Capitolo 10

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Dopo mezz'ora di traffico impressionante sono arrivato presso l'istituto di medicina legale dove il dottor Deira mi stava aspettando insieme al padre di Adele.
«Si sbrighi, capitano!» mi intima il medico legale che è impaziente di dissezionare la giovane vittima.
Non sono abituato ad assistere a queste procedure, questa è già la seconda volta, ma è in gioco la vita di Adele e non posso avere lo stomaco debole proprio oggi.


La sala è bianca, luci al neon illuminano un tavolo autoptico al centro della stanza. Fa freddo, la tempera-tura deve restare bassa per evitare che i cadaveri si deteriorino eccessivamente. Il dottor Deira mette in play un pezzo di Mozart in sottofondo, che lo aiuta a concentrarsi e, in un certo qual verso, dare un addio solenne alla vittima sul suo tavolo. Riconosco le note, Requiem in D minor. C'è la donna, sistemata ordinata e composta sopra alla superficie del tavolo, poggiata prona. Perché prona? Le autopsie si fanno partendo dall'addome, di solito. Eppure si vede la schiena, le natiche sode, delle mani solo i palmi. I suoi capelli cadono in avanti, e scendono al di là del tavolo; sono castani, leggermente ondulati. La visita autoptica comincia.


La ragazza ha la corporatura e l'altezza simili a quelle di Adele, ma questa volta la somiglianza si ferma lì, rispetto alle precedenti ragazze. Indossa un abito azzurro, al ginocchio, senza calze o collant e senza scarpe. La guardo con tristezza. Non avrà più di vent'anni, il viso pulito e senza trucco, doveva essere molto bella da viva. E forse sperava in un brillante futuro. Invece...
Cerco di tornare a essere il professionista che sono, ma è difficile, anche per il più cinico dei carabinieri, restare indifferente verso cose come questa. Resto a dovuta distanza dal tavolo a qualche metro per non intralciare il lavoro e mentre scaccio questi pensieri, torno alla mia osservazione.
Deira è già all'opera e mi sta guardando.
«Che c'è, capitano? I cadaveri le fanno impressione?» commenta senza un minimo di umanità e continua: «Bisogna saper essere distanti, reprimere le proprie emozioni.» E abbassa lo sguardo sul corpo di fronte a sé.
«È proprio per questo che la dottoressa De Lancia non gradisce la mia presenza... lei è passionale, sentimentale... eppure la mia fermezza e rigidità è quello che compenserebbe in una relazione...» commenta infastidendomi profondamente e preferisco non rispondere a quella provocazione scagliatami contro per scoprire se io e Adele stiamo insieme.


Dopo avere concordato con una tirocinante, a grandi linee, razza ed età anagrafica, ipotizzano la possibile ora della morte e iniziano a catalogare gli abiti.
«Sono presenti cianosi del volto e del collo e ci sono evidenti protrusioni dei bulbi oculari e piccole emorragie sottocutanee.»
Come per le altre ragazze, la morte è, con elevata probabilità, dovuta a strangolamento, ci sono tutti i segni evidenti.
«La milza è normale, stomaco in sede, il fegato presenta delle lesioni compatibili a un forte trauma all'addome, ma non è cirrotico né steatosico, quindi escluderei che il soggetto fosse sotto l'effetto di alcool, non è un bevitore abituale» azzardò il tirocinante, e il dottor Deira fece un versaccio d'errore. «Male, non devi escludere nulla, per pura deduzione. Solo il tossicologico sul sangue può escludere qualcosa» lo rimbrottò con somma soddisfazione.


Oltre alle ferite e alle escoriazioni, il petto sembrava integro, nessuna frattura, nessuna perforazione.
Si notano segni di ferite da difesa sui palmi delle mani e sui dorsi e della sostanza organica.
Proseguendo notiamo un'altra anomalia rispetto ai ritrovamenti precedenti, oltre alla posizione e all'abbigliamento, che mi addolora ancora di più.
«L'intestino è normale» continua poi «l'utero... l'utero è ispessito. Incido. All'interno dell'utero è presente un feto di almeno... dieci settimane. Forse anche di più. Questa donna era incinta...»
Quella scoperta mi lascia senza fiato e sento la necessità di lasciare quella stanza e mentre mi avvicino alla porta per uscire: «È morta soffocata» conclude Deira che ripone il bisturi sul tavolo e con gli occhi chiede al tirocinante una tovaglia per le mani mentre si sfila i guanti in lattice.

La figlia del MarescialloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora