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"Simo', però che cazzo! Perché te sei ridotto così?"
Manuel stava cercando di trascinare Simone, più che ubriaco, davanti la porta di casa sua.
"Così come?"
"Stai tutto 'mbriaco, ma se sai che non reggi, perché bevi così tanto? Non me posso allontana' n'attimo, oh"
Simone si era appoggiato a lui e aveva iniziato a ridere.

"Le chiavi di casa dove le tieni?"
Simone aveva fatto spallucce.
"Vabbè, mo me la vedo io"
Manuel aveva iniziato a tastare tutte le tasche di Simone.
"Eddai, Manu, non davanti casa mia!"
"Simo', ma che voi?"
"Questo lo puoi fare in camera, non nel giardino di casa mia"
"Ao, sto a cerca' le chiavi, calma i bollori che c'hai in corpo"
E Simone aveva continuato a ridere.

Dopo una ricerca durata parecchio tempo, Manuel aveva trovato finalmente le chiavi e aveva aperto la porta.
"Manu, senti, lo sai che-"
"Statte zitto che se se sveglia tuo padre so cazzi"
Simone aveva fatto una smorfia, sembrava un bambino a cui era appena stata negata una caramella.
"Moviti, saliamo 'ste scale"
E appena aveva messo il piede sul secondo gradino, Simone era crollato a terra, e Manuel, ormai spazientito, lo aveva tirato su.

"Vie qua, ti porto in braccio"
"No, ce la faccio"
Manuel avrebbe voluto tirargli uno schiaffo.
"Non ce la fai"
"Sei tu che non ce la fai a portarmi in braccio"
"Io ce la faccio a fa' tutto, mo nun me rompe er cazzo e fatti prendere in braccio perché, fosse l'ultima cosa che faccio, se nun te fai porta' sopra te tiro 'na craniata nei denti"
Simone aveva abbassato la testa, offeso e aveva mormorato qualcosa che l'altro neanche aveva capito, poi, rassegnato, si era fatto portare in camera sua.

Non che portare Simone in braccio non fosse stato faticoso per Manuel, considerando la differenza d'altezza e il fatto che il più piccolo fosse troppo muscoloso in confronto a Manuel, che i muscoli non sapeva neanche cosa fossero.
Ma Manuel non l'avrebbe mai ammesso. Era così orgoglioso e così testardo che non aveva mai voluto ammettere niente. Non aveva voluto ammettere che Simone fosse decisamente troppo pesante per uno piccolino come lui, come, nello stesso modo, non aveva mai voluto ammettere che quei gesti li faceva solo per amore. Ogni piccolo gesto verso Simone era sempre e solo per amore.

Erano arrivati nella camera di Simone, e Manuel aveva letteralmente buttato Simone sul letto come un sacco di patate.
"C'hai bisogno di qualcosa? Devi vomitare? Vuoi bere? Vuoi dormire?"
Simone aveva sorriso, con le guance rosse e gli occhi enormi.
"Ho caldo"
E aveva iniziato a dimenarsi sul letto per togliere il maglioncino che aveva messo sopra la camicia bianca.
Manuel l'aveva fermato.
"Simo', stiamo a metà gennaio, mo ti metto sotto il piumone e non fai storie"
"Ma io ho caldo!"
Manuel aveva tirato un sospiro.
"Senti, tu mo mi devi sta a senti', se ti spogli, rischi di prendere la febbre e non va bene, quindi per favore infilati sotto a 'sto cazzo de piumone"
E come aveva fatto sulle scale, Simone si era arreso di nuovo. Forse perché inconsciamente sapeva che quello era il modo in cui Manuel gli dimostrava che a lui ci teneva.

"Vieni con me?"
"Dove?"
"Sotto al piumone"
Non se l'era fatto dire due volte, aveva tolto le scarpe e si era messo accanto a Simone, stando ben attento a non toccarlo troppo, anche perché sapeva che stava rischiando l'autocombustione. Ovviamente, in un letto singolo, era impossibile non toccarsi, soprattutto con Simone che si avvicinava sempre di più a Manuel.
"Ao, mo me butti giù dal letto però"
"Manu, ma io ho freddo"
"Ah mo c'hai freddo? Fino a due minuti fa c'avevi caldo, fai pace col cervello stasera?"

