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Al risveglio, Simone sente eccessivamente caldo. È estate, ma fa decisamente troppo caldo, ed è solo quando cerca di raggiungere il telefono sul comodino che capisce il perché: Manuel ha dormito tutta la notte abbracciato a lui.

Cerca di ricordare quello che è successo la sera precedente dandosi mentalmente del deficiente per aver bevuto così tanto. Non ricorda niente, nella sua mente il vuoto totale.

Nota comunque di essere vestito, quindi non c'è niente di troppo grave di cui preoccuparsi. Cerca di svegliare Manuel gentilmente, ma quando non sente una reazione, si sposta per cambiare posizione e mettersi di fronte a lui. Sono stesi uno di fronte all'altro, e Simone non riesce a non spostare, con un dito, un riccio che era caduto sulla fronte di Manuel.

Inizia ad accarezzargli il braccio, per cercare di svegliarlo.

«Manu, svegliati» sussurra, per poi dargli dei piccoli colpetti sulla guancia, dato che non sembra intenzionato ad aprire gli occhi.

«Aò ma che te schiaffeggi a prima mattina» sono le prime parole che Manuel pronuncia, prima ancora di aprire gli occhi, e Simone sbuffa una risata.

«Sono le 11, e tu non ti svegliavi» gli comunica.

Quando apre gli occhi ed incontra quelli di Simone, Manuel resta meravigliato. Non è di certo la prima volta che si svegliavano insieme, ma non si era mai trovato così vicino all'altro.

Non aveva mai potuto notare come il colore di quegli occhi assuma una sfumatura diversa all'inizio di giornata, come le palpebre non ancora completamente aperte lo rendano più adorabile del solito, non era mai riuscito ad accorgersi di quelle piccole rughette ai loro lati, non aveva mai avuto la sensazione di poterci affogare, in quegli occhi.

«Scusami» dice all'improvviso, dopo qualche istante di silenzio trascorso a fissarlo.

«Che sarà mai Manu, hai visto quanto ho dormito io, però se non ci muoviamo, perdiamo il tr-»

Simone non finisce la frase, viene interrotto.

«No, non per quello» spiega Manuel.
«Che ti ricordi di ieri sera?» chiede poi.

Simone sbianca, non ricorda nulla, ma più passano i minuti più pensa di non voler sapere cosa sia successo.

«N-niente, io non ricordo niente, mi dispiace, che è suc-»

Manuel gli prende la mano, per fermare quella pericolosa spirale di pensieri nella quale è chiaramente sprofondato, e lo tranquillizza.

«Non è successo niente Simò, solo che quando te volevo togliere la camicia, per metterti il pigiama, m'hai fermato, e hai detto che poi io t'avrei detto che non esistevi» dice tutto d'un fiato.

«E io volevo morì, vorrei poter cancellare quel pomeriggio, rimangiarmi quelle parole, perché non me sopporto, me odio, quando m'accorgo di come sei stato male, di quanto io t'ho fatto male» aggiunge, ma poi continua, profittando del fatto che Simone non lo sta interrompendo.

«Io non farei mai niente che ti faccia del male Simò, non di proposito almeno, voglio che tu questo lo sappia. Non te lo dimenticare mai.»

Simone ha gli occhi lucidi, non si sarebbe mai aspettato tutto questo, ma è evidente che nel profondo, quella discussione sia ancora un trauma per lui.

«Lo so Manu, io non ci penso, davvero, ma forse dentro di me, c'è sempre quella... paura» dice, insicuro.

«Che paura?»

«Di non contare niente per te, di essere solo un fastidio, solo uno stupido ragazzo innamorato.»

Non sa con quale coraggio abbia pronunciato le ultime parole, spera solo che quel discorso si concluda il prima possibile.

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