Capitolo 13 - Finale

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Ho passato due settimane immersa completamente nel lavoro. Intere giornate ad archiviare fascicoli e a pulire l'attrezzatura per gli altri. Ha svuotato una scatola di libri abbandonata nell'archivio della sede e li ho tutti impilati sulla mia scrivania per controllarli uno ad uno. Mi sono sottratta alla fotografia sul campo e ho mandato Alessandri al posto mio per ogni chiamata di nuovi casi. Io avevo bisogno di staccare per un po' la spina e lei di fare pratica sul campo. Qualcuno in questi giorni è venuto a svuotare la stanza di Massimo che non veniva aperta da quella sera... e ci siamo ritrovati improvvisamente senza direttore, l'azienda sarebbe stata venduta e avremmo perso tutti il lavoro, magari.


Non sono mai stata così felice di tornare al lavoro in vita mia.


Sono stata accolta con gentilezza da tutti i colleghi che mi incrociavano per i corridoi, mi hanno salutato nel migliore dei modi, abbracciandomi anche più del dovuto. I dolori ormai sono svaniti quasi del tutto, sono praticamente guarita, ma qualche stretta di troppo mi ha ricordato delle corde che mi hanno tenuta incollata a una sedia per giorni. Mi hanno fatto delle domande sulla mia salute e mi hanno motivata a mille. Sono felice di essere tornata da loro. Nessuno di loro, compresa me, poteva ancora credere che quell'incubo fosse finito e nessuno avrebbe pensato di provare tanta gioia grazie al felice epilogo di questa vicenda.


 La mia scrivania stranamente era in ordine come l'avevo lasciata. Ho controllato nei cassetti per vedere se ci fossero ancora tutti i miei fascicoli e mi sono sorpresa vedendo che era tutto al suo posto. I corsi sono andati avanti e le richieste di collaborazioni sono comunque aumentate, nonostante questa spiacevole vicenda e qualcuno mi ha chiesto di prendere il posto del capo.

Mi hanno riservato un grande onore con questa proposta e non ho potuto non accettare alla fine. Ho lavorato duramente e mi sono messa in gioco rischiando la mia stessa vita per questo lavoro. È una grande sfida per me, dovrò rimboccarmi le maniche e ricostruire questa azienda, lottare contro i pregiudizi di chi pensa che qui "facciamo solo foto" senza sapere che noi siamo una squadra a servizio della giustizia.


Ci sono momenti nella vita di ognuno di noi in cui cerchiamo di ottenere qualcosa, di raggiungere un obiettivo che ci siamo prefissati, un qualcosa che desideriamo così ardentemente da sognarla la notte, quella cosa che, a volte, sembra impossibile da raggiungere. Ci proviamo molte volte e dopo miriadi di tentativi ot-tenere quella cosa che hai desiderato così fortemente ci rende finalmente soddisfatti, felici e quella voglia di lottare cresce sempre di più e ci fa prefissare nuovi obiettivi.


Io mi sono sentita così.


Così ho capito che ciò imparerò da questa esperienza, che non potrò mai imparare da nessun libro, è che bisogna avere desiderio di giustizia e renderla a chi non può più lottare per averla. Per questo ho iniziato questa avventura come direttore dell'istituto di foto-grafia forense più prestigioso della regione e come compagna del capitano Tommaso Pellegrini che, dopo qualche giorno dalla notte del mio ritrovamento e qualche uscita, mi ha chiesto di stare insieme come coppia e come collaboratori sulle scene del crimine.


Mio padre aveva ovviamente capito che c'era del tenero tra noi e ci ha dato la sua benedizione con fatica dopo aver raccomandato il capitano di prendersi cura di me. Ho definitivamente chiuso tutti gli scatoloni con le mie cose, alla fine, e ho firmato il contratto di affitto per la casa poco distante da casa dei miei. Adesso è arrivato il momento di iniziare questa avventura da sola. 

La figlia del MarescialloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora