Sono le 2:40 di notte quando Simone spalanca gli occhi. Non che il sonno l'abbia avvolto in maniera profonda, anzi, tutto il contrario, quindi svegliarsi di soprassalto non è per niente una novità.
Ha la gola secca e la testa gli pulsa - manco quella è una novità. Per quanto abbia atteso e aspettato con pazienza, il braccio destro non ha ripreso sensibilità alla perfezione, riesce a muoverlo a stento, ma paradossalmente non è in grado manco di sostenere il peso dello spazzolino da denti.
Lo sa che Manuel se ne è accorto - sarebbe stato impossibile il contrario - per tal motivo, nell'ultima settimana, il compagno ha fatto in pratica tutto al proprio posto, pure le azioni più banali e quotidiane. Ne è grato, ma anche - triste, a riguardo.
Perché non dovrebbe funzionare così tra di loro.
Ad ogni modo, nota che l'altro ragazzo ha gli occhi chiusi, presuppone stia dormendo e tira un sospiro di sollievo per ciò. Lo ha notato che, la maggior parte delle volte, Manuel rimane sveglio e vigile, a guardarlo e basta. Se ne accorge perché lo sente, mentre gli sistema le coperte o gli accarezza una guancia.
Sa, dunque, che passa la maggior parte del tempo a restare sveglio, invece di dormire, soltanto per osservarlo, per vegliare su di lui. E manco questo è giusto.
Simone si alza dal letto con movimenti stentati, che vanno un briciolo a scatti. Deve trascinare letteralmente il proprio corpo fuori dal piumone azzurro, tirando quel braccio destro che ha smesso di rispondere ai comandi del cervello.
Vuole solo andare in cucina e recuperare un bicchiere d'acqua, nulla di più. Una cosa semplice.
Compie un paio di passi, ma non è nemmeno arrivato alla porta quando percepisce la gamba destra cedere, non reggere più il proprio peso. È allora che perde l'equilibrio e cade fragorosamente a terra, battendo forte un gomito e cacciando un lamento.
«Cazzo» soffoca, a pancia in giù sulle mattonelle ghiacciate. «Cazzo». Cerca di rialzarsi, ma è un'intenzione vana: nonostante gli sforzi, non riesce a muoversi più di tanto e il dannato braccio destro non collabora.
«Oh, Simò!».
Ecco. Non è nemmeno riuscito a non svegliare Manuel, che già è scattato fuori dal letto e gli è accanto. E Simone pensa solo a quanto non sia stato in grado di lasciarlo riposare e che la propria condizione stia consumando pure lui, non permettendogli neppure dormire in pace - che voleva solo prendersi un cavolo di bicchiere d'acqua e invece ha combinato un casino, come al solito.
È una delle ragioni per cui fatica ad accettare l'aiuto del compagno, quasi gli impedisce di offrirgli supporto a rimettersi in piedi – che poi non ci riuscirebbe sul serio.
Quindi il massimo che gli permette è di portarlo seduto, con la schiena premuta contro lo stipite della porta. Manuel gli si inginocchia di fianco, posando delicatamente una mano sulla sua spalla.
«È tutto okay, Simò» prova a rassicurarlo.
Ma Simone scuote il capo, gli occhi già gli pizzicano e delle lacrime gli scivolano lungo le guance. Non vuole guardare l'altro in faccia, non ce la fa.
«Non è... Non è tutto okay» biascica «Non lo è». Fa ancora cenno di no con la testa.
«T'ho detto che se hai bisogno di qualcosa, me lo devi dì e ci vado io, mh?» Manuel insiste.
Insiste sempre, per ogni cosa. Simone questo lo sa ed è un particolare che lo fa arrabbiare. E allora «Non devi, non...» singhiozza «Non è giusto, non devi st...». Si interrompe, un po' perché ha il magone, un po' perché, di nuovo, le parole gli sfuggono.
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Armor
Fanfic«Ma la felicità è un concetto relativo, Manuel. Non sono io la tua. Prima di incontrarmi lo sei stato e dopo avermi perso, lo sarai di nuovo. Funziona così. Per quanto ci aggrappiamo all'idea che possa dipendere unicamente da una sola persona, la re...