Capitolo 4

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Un gran chiasso mi fa riaprire gli occhi. Sono sdraiata sulla mia tovaglia al parco e ho una folla di gente attorno chinata verso di me. Vedo un po' confuso, provo a concentrarmi e fissare lo sguardo verso la figura che ho più vicina... È una donna, mi sembra di riconoscerla. Giro il capo per vederla meglio e mi sfugge un lamento, la mia povera testa... La guardo e le sorrido confusa, provo a parlare, ma la voce non esce. Chiudo nuovamente gli occhi, tenerli aperti mi causa mal di testa. «Fatele spazio, così non respira!» qualcuno grida. «Cosa è successo?» chiedo in maniera confusa all'unico volto più vicino a me. «Qualcuno ti ha aggredita» mi risponde di getto lo sconosciuto. Aggredita? Io? E perché? 

«Adele!» è la voce inconfondibilmente preoccupata di mio padre che sta per sommergermi di domande. «Papà, stai tranquillo! Sto bene» gli mento spudoratamente mentre sento qualcosa di liquido scivolare dalla tempia verso il mento. Al tatto sembra quasi denso. Sangue. «Qualcuno mi spieghi cosa è successo!» ordina mio padre alla folla confusa che inizia a dileguarsi alla vista di mio padre in divisa. Chi l'ha chiamato? «Ero seduta su una panchina non molto lontana da qui e ho sentito delle urla e un uomo vestito di nero e incappucciato correre poco dopo verso un'auto parcheggiata proprio lì.» Una vicina di casa nostra risponde alle sue domande indicando lo spazio colmo di auto di fronte al parco. «E quando sono arrivata la ragazza era a terra svenuta.» Mio padre la ascolta incredulo mentre osserva una pietra non molto grossa sporca di sangue gettata lì vicino e la mia ferita sulla fronte che sembra essere una fontana aperta. «Quando mi ha chiamato sono corso subito qui. Andiamo in ospedale e denunciamo il fatto» ordina con tono autoritario e mi aiuta ad alzarmi sostenendomi per un braccio. Non è il momento di oppormi, penso, e mi lascio trasportare come un ferito di guerra verso l'auto che non è quella di papà, non riesco a riconoscerla. Eppure è in divisa, dovrebbe essere con l'auto di servizio.

«Dottoressa De Lancia, sono molto dispiaciuto per l'accaduto, vi accompagno in ospedale.» La voce rassicurante del capitano Pellegrini mi coglie di sorpresa mentre salgo in auto ma sono troppo stordita per pensare a questo adesso. Più tardi tempesterò di domande mio padre. Non appena salita in auto inizia una corsa verso l'ospedale come se avesse un ferito in fin di vita sul sedile posteriore. «Capitano vada piano, non voglio che faccia un incidente per colpa mia» sussurro certa che ascolterà le mie parole. I due mi ignorano completamente, invece, mentre stanno già facendo diverse telefonate per acquisire le riprese delle telecamere del posto e delle strade vicine. Mi hanno aggredita senza motivo, non riesco a spiegarmelo. Non riesco a focalizzare la scena di quell'attimo, ricordo solo un uomo vestito di nero che si getta contro di me. «Siamo arrivati» annuncia il capitano mentre spegne il motore dell'auto davanti all'ospedale e si precipita dietro per aprire lo sportello. Mio padre mi aiuta ascendere mentre chiama un infermiere per aiutarlo. «Papà ti prego, non esagerare» gli chiedo supplicante mentre fa per avvicinarsi a me con la barella. «Adele De Lancia» non urla, ma il tono è quello dichi sta per scoppiare «siediti su questa barella e fatti fare i controlli necessari» ordina mentre mi affida all'infermiere di turno che mi conduce dentro il pronto soccorso. 

Non è un ambiente che amo se non per l'idea dell'ospedale in sé. Ma mi piace l'odore di sterile, il rumore, l'atmosfera, la gente che corre qua e là cercando la stanza della propria persona cara che rivede dopo un importante intervento. Mi piace vedere gli abbracci, cogliere la strana commozione dei distacchi e dei ritrovamenti. Migliaia di storie si intrecciano senza toccarsi mai. L'ospedale è il posto ideale per osservare le persone e per rendersi conto di quanto sia sottile la linea che divide la vita dalla morte. 

Ed io, distesa su quella barella, contemplo le luci che corrono veloci sopra di me mentre mi conducono alla stanza delle medicazioni e penso che devo essere fuori di qui entro sera, domani alle 8 ho l'autopsia. 

La figlia del MarescialloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora