Otto mesi prima
«Simó? Oh, Simó? Ma che...». Manuel entra nella camera da letto della dépendance, premendo sull'interruttore con due dita per accendere la luce - anche se è pomeriggio e quella del sole fuori sarebbe più che sufficiente se non ci fossero tutte le tende tirate per non far passare un singolo raggio.
Nota che Simone è a letto, avvolto nel lenzuolo azzurro pallido e si chiede come faccia, dato che fa caldo e lui stesso sta sudando pure da fermo.
«Ma che stai già a dormì?» esclama ancora. Muove qualche passo distratto finché non raggiunge il letto. Cerca di rimuovere il lenzuolo per - quantomeno - scoprire la testa del compagno; ha successo, ottenendo un «Mh-m, che vuoi?» biascicato in risposta.
Manuel osserva i ricci scuri dell'altro ragazzo spuntare sopra al cuscino; lo vede premere la faccia contro di esso, probabilmente perché la luce improvvisa nella stanza gli dà fastidio.
«Come che voglio» borbotta «Sono le cinque, c'abbiamo quella roba là co' li altri».
Quella roba là è soltanto un aperitivo in centro con gli ormai ex compagni di liceo, prima che partano per le vacanze estive per prima cosa e poi per le varie destinazioni delle università. Niente di troppo formale, insomma.
Simone mugola ancora qualcosa di a stento comprensibile e «Mi scoppia la testa» bofonchia.
«Di nuovo? L'hai presa l'aspirina?». Se potesse, Manuel gli toccherebbe la fronte con il dorso della mano, ma la posizione assunta dal compagno glielo impedisce.
«Sì, ma non m'ha fatto niente» biascica quest'ultimo e soltanto adesso osa sollevare il capo; strizza le palpebre e mostra gli occhi gonfi e arrossati.
«Madó, Simó, c'hai n'aspetto de merda» è il primo commento che a Manuel viene in mente.
«Grazie, eh».
«Boh, per dire» sbuffa «Non è che hai la febbre?».
«Non ho la febbre, ho solo mal di testa».
Si lascia andare ad un sospiro sommesso, mentre prende posto sul bordo del materasso. «Vabbè, tu c'hai mal di testa solo pe' un motivo» esclama.
Simone tenta di mettersi supino sul letto, sebbene faccia fatica a compiere mezzo giro su sé stesso - ha freddo, ma sta sudando, forse ha davvero la febbre e pensa che non doveva andare a correre senza una felpa. «Sarebbe?» domanda, fissando il soffitto.
«Che pensi troppo» spiega l'altro «E studi troppo».
«Devo studiare per i test di ammissione».
«Seh, ma sei bravo. Puoi pure studiare un po' meno».
«Sono bravo proprio perché studio».
Manuel alza gli occhi al cielo, esasperato. «Seh, perfettone del cazzo» lo schernisce, tirandogli un lieve colpo a pugno chiuso sul braccio.
Fa una breve pausa: lo vede che, effettivamente, ha un aspetto orribile, pare fiacco e di sicuro ha l'influenza. Così, la propria espressione un briciolo si addolcisce e «Vabbè, posso andà solo io» propone «Tu resti a dormire».
Simone si affretta a scuotere il capo, si passa una mano sul viso. «No, dai» bofonchia «Magari mi prendo la tachipirina pure e mi passa».
«Sicuro?» Manuel non ne è troppo convinto.
«Sicuro».
«Guarda che se me collassi a terra, te lascio lì» ci scherza su.
Simone abbozza una risata. «Non ci credi manco tu».

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Armor
Fanfiction«Ma la felicità è un concetto relativo, Manuel. Non sono io la tua. Prima di incontrarmi lo sei stato e dopo avermi perso, lo sarai di nuovo. Funziona così. Per quanto ci aggrappiamo all'idea che possa dipendere unicamente da una sola persona, la re...