Capitolo 1

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Avevo 32 anni, era una nevosa domenica d'inverno. Accanto a me dormiva profondamente una donna dal volto anonimo. Rimasi sdraiato, fissando il vuoto, ripensando ancora una volta a come, a causa di quel terribile incidente, la mia vita divenne insopportabile.

La mia mente stava ripercorrendo limpidamente ogni singolo dettaglio di quella giornata fatale: la leggera pioggia che batteva sul parabrezza dell'auto, il tiepido sguardo di Lauren, mia moglie, stanca della lunga passeggiata fatta nel pomeriggio, il sorriso illuminato e contagioso di mio figlio, Tyler.

Il sole appariva come risucchiato dalle colline, emanando un'aura opaca che attraversava tutta la valle. L'odore della pioggia che filtrava dal finestrino appena aperto, le vaste distese di campi e le piante che si piegavano appena colpite dalle precipitazioni ricreavano un paesaggio memorabile. Era una tipica giornata d'ottobre. 

< Tyler, guarda, vedi quel volatile? È un falco > Dissi mentre svoltavo a un incrocio.
< invece di guardarti intorno e fare il biologo, mantieni l'attenzione sulla strada. Attento! > urlò Lauren, mentre i fanali di un veicolo penetravano le mie pupille.

La donna sdraiata accanto a me cercò una posizione comoda, e io, ancora assorto nella solita malinconia mattutina, mi alzai con fatica e mi diressi in cucina. 

Mentre versavo il latte caldo con del caffè nella tazza, vidi Lauren seduta davanti al tavolo da pranzo mentre aiutava Tyler a terminare lo studio delle placche tettoniche e dei terremoti. Tyler detestava studiare, come tutti i bambini, e non perse tempo a lasciare la madre a parlare tutta sola di come il calore si propaghi dal centro della terra fino alla crosta. Stavo per avvicinarmi a Lauren, quando al suo posto comparve la donna che avevo lasciato sul letto qualche minuto prima.

Quella stanza era così diversa da quando Lauren e Tyler non c'erano più.

< Hai preparato qualcosa da mangiare anche per me, vero? > chiese sbadigliando. Dopo averle portato del caffè, quella iniziò a guardare la parete gialla di fronte a sè, osservando in particolare un quadro che ritraeva me insieme a mia moglie Lauren e mio figlio Tyler.
 
< Sei sposato? >.
< Lo ero >.
< Vi siete lasciati? >.
< È morta >.

A quel punto la conversazione si arrestò. Dopo aver bevuto il suo caffè, la donna mi chiese se potevo chiamare un taxi che la portasse a casa, e dopo una mezz'ora ero solo.

Accesi la TV, tentando di ascoltare quanto stesse dicendo il conduttore di quel talk show che andava sempre in onda alle 9 del mattino < Si stanno facendo grandi passi avanti sul campo sperimentale, e secondo gli studiosi, la criogenia potrà divenire… >.
< Quell'uomo ha delle orecchie sproporzionate, troppo grandi rispetto alla sua testolina > pensai, e subito dopo la mia testa si era liberata dal corpo, viaggiando, o meglio, annegando, nel mare del passato. Spensi la TV, data la mia noncuranza sull'argomento, e decisi di andare a fare due passi.

Comprai dei fiori e feci un salto al cimitero. C'era un vasto cancello all'entrata, e dopo alcune edicole, un ampio terreno con le lapidi, disposte in perfetto ordine. Il sentiero era stato da poco spalato dalla neve, e nel cimitero non si vedeva anima viva, se non per un vecchietto che fissava immobile una pietra tombale.
Giunsi dinnanzi alla tomba di Lauren e Tyler, entrambe le lapidi segnavano data 23 ottobre 2029.

Poggiai i fiori all'interno di un contenitore cilindrico in metallo e stetti in silenzio a fissare i nomi incisi sulla roccia.

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