discorso prima che la sensazione di inadeguatezza mi serri la voce e mi manchi il respiro.
«Amber Rose?» soffia. È un sussurro. Sto per girarmi per tornare in camera, ma mi blocco. L'orgoglio perde in due secondi netti, perché se mio padre chiama, io non posso non rispondere. È stato così da sempre, anche quando mi metteva in castigo o mi sgridava. Alzo gli occhi su di lui. L'ho sempre visto come un super eroe, indistruttibile, ma stasera mi sembra invecchiato e stanco. Faccio un cenno per dirgli che ha tutta la mia attenzione ed è così. I suoi occhi azzurri diventano acquosi.
«Non c'è bisogno di essere sempre perfetta. Chi ti ama, ti ama e basta.»
Mi si spezza il respiro. O forse riesco a riprendere fiato dopo un' apnea infinita.
«Puoi sbagliare. Puoi cadere. Noi faremo sempre il tifo per farti rialzare.»
Sbatto le palpebre perché rischio di mettermi a piangere. Nella mia vita, quella quasi perfetta, non è così. Ci sono molte persone che gioirebbero di una mia caduta. Troppe. Perciò devo sempre essere all'altezza. Vorrei confessare a mio padre la verità, ma sono intenta a cercare di contenere il marasma di emozioni.
«Anche l'amore non pensare sia un atto di diplomazia. Le famiglie sono costruite sulla comprensione, la stima e l'affetto, non sugli equilibri. Non dimenticarlo mai.» mi sento di nuovo sopraffatta, ma gli sorrido.
«Buona notte.» stavolta è lui a chiudere il discorso. Mi gira le spalle io mi rifugio in camera come una ragazzina, l'unica differenza è che invece di sparare la musica a tutto volume per allontanare il mondo fuori, mi trovo ingabbiata nel silenzio interrotto solo dal respiro profondo del mio quasi fidanzato perfetto. Perché lui è perfetto per la mia vita perfetta a Manhattan.
Appoggio una mano sullo sterno per capire se sto ancora inspirando in modo regolare. Sì, tutto a posto. O forse no. Chiudo gli occhi e respiro.
Solo sei giorni e tutto tornerà alla normalità.
Così mi sdraio al suo fianco e anche io cerco la pace in un sonno che tarda a venire, o l'idea del secolo che salvi il mio deretano.

Mi sento tirare a terra. Non faccio in tempo a lanciare un grido di aiuto perché una mano mi copre la bocca. Sono immobilizzata. Guardo in alto e nella penombra della camera vedo quel deficiente di mio fratello maggiore solo per qualche secondo.
«Cavalcata di Natale» mi sussurra all'orecchio. Le tradizioni di famiglia in casa Jefferson per Natale sono molte. La prima è la cavalcata notturna la notte dell'antivigilia. Me ne ero dimenticata o più correttamente speravo di essere esonerata. Mi trascina fuori dalla stanza da letto.
Ci provo «Non posso venire a cavallo, sono incinta.» e metto una mano sulla mia pancia cercando di buttarla in fuori.
«Scusa già usata dalle altre sorelle» Andrew mi liquida. «E abbiamo ritenuto valida solo quella di Mary Rose visto i precedenti.» Joe.
Mi ero dimenticata che anche lui fosse parte della tradizione di famiglia. Fingo di non averlo neppure sentito.
«Aspetta chiamo Joshua.» dentro di me so che occhio nero più cavalli non lo renderanno felice, ma mi dispiace fare questa cosa senza di lui.
«Lascia perdere il babbione, non sa stare sulle sue gambe, figurati se sa stare su un cavallo.» scocco un occhiata gelida ai due deficienti che ridacchiano.
«Ma quanti anni avete? Due?»
«No, uno per uno» a volte l'acidità di Anna Rose è dalla mia parte e quelle volte mi fa proprio comodo. Ahimè io tendo sempre a essere troppo educata anche con chi non se lo merita. Torno in camera e provo a svegliare Joshua. Sarà la botta, sarà il mio letto che ora si è accaparrato per intero, non riesco a fargli aprire l'occhio buono.
«Allora» stride Andrew da oltre la soglia.
Allora niente, sbuffo.
Poi penso a come sono vestita. So che effetto faccio agli uomini. Mi volto verso i due con addosso la mia camicia da notte in seta fumo di Londra. Il pizzo sul seno crea un effetto vedo non vedo e le frange nere sulla lunghezza mi arrivano a coprire appena la linea del gluteo. È una delle preferite di Joshua.
«Non vorrete che venga a cavallo così?»
Joe rimane ammutolito. Andrew mi schiaffa addosso un paio di jeans e una camicia di flanella. Fa segno al suo amico di smetterla di guardare, se no gli  strappa gli occhi e a me ordina «Vestiti.»
Sbuffo e faccio come mi dicono.
«Mi sa che siamo tutti» Mary Rose ci ha raggiunto. È felice, raggiante e meno disperata di come l'ho vista oggi. Siamo di nuovo tutti insieme. Cosa potrà mai accadere di brutto?

La Magia Della NeveDove le storie prendono vita. Scoprilo ora