Oliver si riveste e tiene fisso lo sguardo su di me.
Io sono ancora nuda, tremolante, indifesa e paralizzata.
«È l'ora del bagnetto»
"cosa?" mi sta trattando come se fossi un giocattolino e ora è il momento di "pulirlo"
Inizia a slegarmi una caviglia alla volta legandole l'una all'altra, poi fa lo stesso con i polsi, strattonandomi.
Sono ancora imbavagliata e il panno attorno alla mia bocca è umidiccio ormai e puzza.
Sempre nuda, mi porta dentro ad una stanza affianco alla porta da cui siamo entrati prima: è il bagno.
Un bagno come tanti altri, con un gabinetto, un lavandino ed una vasca con affianco un accappatoio. È tutto di colore bianco, c'è uno spazzolino affianco al lavandino e un po di schiuma da barba con una lametta.
Oliver mi fa sedere sul gabinetto e apre l'acqua nella vasca, mettendoci molto sapone profumato.
Al lato della vasca c'è una piccola finestra e già capisco da dove potrei uscire, ora devo capire come.
«Sei ancora più bella senza vestiti» mi dice.
«Vaffanculo» cerco di dire attraverso il bavaglio.
"se solo me lo levasse potrei convincerlo anche a slegarmi..."
«Puoi levarmi questo coso da bocca?» cerco di far capire.
Lui comprende le mie parole e si avvicina per sbavagliarmi
«Grazie..» dico con la bocca dolorante. Cerco di stare al suo gioco. Faccio il suo giocattolino finché non trovo un modo per uscire da qui.
«Spero ti piaccia il profumo della lavanda»
Accenno un piccolo sorriso.
L'acqua è pronta e lui mi prende in braccio, per poi mettermi a mollo nella vasca.
Inizia a toccarmi, a lavarmi, io non mi muovo e gli lascio fare.
"cosa potrei fare? mi devo liberare di lui, ma primo devo liberare me da queste corde"
«Il sapone sta irritando le corde e la mia pelle sensibile, brucia»
Come una madre amorevole farebbe, mi accontenta e mi slega piano, tenendo gli occhi fissi su i miei.
Ha sempre quei magnifici occhi che mi hanno ipnotizzato al nostro primo incontro..
Solo a pensare quanto tutto sia cambiato...
Sono libera, dopo tanto tempo, ho tutti i muscoli sempre indolenziti.
Oliver inizia a massaggiarmi le spalle e a darmi piccoli baci lungo la spina dorsale.
«Sei quella giusta» mi sussurra dietro al collo.
Sento il suo respiro addosso.
"Cosa mi aveva insegnato mio padre da piccola quando mi portava in caserma con lui?" penso.
"Se qualche ragazzo ti da fastidio devi mirare alle palle, figlia mia"
Ma in questo momento il suo inguine è lontano da me, magari me lo tengo per dopo il calcio nelle palle.
«Oliver..»
«Dimmi, amore»
Raccolgo le mie forze rimaste e provo a spingerlo via con una gomitata, lui è dietro di me e lo colpisco alla gola con il gomito.
«Ah!» esulta dal dolore.
Esco dalla vasca velocemente, cercando di non cadere e gli do un calcio in quelle piccole palle che si ritrova
«Schifoso bastardo, farai una brutta fine!»
Lo vedo quasi piangere. Gli ho fatto davvero male ma non sarà mai paragonabile al dolore che mi ha fatto provare lui. Un dolore che mi porterò per sempre.
Odio quest'essere. Non oso nemmeno chiamarlo "umano" perché di umano in lui non c'è niente.
Lui è a terra, dolorante.
corro a prendere l'accappatoio, esco correndo dal bagno e chiudo Oliver dentro.
Quel coglione non ha chiuso nemmeno una porta.
Non mi interessa se sono bagnata e sotto l'accappatoio non ho niente, esco dalla porta principale ma prima prendo il mio cellulare.
Appena sono fuori, il mio telefono prende un po' di campo e mi arriva subito una chiamata di Audrey
«Sorpresa! Sono tornata prima, dimmi dove sei che ti vengo a prendere»
mi dice con il suo solito tono.
«Che tu sia benedetta Audrey Mandica!» esco fuori dal viottolo e cerco qualche cartello stradale che mi aiuti a capire dove mi trovo.
Leggo qualche cartello e lo dico ad Audrey
«..vieni al più presto per favore» la imploro
«Come diamine ci sei finita lì?» chiede
«Corri, sono in pericolo»
Sento suo padre premere sul freno e sgommare.
«Dove stai andando, cara?» c'è Oliver dietro di me, è riuscito ad uscire, cazzo.
Lo guardo allibita, spiazzata.
Inizio a correre, fra la gente, fra i marciapiedi. Non so se lui mi sta seguendo.
Corro, più che posso, cercando anche di coprirmi con l'accappatoio che svolazza.
Mi fermo, senza fiato.. mi giro e non c'è nessuno, tranne qualche senzatetto che elemosina ai passanti.
Vedo una macchina che sfreccia fra le altre, è una BMW, come quella dei genitori di Audrey.
"Grazie a dio.." penso.
«Sali! Muoviti!» mi ordina Audrey facendomi cenno di salire con la mano mentre mi apre la portiera.
«Non so se mi sta seguendo!» grido, in lacrime.
Sto avendo un attacco di panico.
«Aiuto! Aiuto! Aiuto! Mi ha fatto male! Io non lo so! Corri!» ripeto
«Ellie! che è successo?»
«Aiuto! Aiuto! Aiuto! Aiuto!» non riesco a dire altro. Singhiozzo fra un "aiuto" e l'altro. Non riesco a parlare. Mi sento morire.
"Aiuto! Aiuto!" mi dicono delle vocine nella mia testa.
«Aiuto! Aiuto! Aiuto! Aiuto!»

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Just a game.
Misterio / SuspensoIl vero amore può nascere su internet e poi diventare malatamente ossessivo? Ecco la storia di due ragazzi che si conoscono su un social network, ma lui nasconde un segreto che farà rabbrividire Ellie, diciassettenne inglese giovane e inesperta.