"Dottore, durante la scorsa seduta mi ha chiesto se io credo di essere stata punita ingiustamente, beh io credo di sì. Non mi viene in mente niente che io abbia fatto per meritarmi tutte le cose terribili che mi sono capitate in questi giorni. Forse sono un po' scontrosa e, a volte, troppo onesta ma a me non sembra una motivazione valida per punirmi in un modo così crudele" spiego all'uomo anziano che mi ascolta attentamente mentre sta seduto sulla poltrona del salotto.
"Io capisco la sua frustrazione, chi non lo sarebbe in una situazione del genere? - domanda in modo retorico - Però io non credo che ci sia qualcosa di superiore a noi che decide chi punire o meno. Penso però che ad ogni nostra azione corrisponda una reazione" mi spiega togliendosi gli occhiali e appoggiando il suo quaderno sul tavolino da tè.
"La prego dottore, mi spieghi cosa ho fatto; ho bisogno di saperlo, questa questione mi sta tormentando" lo supplico guardandolo con pietà.
"Io la conosco da appena una settimana, ma da quello che mi hanno raccontato credo che la sua unica colpa ed essere troppo innocente e giovane. Lei ha vissuto in paradiso fino a quando le crudeltà del mondo non le sono piombate addosso." mi spiega mantenendo un tono di voce calmo e basso che mi fa venire voglia di raccontagli ogni singola cosa mi sia successa da quando sono nata.
"Non so se ha ragione, ma se così fosse, non è una cosa che dipende da me" controbatto insoddisfatta dalla risposta che ho ricevuto.
"Lei ha perfettamente ragione: nessuno di noi nasce pronto per affrontare la vita. Purtroppo finché non accade qualcosa di brutto non siamo consapevoli di cosa sia il dolore e di come proteggerci da esso" mi spiega.
"Non credo di aver capito" puntualizzo confusa.
"Le sarà capitato di sicuro di cadere e di graffiarsi una gamba, giusto?" mi chiede.
"Sì" rispondo schietta.
"L'ultima volta che è successo, ha pianto? O ha provato un dolore atroce?" domanda.
"No"
"E' proprio questo quello che intendo: la prima volta che è caduta probabilmente lei non se lo ricorda ma il suo corpo sì. Quando è successo lei avrà pensato che quello fosse il dolore peggiore al mondo ed ora le sembra una banalità. Il suo corpo si è abituato, riconosce il dolore e si protegge da esso. Questo procedimento succede per ogni cosa nella nostra vita. Lei non ha sperimentato mai il dolore, o almeno fino alla morte di suo padre, per questo motivo è stata travolta e si sente persa. Se posso permettermi di darle un consiglio, è quello di non tenersi tutto dentro e di parlarne con qualcuno" mi spiega.
"A chi dovrei raccontare tutta la merda che ho dentro? Non ho più nessuno, sono completamente sola. Ho solo mia madre, ma anche lei sta soffrendo e non si merita di sapere anche quando sua figlia stia male" confido.
"Non credo che sua madre si sia accorta di quanto sua figlia stia male? Non sono le lacrime ciò che rivelano la sofferenza. Sua figlia ha lasciato casa per andare in un accademia militare da un giorno all'altro, ha segni di autolesionismo e nessuno sa come mai è finita in ospedale. Non pensa che questi siano segnali sufficienti per rendersi conto che lei non sta bene?" mi domanda quasi curioso dalla mia risposta.
"Però non cambierebbe le cose: se dovessi raccontarle come sto realmente domani io avrei ancora due costole rotte e un dolore immenso che mi tormenta costantemente" controbatto
"E' vero, ma lei si renderebbe conto che non è l'unica che prova quello che sta provando. Qualcuno, prima di lei, ci è già passato e potrebbe darle dei consigli d'oro su come superare il tutto. Il dolore sarà qualcosa che proverà per tutta la vita, purtroppo noi viviamo in un mondo dove le cose brutte sono l'ordine del giorno, ma se lo condivide sarà più facile da sopportare. Ci pensi un attimo, lei in questo momento ha anche una gamba rotta per questo le sarebbe impossibile salire le scale se non fosse per le stampelle. Ragioni su quanto le ho detto e al prossimo incontro mi dirà quali sono le sue conclusioni. Ci vediamo settimana prossima" mi saluta prima di lasciarmi da sola nella stanza con le sue parole che ancora ronzano nell'aria.
Le parole del dottore mi hanno tormentato per tutta la mattina. Forse ha ragione, se qualcuno sapesse come sto realmente, cosa è successo quel pomeriggio, potrebbe diventare la mia stampella per affrontare la vita. Ma chi? Chi potrebbe avere questo ruolo? Non ho più nessuno a cui io possa fare affidamento.
