Né Manuel né Simone si curano di chiudere le tende in modo tale da evitare che la luce filtri nella stanza di primo mattino, per cui vengono svegliati da un raggio di sole che colpisce in pieno i cuscini.
Simone inizia a lamentarsi, farfugliando qualcosa di incomprensibile, come se il suo ragazzo fosse responsabile di quella luce che gli abbaglia la vista.
«Chiudi la tenda Manuel» borbotta, nascondendo la testa sotto il lenzuolo.
«Ma chiudila te, perché io?» ribatte Manuel, ugualmente assonnato, raggiungendolo sotto quel leggero strato di stoffa celeste.
Si avvicina al collo di Simone per iniziare a lasciarci tanti piccoli baci, che sono ormai diventati un'abitudine, per svegliarlo del tutto.
«Simo» dice all'improvviso, più lucido, ma Simone non proferisce parola, semplicemente mugola qualcosa e si avvicina di più a lui, andando così a condividere lo stesso cuscino.
«Ti amo Simo» confessa allora Manuel, perché svegliarsi con lui è diventata la sua cosa preferita al mondo, lo confessa come se l'altro non lo sapesse, come se non se ne fossero accorti tutti, come se chilometri di strade percorse a piedi e su rotaie non fossero stati testimoni della confessione di quell'amore. Confessione, non nascita, perché a volte Manuel ci crede davvero a quella storia dell'altra vita, ci crede al fatto che probabilmente, da qualche parte e in qualche tempo lontano, lui e Simone si sono già amati, e dovevano solo ritrovarsi, ed imparare di nuovo. Del resto, quel dinosauro un po' ne è la prova.
Quelle parole sono come una sveglia a campana per Simone, che apre gli occhi, sorridendo già.
«Mi ci potrei abituare ad essere svegliato così Ma»
«Come m'hai chiamato?» chiede Manuel divertito, perché se ha imparato una cosa in questo viaggio è che Simone appena sveglio è la reincarnazione di un bradipo.«È troppo lungo Manuel oh» si giustifica il più piccolo chiudendo di nuovo gli occhi e, facendo girare il fidanzato sulla schiena, ritorna a dormire beatamente con la testa sul suo stomaco nudo.
Manuel sorride di fronte a quella scena, e facendo scivolare il lenzuolo dalle loro teste, inizia ad accarezzargli i capelli.
Non vorrebbe trovarsi in nessun altro posto.Dopo un po' però a suonare è la fastidiosissima sveglia del telefono di Simone, che li riporta alla realtà: quello sarebbe stato il loro ultimo giorno a Glasgow, poi avrebbero raggiunto Londra, per poi tornare a Roma.
Manuel lo vede negli occhi di Simone quel velo di tristezza, di malinconia, e lo capisce. Se dovesse separarsi dalla madre, lui si comporterebbe anche peggio.
«Sei triste, lo so» infatti gli dice, abbracciandolo e stringendolo forte a sé, una volta sveglio.
Simone annuisce silenziosamente.
«Non è giusto» ammette dopo un po', con un tono di protesta.
«Cosa?»
Quella mattina è Simone ad aver nascosto il volto nel collo di Manuel, e a quest'ultimo va più che bene restare così, ad accarezzare la schiena nuda del fidanzato, sentendo il suo respiro caldo infrangersi sulla sua pelle.
«Che mia madre deve restare qua, e io non posso» dice il minore, che è consapevole di star facendo letteralmente i capricci.
«Lo so Simo, però ce possiamo tornà quando vuoi, qual è il problema» cerca di consolarlo Manuel, e lo vede destarsi, spostarsi leggermente, guardandolo sconvolto.
«Tu ci torneresti con me?» chiede incredulo.
«Certo, pure tutti i mes-»
Non finisce la frase perché Simone lo bacia, ed è tutto tranne che un bacio casto.