"Allora, se tu ti metti steso sulla schiena, io posso mettere la testa sulla tua spalla e poi ci abbracciamo perché io sto morendo di freddo"
Posizione rischiosa per Manuel, perché il battito del suo cuore in quel momento l'avrebbero potuto sentire anche a Milano.
"E va bene, facciamo così"
Dopo interminabili minuti passati in silenzio, Manuel era convinto che Simone si fosse addormentato, così aveva chiuso gli occhi e aveva provato a dormire.

"Manu?"
"Eh?"
"Sei sveglio?"
"No, stai a parla' col muro, appena Manuel se sveglia t'avviso"
"Ah okay, scusa muro, buonanotte"
Si era risistemato sulla spalla di Manuel.
"Simo', ma non è che stasera hai pippato qualcosa, ne'?"
"Ah, ma allora sei sveglio!"
"Vabbè, Simo', lasciamo sta'"

"Io comunque, ecco, volevo dirti una cosa"
Manuel aveva iniziato ad accarezzare il braccio di Simone che lo circondava.
"Dimmi"
"Sono triste"
"Perché? Che è successo?"
"Nessuno mi ama, Manu"
"Ma che cazzo stai a di'?"

E in quel momento Manuel si era ricordato della regola dell'alcol su Simone. Due erano le alternative: o era euforico, troppo euforico, decisamente insopportabile; o triste, con mille paranoie e mille domande insensate nella testa, che poneva a chiunque gli si trovasse davanti. E quella sera, la seconda opzione aveva deciso di entrare nella testa di Simone.

"Nessuno mi ama, nessuno mi vuole"
Manuel aveva iniziato ad accarezzare la guancia di Simone con il pollice.
"Ma non è vero, io ti voglio bene, tuo padre, tua nonna, tutti quelli de classe, la tua squadra de rugby, ti vogliamo tutti bene, non le di' più 'ste cose"
"Ma io non intendo quello, io parlo di, uhm, una persona che ci tiene a me in un altro senso"
E Manuel, purtroppo, aveva capito. Ma per lui era meglio far finta di nulla.

"In un altro senso?"
"Eh, sì, tipo un fidanzato"
E Manuel avrebbe voluto urlargli che lui voleva essere il suo fidanzato da mesi, che voleva baciarlo, dormire con lui e tenergli la mano davanti a tutti. Voleva far sapere a tutti che lui era innamorato della creatura più bella che avesse mai visto.
"Lo troverai, no?"
E il tremolio delle sue labbra quando aveva pronunciato quelle parole, avevano fatto trasparire la paura di Manuel, perché sapeva che per Simone, lui non era incluso nel discorso. Lui era solo il suo migliore amico, nulla di più.

"Non credo"
"E invece io te dico di sì"
E poi, per un attimo aveva scollegato la testa dalla lingua, era troppo impegnato a fare le carezze a Simone.
"Lo vuoi sape' un segreto?"
Simone aveva annuito contro la sua spalla.
"Allora, ce sta 'na persona che per te ce more, Simo', ma tu non te n'accorgi"
Simone aveva alzato la testa, un luccichio negli occhi.
"Davvero?"
"Davvero"
"E da quando lo sai?"
"Da qualche mese"
"E perché allora non me l'hai detto?"
"Perché lo decide lui quando vuole farsi avanti"

"Ma io ora voglio sapere chi è!"
"No, Simo', non te lo dico"
Simone si era seduto all'improvviso, la stanza che continuava a girare e Manuel che lo guardava, ancora steso, con la mano che gli stava accarezzando il viso a mezz'aria.
"E io invece lo voglio sapere! Lo conosco?"
"Sí"
"È bello?"
"E io che ne so, la bellezza è soggettiva"
Poi Manuel gli aveva preso delicatamente il polso.
"E mo rimettiti sotto le coperte che fa freddo"

Simone si era rimesso nella stessa posizione, abbracciato a Manuel sotto il piumone.
"Manu, mi fai una promessa?"
"Dipende"
"Puoi parlare con questo ragazzo e dirgli che deve farsi avanti e non deve avere paura? Io non mangio nessuno e poi sono troppo curioso"
"Non te lo dirà mai, mi dispiace"
"Ti prego, Manu, anche un mezzo segnale, prova a fare qualcosa"
"Va bene, Simo', ci proverò, mo però dormiamo, che è tardi e tu sei stanco"
Simone si era stretto di più a lui.
"Grazie Manu, ti voglio bene, buonanotte"
Manuel non era neanche preoccupato, tanto, ubriaco com'era, Simone, la mattina successiva non si sarebbe ricordato mezza parola di quella conversazione che avevano avuto.

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