Capitolo sei

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Quelle. Maledette. Lancette.

"Non posso credere che stai fissando l'orologio da due ore."

"Non lo sto fissando."

"Si lo fissi, perché speri che arrivi lui."

"Lui chi?"

"Sai benissimo chi. E lo stai aspettando."

"Va bene la smetto."

Iniziavano ad annoiarmi seriamente queste discussioni con me stessa.

Ripresi il mio libro in mano, nascondendomi dietro alle pagine, lanciando ogni tanto uno sguardo furtivo all'orologio appeso davanti a me.

Finalmente entrò Pietro con il suo solito sorriso e il suo vassoio stracolmo di cibo. Ero davvero felice di non essere l'unica che mangia. E mangia. E mangia.

E mangia.

Si sedette vicino a me e iniziò una normale conversazione che stranamente io seguivo interessata.

Quando finimmo lui tirò fuori un libro e io presi il mio. Entrambi iniziammo a leggere perdendoci tra i nostri mondi fino a quando io non mi addormentai.

Non mi ricordo assolutamente cosa sognai, ma quando mi svegliai vidi i suoi due occhi grandi fissi su di me.
La mia più grande paura è di parlare durante il sonno. Per esempio dire o urlare qualcosa di strano e poi svegliarmi il giorno dopo con qualcuno che mi chiede spiegazioni su quello che ha sentito durante la notte.

Una volta, quando ero in prima media, avevo un amica che partiva spesso visto che aveva i genitori molto ricchi. Quando partiva questa ragazza spesso conosceva dei ragazzi. Ovviamente.
Un giorno tornò a scuola tutta eccitata e mi trascinò dentro ad un bagno. Dopo avermi mollato il braccio iniziò a raccontarmi della sua prima volta con un Messicano conosciuto durante un viaggio in America Latina.
Mi fece giurare di non raccontare nulla, perché un segreto del genere non era mica da poco, e io promisi che avrei tenuto la bocca chiusa.
Fu uno sforzo incredibile, anche se tenevo altri vari segreti, ma ogni volta che qualcuno parlava di lei a me veniva da dire tutto.
Successe che una notte, nel mio estremo sforzo di tenere la bocca chiusa, raccontai tutto durante il sonno.
Mi risvegliai la mattina dopo con mia madre scandalizzata che continuava a chiedermi se era tutto vero.

Insomma da quell'episodio ho sempre avuto paura di raccontare qualcosa e avevo paura che magari Pietro avesse sentito qualcosa che non avrebbe dovuto.

L'osservai di sottecchi, per non far vedere che ero sveglia, ma a giudicare dall'espressione non avevo detto nulla di preoccupante.

Continuai a guardarlo, con l'occhio mezzo chiuso. Stava leggendo il suo libro e man mano che andava avanti gli si formava una piccola ruga tra gli occhi che diventava più profonda quando l'intreccio della storia si infittiva, per poi rilassarsi quando il momento importante passava.

Di scatto alzò la testa e notò i miei occhi che a quel punto erano totalmente aperti. Dal suo volto passarono delle espressione dall'imbarazzo alla felicità, e il suo solito sorriso si riprese il suo posto.
Posò il libro sul comodino e io mi presi un momento per vedere la copertina.

"Pilars of Earth" ha stile il ragazzo.

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