Per Mason non era di certo una novità trovarsi nell'ufficio del preside, ma la donna che gli sedeva davanti, composta, dai capelli raccolti e biondi e lo sguardo freddo come il ghiaccio, gli incuteva un po' di timore.
"Ho parlato con tua zia, mi ha detto che hai avuto qualche problema nella vecchia scuola, a San Francisco" cominciò la preside Morgan, leggendo il fascicolo di Mason per l'ennesima volta.
Aveva spesso avuto a che fare con degli studenti ribelli e Mason rientrava perfettamente in quella categoria.
"Mi hanno cacciato una volta, sospeso due perché mi hanno beccato a scopare nei bagni e...aspetta, sì, sono anche stato coinvolto in qualche rissa" spiegò con calma Mason; non si vergognava più dei suoi comportamenti, tanto nessuno credeva che potesse migliorare e lui si sentiva libero di lasciare le cose come stavano.
"So leggere, ma grazie per questo breve...riassunto" sdrammatizzò la Morgan, ridacchiando nervosamente.
Mason sorrise e incrociò le braccia al petto.
"In questa scuola ci occuperemo della tua formazione ogni secondo, non ti toglieremo gli occhi di dosso e faremo in modo che tu diventi un bravo ragazzo, a tutti gli effetti."
"Un bravo ragazzo? Vuole dire uno di quelli con la puzza sotto al naso che si drogano nei bagni senza che voi sappiate niente? Passo" rispose antipaticamente Mason.
La preside Morgan, trovandolo inopportuno, si irrigidì.
"Non hai paura dei guai, è chiaro, ma incomincerai ad averne quando capirai che qui siamo severi e che hai una certa responsabilità adesso che vivi con il sindaco" disse lei, facendosi seria.
"Non resterò qui a lungo" la contestò Mason.
"Non è ciò che ha detto tua zia" rispose la Morgan e Mason prese ad ascoltarla con meno tranquillità; il suo volto rabbuiò.
"Vuole tenerti qui finché non avrai cambiato il tuo comportamento, perché l'opzione secondaria sarebbe mandarti in collegio e, conoscendo quella donna, non lo permetterebbe mai" proseguì la preside ma Mason non la sentiva davvero, non come avrebbe dovuto, ma in maniera disattenta e con la testa altrove.
Finire in collegio sarebbe stato un incubo e suo madre l'avrebbe volentieri spedito in un luogo come quello, per non trovarselo più davanti ai piedi.
Mason uscì dall'ufficio e raggiunse la sua prima classe; si trattava di matematica e nell'aula c'erano anche Emily, Rachel e Blake, che strinse la penna non appena lo vide entrare, indispettito.
Mason si sedette, addocchiando subito un banco vuoto in fondo alla classe, e lanciò lo zaino a terra.
Liam non frequentava la stessa classe di Blake e nemmeno Natalie, la ragazza con la quale la sera prima aveva intrapreso una conversazione, che però non era capace di ricordare, nonostante si stesse sforzando da quando aveva aperto gli occhi.
La lezione andò avanti come tutte le mattine:
gli studenti ascoltavano, prendevano appunti e i più intelligenti, tra cui Rachel, intervenivano se lo ritenevano necessario. Mason, invece, non aveva detto una parola, né aveva scritto nulla di inerente all'argomento di matematica sul quaderno; stava disegnando il parco che gli era capitato di osservare mentre viaggiava in taxi.
"Ti piace l'arte?" gli chiese Emily, attirando la sua attenzione; non si era neppure accorto che era suonata la campanella e tutti si stavano preparando per uscire dalla classe.
"Ah...sì, un po'" rispose Mason ma sempre con aria distaccata.
Emily si aggiudicò uno sguardo perplesso da parte di Blake, che avrebbe voluto avvicinarsi ma preferì lasciar perdere; quel pomeriggio si sarebbero incontrati e le avrebbe parlato di tutto ciò che gli passava per la testa.
"Anche a me, adoro leggere romanzi rosa e scriverli, di solito" affermò Emily gioiosamente.
Sorrideva ancora a Mason che avvertì, a un tratto, del disagio.
"Intendi roba tipo 'Cinquanta Sfumature Di Grigio'?" le chiese.
Emily aspettò un attimo a rispondere, avvampando.
"Qualcosa del genere" disse.
"Wow!" esclamò ironicamente Mason, ridendo e scuotendo la testa, mentre tornava a disegnare.
Aveva appena capito da quale tipo di donna tenersi alla larga.
"Quindi sei il cugino di Blake" cambiò discorso Emily, capendo di avergli dato fastidio.
Mason annuì e disegnò la foglia di un albero, che cadeva.
"Da quanto non vi vedevate? Non mi ha mai parlato di te."
"Sei la sua ragazza per caso?" domandò Mason, dopo che Emily ebbe buttato un occhio sul foglio che lui stava utilizzando.
Era molto bravo ma quella domanda le fece dimenticare di dirglielo.
"Cosa? Noi...no! Certo che no! Sono la sua migliore amica!" mise in chiaro.
"Quindi non scopate?" chiese lui ed Emily, quella volta, quasi svenne.
"Oh Gesù, no! No che non scopiamo!" sbottò.
Forse era anche bravo a disegnare, ma non ci sapeva affatto fare con le persone, pensò lei.
