Appena mi sveglio, mi sento gli occhi gonfi a causa del pianto. Non li apro subito, voglio godermi questa pace e ho bisogno di prendere coraggio per affrontare la giornata.

Per fortuna oggi è domenica e abbiamo un po' più tempo libero, ad esempio la mattina non abbiamo nessun impegno. Al pomeriggio, invece dovremmo avere degli allenamenti facoltativi ma fortemente consigliati. Questo equivale a: se non vuoi finire nella lista nera devi farli.

Dopo un po' decido che è arrivato il momento di alzarsi per fare colazione ma a dire la verità ciò che veramente mi spinge ad uscire dal letto è il bisogno di svuotare la mia vescica. Tenendo ancora gli occhi socchiusi cerco di alzarmi ma qualcosa me lo impedisce. Non essendo ancora del tutto sveglia, non capisco bene cosa stia succedendo e ci riprovo ma ciò che mi tiene ferma inizia a muoversi e a fare dei mugugni di lamentela.

Con gli occhi ancora socchiusi, mi incanto ad osservare in braccio che tiene bloccato il mio ventre. Mi perdo in quei tatuaggi talmente perfetti da sembrare un quadro e mi lascio andare mentre percorro con un dito la vena che delinea perfettamente ogni muscolo estremamente eccitante.

"Non fermarti" sussurra una voce maschile.

Il mio cervello, che non aveva intenzione di accendersi, si sveglia all'improvviso e in due secondi metabolizza tutto quanto. I tatuaggi diventano un nome, la vena diventa una tentazione e il braccio una persona.

Con lo scatto più veloce che io abbia mai fatto, mi alzo e mi posiziono il mio lontano possibile da quel torso nudo. La testa che prima si trovava sul mio petto, ora mi sta guardando male.

"Che ti prende?" domanda innervosito dal suo risveglio brusco

"Mi spieghi come ci sono finita qua?" Urlo evidentemente confuso.

"Ti ho portato io" mi risponde mettendo la testa sotto al cuscino.

"No dai, pensavo mi avessero rapita gli alieni." ironizzo nervosa.

"Ragazzina, non è il momento adatto per fare le tue battutine del cazzo" commenta con il suo solito disprezzo.

"Perchè sono qui?" ripeto la domanda agitandomi sempre di più.

"Abbassa quella voce stridula - mi ordina - Non è mica la fine del mondo. Ci sono molte ragazze che vorrebbero essere al tuo posto e tu hai avuto l'onore di realizzare il loro sogno" commenta.

"Tranquillo, si sono già preoccupati di informarmi di cosa succede in questo letto e mi fa vomitare il pensiero di aver dormito sotto queste lenzuola. Ho il forte bisogno di farmi una doccia per togliermi tutte le malattie venere" dico schifata.

"Non ti permetto di parlarmi così" esordisce alzandosi per guardarmi negli occhi e avvicinandosi.

"Però tu hai il diritto di darmi della troia davanti a tutti?" Chiedo retoricamente.

"È questo il tuo problema? Ti ho già chiesto scusa" si giustifica avvicinandosi sempre di più.

"No, che non lo hai fatto" controbatto.

"E questo cos'è?" Chiede indicando l'occhio.

Solo ora mi accorgo della macchia violacea che ha sullo zigomo. Mi viene l'urto del vomito al pensiero che sia stata io a provocare quel livido. Non mi è mai piaciuta la violenza; ho sempre sfogato la mia rabbia causando del dolore a me stessa, non agli altri. Allungo la mano per analizzare meglio il segno che ho provocato me nel momento in cui lo tocco, Elijah fa una smorfia di dolore. Immediatamente ritraggo il braccio e esco dalla stanza subito dopo aver sussurrato le mie scuse. Non sono nemmeno sicura che le abbia sentite ma non riuscivo a sopportare un secondo di più davanti alla vista della conseguenza della mia rabbia.

Tale padre, tale figliaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora