capitolo 11

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Alla fine mi sono infilata una tuta nera prestata gentilmente da Georgina e delle scarpe della Nike bianche.

«Mi scusi sa dirmi in che stanza si trova la signora Diya Kumar?» chiedo quando arrivo nel reparto dove si trova mia madre.

«Che grado di parentela ha con la signora Kumar?» mi chiede scrivendo qualcosa sul suo computer.

«Sono sua figlia, Aurora Sharma»

«Mh d'accordo. Ce qualcun altro con lei?»

«Si» annuisco e quando lei alza lo sguardo dal laptop, i suoi occhi si spalancano per trovarsi di fronte uno dei calciatori più famosi del mondo.

«O mio Dio, Signor Dybala ehm...» è visibilmente scossa ma ho bisogno urgentemente di una risposta.

«Senta piacere ma ci serve subito la stanza della signora» dice lui al mio posto è lei annuisce di fretta e furia e ho paura che per poco svenga.

«Stanza 21. È un piacere avere l'onore di conoscerla» Paulo annuisce distratto e poi mi segue per il corridoio che puzza di disinfettante.

Corro quasi è appena vedo mio fratello li corro incontro sperando che mi dica qualcosa di positivo.

«Ma che diamine...» dice guardando dietro le mie spalle. «Mi avevi detto che conoscevi Georgina Rodriguez ma non che conoscessi Paulo Dybala» spalanca gli occhi avendo la stessa reazione dell'infermiera.

«Ne parliamo più tardi» mi fa cenno di entrare nella stanza e quando mi chiudo la porta dietro, mi siedo sulla sedia in legno appoggiandomi al suo letto, piangendo silenziosamente.

Prego Dio che si rimetta in fretta e che questa brutta malattia che la sta divorando vada via al più presto possibile perché distrugge me nel vederla così, sfinita e senza forze, con degli stupidì attacchi di panico.

Non capisco perché li abbia ancora nonostante stia sotto farmaci ma credo che i ricordi siano troppo indelebili per essere cancellati del tutto, per questo ha volte a queste reazioni che la distruggono letteralmente. 

Guardo il suo viso dormiente e anche se pallido e stanco, per me rimane la donna più bella del mondo.

Sorrido quando ricordo i tempi prima della depressione. Nonostante le violenze fisiche e verbali di mio padre, lei con me e mio fratello era quella donna che cercava di sprizzare gioia da tutti i pori, quella che cercava sempre di farci ridere nei momenti più bui, quella che ci lèggeva una favola prima di andare a letto, quella donna meravigliosa dal sorriso incantevole, la donna che è ancora ma nascosta da qualche parte nel suo cuore.

Lei. Mia madre, che ogni volta che papà dava il peggio di se lei cercava di farci vedere la sua parte migliore.

Mi raccontava che in India, nella sua adolescenza, tutte le ragazze del quartiere la invidiavano per la sua bellezza innata e veniva chiamata la ragazza dagli occhi blu mare dato che è raro per un indiana avere gli occhi azzurri.

Tutti la invidiavano perché i suoi genitori avevano scelto il marito che tutte volevano ma che alla fine si è rivelato per il mostro che è adesso è che era anche prima, per questo da una parte ho deciso di essere cristiana, proprio per non essere costretta dai miei nonni o zii di sposare una persona che io non amo.

Invece grazie alla mia scelta sono libera di amare chi voglio e quando voglio, potendo ricevere un bellissimo matrimonio in una chiesa, proprio come nei miei sogni.

Prima di uscire dalla sua stanza le poso un bacio sulla fronte strizzando gli occhi per non far cadere le lacrime.

«main aapase pyaar karata hoon maan (ti amo mamma)» le sorrido come se potesse vedermi ed esco dalla stanza, ritrovandomi nel corridoio seduti alle sedie, Paulo e mio fratello che conversano, anche se quest'ultimo è ancora incredulo e imbarazzato.

Pazza di te //Paulo Dybala Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora