Capitolo 3

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Quel giorno mi fermai in una biblioteca dall'aspetto squallido, doveva essere un edificio particolarmente antiquato, e mi sedetti su uno dei tavoli accanto all'ampia vetrata che dava sulla strada.

Non so perché vi entrai, non toccavo un romanzo da mesi, ma avevo bisogno di un posto tranquillo per distrarmi dal mondo esterno. Scelsi un romanzo a caso nella sezione narrativa e, sfogliando le pagine, mi arrivava alle narici l'odore tipico della carta, odore che accolsi quasi con sollievo, come se dopo un lungo viaggio, fossi finalmente tornato tra le calde mura di casa. Questa è una di quelle sensazioni che permangono, sottopelle, aspettando di essere risvegliate al momento propizio. Ho sempre amato leggere, ma dalla morte di Lauren e Tyler avevo perso qualsiasi voglia o stimolo di farlo.

Lessi fino all'imbrunire, quando, uscendo dalla biblioteca, digitai, con stupore nei confronti di me stesso, il numero di telefono di Darcey. Le chiesi se le andava di cenare insieme, in qualche locale. Lei dopo una breve attesa, accettò.

Tornai a casa, feci una doccia, mi sbarbai, e mi incamminai verso il locale nel quale io e Darcey avevamo concordato di vederci.

Quando entrai nel pub, lei non era ancora arrivata, dunque io presi posto in un tavolo per due e attesi il suo arrivo. Era un posticino poco affollato, nel quale io non ero mai stato.

La radio trasmetteva un motivetto natalizio, e la mia mente era già altrove. Tyler adorava il natale, e soprattutto la neve, e lo vidi fuori dalla vetrata, sul marciapiede, a slittare a causa del ghiaccio, e cadere ripetutamente a terra, per rialzarsi con grande facilità e cadere di nuovo. Vidi sua madre, che lo rincorreva, e scivolava a sua volta. Tyler rideva di lei, ma la madre, donna lodevole pedagogicamente ma poco paziente, lo prendeva per le orecchie e gli dava qualche pacca sulla nuca. Tyler Provava gioia con quelle piccole azioni, e nulla poteva contenere quella divampata intrinseca che lo dominava, che lo rendeva vivo, neanche la madre iraconda.

Non aspettai molto tempo prima che Darcey mi raggiungesse al tavolo. Indossava dei normali jeans e un maglione bianco, coperto da uno spolverino nero. Inoltre notai che portava un ciondolo con un anello d'oro, probabilmente una fede. Ordinammo e dopo aver espresso osservazioni riguardanti il mutamento di clima e sulla bontà del cibo, le raccontai della giornata, di come, passando per caso da una biblioteca, abbia riscoperto il mio interesse per la lettura.

< Fatico ad ammetterlo, ma è probabilmente grazie a te se ho ricominciato, dopo molto tempo, a dedicarmi ai romanzi. Sono praticamente costretto a ringraziarti... > le dissi con aria rammaricata.
< Non devi ringraziarmi di nulla. Vedi, la letteratura, così come le altre arti, funzionano proprio come dei cerotti, vengono applicati sulle ferite per farle rimarginare > con aria sapiente, stette per un attimo a riflettere su quanto aveva appena detto, fissando le travi del soffitto. Poi aggiunse < A volte mi meraviglio della mia stessa saggezza! >.

Quella sera mentre noi due conversavamo, riuscii, per la prima volta dopo mesi, a non rimuginare su quel maledetto incidente, e potei assaporare ogni boccone di quel mirabile piatto di pesce misto, masticando lentamente, gustandomi ogni singola porzione di cibo che appoggiavo all'interno della cavità orale.

Verso le undici di sera, lasciammo il locale e facemmo una passeggiata per le strade notturne della città.
Infine prendemmo un taxi e la accompagnai a casa. Davanti la porta della sua abitazione, chiacchierammo ancora prima di separarci.

< Quindi abiti in uno di questi appartamenti >.
< Non sono il massimo della privacy, ma l'affitto non è male >.
< Abiti da sola? >.
< Si. Prima abitavo con il mio ex, ma da quando ci siamo lasciati, ho affittato questo posto > affermò mentre portava gli occhi verso il cielo, forse guardando le stelle che tanto mancavano al topo di città quale ero. Io seguii il suo esempio e mi si illuminarono gli occhi di tutti quei puntini bianchi che tanto attentamente osservavo.

In quella buia strada di periferia il cielo era aperto ai nostri occhi, senza ingombranti palazzi o grattacieli fastosi.

