Il patto

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Nell'ultimo mese - o poco più - Simone ha evitato di guardarsi troppo allo specchio: lo fa il minimo indispensabile, come per sistemarsi i capelli o farsi la barba. Per il resto, cerca di non renderlo possibile, spostando lo sguardo altrove.

Non lo fa perché ogni volta non può che notare il modo in cui il proprio corpo sta cambiando: la perdita di tono muscolare che sta divenendo evidente, il pallore ancora più accentuato rispetto al solito, i due cerchi scuri attorno agli occhi che ha indipendentemente se dorma oppure no.

Adesso, davanti allo specchio del bagno ci è costretto per forza, vestito con una camicia blu scuro che dovrebbe calzare a pennello e che, invece, gli sta larga sul busto e leggermente sulle braccia. Nota che le occhiaie, quella sera, sono più marcate rispetto ai giorni precedenti.

«Manuel?» richiama il compagno, alzando il tono della voce per farsi sentire. «Manu?».

Manuel ci impiega qualche secondo per spuntare sulla soglia della porta, privo di maglietta, con i capelli arruffati e ancora umidi. «Che?» esclama.

Simone gli rivolge uno sguardo distratto. «Lo hai preso il correttore?» domanda, riportando l'attenzione sul proprio riflesso. Sfiora con l'anulare il segno di colore differente che ha sotto un occhio.

Manuel annuisce. «Seh, sono passato oggi, aspè» dice e, per una frazione di secondo, scompare, per poi riapparire con un tubetto di plastica trasparente in mano.

Entra nel piccolo bagno quadrato dalle mattonelle azzurre, porgendo l'oggetto all'altro ragazzo. Quest'ultimo lo recupera nell'immediato. Fatica a scartarlo, dato il rivestimento rigido di protezione, ma, alla fine, ha successo.

Purtroppo, però, gli è sufficiente aprire quel tubetto e versare una goccia di prodotto sul dorso della mano per capire che la colorazione è sbagliata e va in netto contrasto con la propria pelle.

«Ma è scurissimo» commenta, con un briciolo di delusione nella voce.

Nel frattempo, Manuel non si è mosso; ha avuto l'istinto di aiutarlo ad aprire la confezione e si è trattenuto a stento. Aggrotta le sopracciglia e «Ma va» bofonchia «Ho chiesto alla commessa, le ho pure detto che avevamo un colorito simile».

«Non lo abbiamo manco normalmente un colorito simile» borbotta Simone. Tenta lo stesso di spalmare quel poco di correttore sulla mano, come se sfumarlo potesse risolvere la situazione; piuttosto peggiora, divenendo arancione. «Non posso metterla 'sta cosa» biascica.

Un briciolo, Manuel ci rimane male. In realtà, si è pure impegnato quella mattina, a cercare qualcosa che potesse coprire quelle occhiaie: all'inizio, gli è parsa una richiesta superflua e assurda, ma poi ha compreso il suo disagio e si è dedicato ore alla ricerca di qualcosa che fosse perfetto. Solo che non ci è riuscito bene.

«Scusa» pigola «Domani vado a cambiarlo».

Simone ha lo sguardo basso. Richiude il tubetto di plastica e lo appoggia distratto sul bordo lavandino. Scuote il capo. «No, non fa niente» sussurra.

«Davvero, non me costa nulla».

«Sul serio, non importa» sospira «Sembrerò un morto che cammina tutta la sera, almeno sono coerente». Accenna una risata, priva di entusiasmo.

A ridere, Manuel non ci pensa neppure. Lo scruta, dapprima attraverso la superficie riflettente, dopo portando gli occhi sul suo profilo. «Possiamo pure non andà stasera» propone.

«Perché sei tu quello che non vuole andarci» fa notare Simone, voltandosi nella sua direzione. Sono uno di fronte all'altro, ora.

«Vero» attesta Manuel «Ma so pure che oggi è stata tosta per te, quindi possiamo starcene a casa e saltare una stupida cena con gli ex compagni del liceo».

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