A distrarmi dai miei pensieri è il campanello che suona. Oggi è sabato, questo vuol dire una sola cosa: Ares viene a trovarmi. Dove c'è quel ragazzo, c'è gioia. Non c'è stata una sola volta, da dopo il mio "incidente", che non lui non abbia avuto un sorriso enorme stampato in faccia. Mi fa sempre ridere con le sue battute stupide e non tralascia nemmeno un gossip quando viene a trovarmi: è come se fossi tutti i giorni di accademia.
Il fatto di sentire in continuazione cosa capita in accademia dovrebbe darmi fastidio dato ciò che accaduto l'ultima volta che sono stata là, ma non è così. In realtà mi manca terribilmente, mentre ero là sentivo costantemente la vicinanza a mio padre.
"Come sta oggi il mio angelo? - chiede entrando in camera mia - Ti ho portato un regalo, lo so sono la persona migliore che tu conosca, non c'è bisogno che tu me lo dica" dice scherzano mentre mi porge il sacchetto contendendo un sacco di cibo spazzatura.
"O mio dio! Penso di amarti. Da quando sono stata operata non faccio altro che mangiare minestrine" dico prima di addentare il panino.
"Probabilmente perchè il tuo stomaco aveva un buco enorme a causa della perforazione da parte della costola" controbatte scherzando e sedendosi accanto a me.
"Questi sono dettagli - ironizzo di conseguenza. - Allora, raccontami le ultime novità" lo incito a parlare.
Ogni volta che Ares mi racconta quello che succede in accademia ho una sola domanda che mi ronza in testa: come sta Elijah. La risposta che voglio sentire però non è: sta bene. Dentro di me io spero che lui stia soffrendo come lo sto facendo io. E' vero, non è tutta colpa sua se io sto male però è a causa sua se sono costretta a stare a letto tutto il giorno; è anche colpa sua se io ho paura di confidarmi con qualcuno. Lui sapeva quanto io stessi male ma ciò non lo ha fermato da usare quelle parole.
Il giorno del funerale non ha fatto altro che elogiare mio padre e dirmi quando fosse stato essenziale per lui ma inizio a pensare che lo abbia fatto solo per assicurarsi di prendere il suo posto. Forse lui aspettava solo questo: che mio padre morisse in modo tale da diventare lui il nuovo sergente.
Giuro che muoio dalla dalla voglia di chiederglielo ma ho paura che Ares possa sospettare qualcosa. Anche se si meriterebbe che tutti quanti sapessero il gesto terribile che ha fatto non vogli dirlo. E' vero, lui avrebbe quello che si merita, ma è anche vero che agli ancora di più gli occhi addosso.
"Ma, in realtà è stata una settimana abbastanza noiosa: settima prossima ci sono gli esami di fine semestre quindi non abbiamo avuto molto tempo libero. Però, questa sera, quelli del nostro anno, hanno organizzato una festa incredibile, vorrei davvero che potessi esserci anche tu. Ci divertiremmo davvero tanto. Inoltre sarebbe l'occasione perfetta per presentarti una persona" mi racconta.
"Chi dovresti presentarmi?" chiedo curiosa con la bocca ancora un po' piena.
"Beh, vedi, qualche settimana fa ho incontrato un ragazzo davvero carino. Inoltre, è anche una bomba a letto" risponde arrossendo in viso.
"Non credo sarei venuta nemmeno se stessi bene ma ciò nonostante voglio assolutamente conoscere questo ragazzo" controbatto.
"Non dire così Angelo, ci saranno tutti. Anche il sergente" mi spiega
"Ah beh, allora le cose cambiano" controbatto ironicamente.
"Sai, il sergente Smith, da quando sei stata in ospedale, si è preso una pausa dall'accademia. E' tornato qualche giorno fa ma comunque lo si vede solo quando ci sono gli allenamenti. E' strano che venga questa sera. Io credo che sia stato obbligato da Layla, lo sanno tutti che quei due fanno sesso" mi racconta inconsapevole del fatto che è l'unica cosa che io volevo sapere.
"Quei due sono fatti uno per l'altro: tutti e due insopportabili. Comunque mi racconterai settimana prossima come è andata la festa. Voglio sapere tutto nei minimi dettaglio" dico per chiudere l'argomento.
Rimaniamo sul mio letto a parlare di più e del meno, scherzando e ridendo fino a piangere finchè non è arrivata l'ora per Ares di tornare in accademia. Le sue visite sono l'unica cosa che mi fanno stare meglio, inoltre è in grado di farmi dimenticare tutto per un pomeriggio.
Forse il dottore ha ragione, è a lui che devo raccontare tutto.
STAI LEGGENDO
Tale padre, tale figlia
Teen FictionMal ha una vita perfetta, dei genitori che la amano, un ragazzo stupendo e una migliore amiche da invidia. E' il capitano della squadra di pallavolo e la ragazza più popolare della scuola. Suo padre le ha insegnato a vivere da campionessa; non ha id...