< Vedi quelle stelle, lì, quel gruppo di stelle vicino quel comignolo rosso... si tratta della costellazione dell'orsa maggiore > le comunicai con convinzione.
< Ma cosa stai dicendo... Quella è la costellazione della giraffa! L'orsa maggiore si trova lì a destra > Mi rispose altezzosamente.
< Ah cavolo, di solito non vengo beccato quando dico queste stronzate >. Ed eccola che rideva, di gusto. È sempre bello vedere qualcuno sorridere per un proprio gesto, anche quello più banale e stupido. Di nuovo i miei processi cognitivi mi riportavano a Tyler, a quanto semplice fosse strappargli una risata. Aveva un eterno sorriso stampato sul volto, e quel suo sorriso si rifletteva su di me, mi rendeva sereno, felice, anche solo per pochi attimi.

< Sta accadendo di nuovo, sei di nuovo su un'altro pianeta, su un'altra stella > mi disse Darcey, riportandomi al presente.
< Scusami, hai ragione >.
< Non preoccuparti. Abbiamo tutti le nostre zavorre. Anch'io a volte faccio fatica a liberarmene. Certe volte provo a gettarle in acqua, ma c'è il rischio che mi tirino giù, in fondo all'oceano >.
< Già, per me è lo stesso, come per chiunque in questo mondo > feci fatica a trovare una risposta che non sarebbe risultata forzata. Non mi aspettavo di affrontare argomenti del genere. Tentai di cambiare l'argomento della discussione, e quasi percepii le ossa del mio piede fracassarsi sotto il peso della zappa che mi tirai addosso dopo che pronunciai la domanda che segue < A proposito di zavorre, come mai porti una fede attorno al collo? >.
< Intendi questa? Mi è stata regalata da mia madre, in punto di morte. È morta ormai 5 mesi fa > Darcey faceva di certo fatica a parlare della recente morte della madre. Provai ad essere più empatico, per una buona volta, mettendo da parte l'ironia.
< Mi dispiace. Forse non ci si abitua mai per davvero al dolore, ma dobbiamo continuare a vivere. Anche io ho affrontato un lutto di recente. È difficile non pensare a loro, e spesso lo faccio. La fede nuziale che prima mostravo con tanta fierezza adesso si trova nell'angolo più remoto del comodino >. Notai le sue sopracciglia inarcarsi, con volto grave mi fissava. Deglutii. Inalai una notevole quantità d'ossigeno. Buttai fuori lentamente anidride carbonica. Premetti le labbra con prepotenza e conclusi < Mia moglie e mio figlio sono morti due mesi fa in un incidente stradale. Io ero al volante e... > la mia voce faceva fatica ad uscire, mi mancava il respiro, come un atleta dopo una lunga maratona.

Così Darcey mi strinse a sè, riuscivo a sentire il profilo del suo corpo premere contro il mio, mentre il mio respiro scompigliava leggermente i suoi capelli. Il calore delle sue membra mi avvolsero, e quasi sentii la mia pelle scottarsi al contatto con il suo corpo invitante. Alzò il viso, e mi guardava dritto nelle pupille, come se stesse cercando delle risposte a domande inesistenti. Sentii nel mio petto lo scandire inesorabile del battito del mio cuore, che palpitava con maggior violenza in ogni attimo trascorso. Le sue labbra dischiuse si avvicinarono lentamente, molto lentamente, eravamo vicinissimi, indugiarono lì, a qualche centimetro dalle mie, per poi appoggiarsi appena contro la mia bocca.

Quella sera Darcey mi baciò.

Le sue labbra umide premettero contro le mie con delicatezza, mi carezzò il viso con la mano e le nostre bocche si separarono dolcemente.

I nostri corpi si divisero, e dopo un'ultima sbirciata, Darcey si dileguò nel buio del suo appartamento ed io rimasi immobile per qualche secondo prima di incamminarmi verso casa.

Procedevo con gli occhi fissi sui miei passi. Nella mia mente ero ancora davanti la porta dell'appartamento di Darcey. Un brivido percosse tutto il mio corpo, la confusione si accese in me, e il fuoco che ardeva nel mio petto mi stava sciogliendo. Vidi il suo volto mentre mi sorrideva, ma era un sorriso malinconico. Subito dopo il suo viso assunse un'espressione di dolore e dal suo petto vennero fuori con prepotenza fiotti di sangue. Si piegò, in ginocchio, mentre mi guardava negli occhi. Dietro di lei Lauren mi fissava, reggeva un pugnale insanguinato, il volto inespressivo e feroce...

Caddi a terra come un imbecille, davanti a me c'era soltanto una stradina vuota, la solita strada che percorrevo per tornare a casa. Mi guardai i vestiti, erano coperti del sangue di Darcey. Strizzai gli occhi, il sangue non c'era più.

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