"Chiedevo" rispose Mason con aria innocente, sorridendo sghembo.
Li raggiunse Rachel che si rivolse subito ad Emily.
"Mi ha scritto quel coglione del capo, vuole che vada a lavorare tra due ore, gli serve una sostituta per Pete" disse Rachel seccata, parlando con il suo solito tono più acuto che saltava fuori quando doveva fare qualcosa che non le andava.
Mason la guardò, non perché fosse interessato alla conversazione, ma per il semplice fatto che vide in lei qualcosa di diverso, che lo colpì.
Sarà stata la tristezza racchiusa nei suoi occhi, o la malinconia che la sua espressione sembrava trasmettere, ma non smise di fissarla, per qualche secondo.
"Ma non puoi andare, c'è scuola!" rispose Emily indignata.
"Pete si è rotto una gamba e non può andare nemmeno lui."
"Che farai allora?"
"Credo che chiederò un permesso, chiamerò papà e mi verrà a prendere."
"Scusate se mi intrometto" disse Mason, dopo aver tossito per schiarirsi la gola.
Rachel girò lo sguardo verso di lui e realizzò di aver conversato con Emily davanti al cugino di Blake solo in quel momento.
"Perché chiedere un permesso quando potreste semplicemente...beh...scappare?" suggerì lui.
Emily lo guardò truce e Rachel rise.
"Verrei sospesa" obiettò Rachel.
"Non dargli retta, ricordi? Blake ha detto che è un criminale" affermò Emily e prese per mano Rachel, lanciando un'occhiata stizzita a Mason, che fissava ancora Rachel.
Lei, intimidita, sorrise.
"Giusto, e scommetto che scappavi sempre nella tua vecchia scuola" disse Rachel.
"Non mi hanno mai sospeso per quello, però" ribattè Mason, facendola ridere, ma per la disperazione.
"Idiota" mormorò Emily e costrinse Rachel a seguirla fuori dalla classe.
"Andiamo, prima che Blake ci uccida per aver parlato con quello stronzo" asserì lei.
Rachel non si oppose e uscirono velocemente, mentre Mason ridacchiava e terminava il suo disegno.Come aveva deciso, Rachel si fece venire a prendere da Philip.
"Dovresti studiare, non lavorare" commentò lui, guidando e stringendo forte il volante.
"Così dovrai pagarmi tu l'università, rinfacciandomelo per sempre? Ho delle ambizioni diverse" replicò Rachel e si sistemò sul sedile, guardando poi il finestrino.
Le persone che vedeva erano sempre le stesse, tante facce uguali che camminavano in modo simile e andavano nei medesimi posti, ogni giorno, costantemente; una vita monotona che avrebbe finito con il ripetersi fino alla nausea.
"Hai proprio preso da tua nonna, ha sempre voluto dimostrare di poter ottenere quello che voleva da sola, senza l'aiuto di tuo nonno, poi lui è morto e si è ritrovata a rimpiangere tutto ciò che aveva rifiutato" disse Philip, ricordando i litigi continui dei genitori e quanto avessero cambiato il suo modo di vedere il mondo.
"Almeno lo rimpiange dal suo attico al settimo piano a New York, seduta su una barca di soldi" rispose Rachel serenamente, sorridendo persino, come se avesse appena lanciato una bomba addosso al padre.
"Voi donne e l'emancipazione, tu non hai bisogno di questo lavoro, Rach" insistette Philip, dato che ormai era diventata una questione di principio.
"Come tu non hai bisogno di diventare sindaco, ma fai di tutto per rubare a Carmen qualcosa per cui lotta da una vita" controbattè Rachel, alterandosi.
"Carmen ha già avuto la sua occasione, ora tocca a me; ricorda: punta sempre più in alto e non sarai mai insoddisfatto."
Philip svoltò l'angolo e raggiunse il bar, parcheggiando lì davanti.
Aveva appena iniziato a piovere e Rachel sentiva che la sua anima si stesse tingendo dello stesso colore del cielo.
"Questo è un bar da quattro soldi, sei sprecata qui dentro, e vorrei che anche tu puntassi più in alto" continuò, fissando ancora la strada attraverso il finestrino.
"Lavoro qui per pagarmi l'università, ok? È perché punto in alto che lo sto facendo."
"Ne abbiamo già parlato, l'università non è un problema, io ti posso aiutare e..."
"Non mi farò raccomandare come la mamma, io non sono lei e non passerò il resto della mia vita a doverti un favore."
Rachel alzò la voce, parlandogli sopra, e Philip smise di contraddirla.
"Come vuoi" rispose, ma non era per nulla gioia quella che traspariva dalla sua voce.
"Ci vediamo per cena" disse Rachel, uscendo dalla macchina e chiudendo lo sportello, fermandosi a guardare suo padre, aspettando che la salutasse; non accadde e se ne andò, amareggiata.
"Tanto te ne pentirai" affermò lui sussurrando.
Rimise in moto e si allontanò dal BestCafè, quel bar squallido dove sua figlia lavorava e che lui odiava profondamente.
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Nothing Left
Teen FictionMason Barlow si trasferisce da San Francisco a Pacific Grove, spinto dalla madre quando i suoi genitori scoprono che sta entrando in un brutto giro. Arrivato in città si ritrova a dover combattere contro suo cugino, il quale ormai non nutre più fidu...