Capitolo tre

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La paura di diventare un vegetale. Non di trasformarmi in una zucchina (pessimi tentativi di ironia sulla mia vita, effetti collaterali dell'essere bloccata qua). Avevo paura di non vivere più. O forse in realtà era quello che volevo. A volte è solo così tanto difficile capire cosa si vuole...
È come quando cambiavo scuola. Io avrò cambiato scuola qualcosa come cinque volte ma ogni volta riuscivo a farmi delle amiche... eppure ogni volta che cambiavo avevo paura di finire in una classe dove non ci fosse qualcuno come i miei amici precedenti, o forse invece avevo semplicemente paura di trovare qualcuno come loro. Non l'ho mai saputo. Come non so ora se voglio morire o se voglio restare qua.
Rimanere? A che scopo?
Andare via? Perché?
Spesso penso all'idea di parlare, molte volte davvero. E a volte finisco per aprire la bocca, sono pronta per dire qualcosa e invece ciò che esce è solo un lieve rumore, qualcosa che soltanto io sento.
Non mi aspettavo di rivedere Pietro. Di solito i tirocinanti girano per le camere non si occupano di un solo paziente in particolare. Ma il giorno dopo lo vedo entrare con un panino in mano e una bottiglia piena di un liquido verde, del quale non volevo sapere il nome assolutamente. Pietro entra e si sistema sulla scomoda sedia di legno scheggiata che ho sempre avuto in camera.
Appena sistemato inizia a mangiare senza dire una parola, senza alzare lo sguardo su di me.
Io lo fisso.
Dopo circa due minuti un pomodoro gigante esce dal suo panino per cadere sulla sua camicia bianca.
Pietro impreca ed esce dalla stanza pulendosi la camicia con un tovagliolo.

Esce e non torna più.

Inizio a pensare che quel tipo sia strano, anche se in realtà lo sospettavo già.
Stranamente non è intimidito da me, come tutti gli altri. Eppure io ci provo a guardarlo con quello sguardo freddo che di solito fa andare via tutti quelli che stanno intorno a me.

A interrompere i miei pensieri entra quell'angelo divino di Sandra.
Entra sbattendo tutto quello che incontra come al solito, e appena richiusa la porta che ha quasi scardinato circa sei volte, si sistema i suoi occhiali dalla strana forma allungata.
Si sposta un po' a destra mostrando un carrello pieno di cibo e poi lo scarrozza vicino al letto, sedendosi sulla sedia scheggiata, imprecando come al solito.

Dopo aver mangiato esce di nuovo, borbottando cattiverie come al solito, e provando a scardinare la porta. Come al solito.

Finalmente in pace inizio a leggere. Se c'è una cosa che ho sempre amato fare, è sicuramente leggere. Non ho mai sopportato chi dice "odio leggere". Non si può odiare la lettura. Certo anche io impiegavo sei mesi per leggere uno di quei noiosissimi libri che mi assegnava la scuola, ma amavo leggere per il semplice fatto che la lettura si adatta a te.
C'è una tale varietà di libri nel mondo che è impossibile non amarli. Basta semplicemente trovare il proprio genere, o il libro del quale si ha bisogno in un determinato momento. E quando l'hai trovato, quando hai trovato il libro, allora ti puoi perdere. Puoi andare via, lasciare tutto e perderti tra le pagine, parole. Perderti tra le emozioni che la storia suscita in te e staccarti per un po' dal tuo mondo, per entrare in un altro mondo e per essere per un po' in quella magica connessione che c'è tra te e lo scrittore. Quel momento in cui leggi una frase e pensi "lo penso anche io" e quella frase ti resta dentro, indelebile, e in qualche modo chi ha scritto ciò che leggi ti ha donato qualcosa, qualcosa che solo tu puoi interpretare in quel modo, perché tu sei tu.
Non sono mai riuscita a spiegare quello che i libri mi fanno perché è una sensazione talemente effimera che descrivendola a parole, nonostante le parole siano sempre state la mia più forte arma, mi è sempre sembrato di sminuirne il significato.
Inoltre, dato che sono io in prima persona a segliere il libro, spesso posso trasferirmi in realtà migliori, avere quello che desidero.
Mi dicevano che passione e che era bello che mi piacessi leggere ma io ho sempre nascosto il mio amore per i libri. Perché ero diversa. Non conoscevo a memoria tutti i programmi e gli orari delle serie tv in televisione, ma sapevo viaggiare dalla mia camera, dal mio letto. E questo lo preferivo.

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