Capitolo 8

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Dopo una notte intera a girarmi tra le lenzuola perché non riuscivo a prendere sonno, un messaggio aveva già programmato la mia giornata di oggi. "Domani passo a prenderti alle 9. Andiamo al corso come programmato."


Tommaso la sera prima mi aveva riaccompagnata a casa senza proferire parola sull'accaduto e senza confermare o meno la nostra partenza per l'indomani per farmi presenziare al corso a Meletino. Con questo messaggio, sicuramente dopo aver discusso ampiamente con mio padre e con Massimo, confermava la nostra partenza e soprattutto l'idea che da lì fino alla cattura del killer, avrei goduto della sua costante compagnia.


Ho dormito malissimo, mille incubi mi hanno torturato tutta la notte e ogni minimo rumore mi svegliava di soprassalto. L'idea che il killer conosca i miei spostamenti, i posti che frequento, dove lavoro, dove mi trovo mi desta non poche preoccupazioni perché mi fa credere che potrebbe succedere qualcosa di brutto da un momento all'altro. Ho uno stalker alle calcagna. Spesso ho sentito mio padre entrare in camera e controllare che fosse tutto a posto, che fossi lì e che stessi bene ma non possiamo continuare così. Spero che questi due giorni di mia assenza serviranno a chiudere il caso e a catturare questo criminale. La poca luce che entra nella mia stanza mi fa intendere che il sole non è ancora sorto e il silenzio in casa mi accompagna nelle mie riflessioni. Mi avvicino alla finestra e accompagno la tenda verso destra per ammirare lo scenario di fronte ai miei occhi.


Sono spettatrice di un'alba fantastica, con il cielo che prima dell'arrivo del sole si tinge sempre di colori fantastici. Non riesco a staccargli gli occhi di dosso e quando inizi così una giornata non puoi non essere contenta, anche se sei disperata. Sento l'esigenza di es-sere rapita da un simile spettacolo in grado di rigenerare cuore e spirito, per tornare a respirare regolare... e funziona. Quello che mi sorprende di me stessa in questi giorni, è che continuo sempre e comunque a provare un forte senso di gratitudine ogni volta che guardo fuori dalla finestra. Sono perfettamente consapevole che tutto è un disastro, che tutto sia complicato e imprevedibile ma sono fermamente convinta che sia perfetto così.


Indosso la mia vestaglia e realizzo che per iniziare questa lunga giornata un bagno caldo è quello di cui ho bisogno per rigenerarmi e caricarmi. Raccolgo i capelli dietro la nuca e li blocco con un bastoncino che, per una volta, sembra proprio uno di quelli per capelli e non una matita del mio ufficio. Inciampo quasi sugli appunti posati a terra, impilati anche se non perfettamente sovrapposti con un evidenziatore posato su di essi. Ho lavorato su qualcosa in questi giorni che poi ho abbandonato e dimenticato.


Mi lascio cullare dall'acqua bollente sperando che l'acqua lavi via i miei cattivi pensieri cercando di ripassare a mente le parole e gli argomenti per il corso di oggi. Ho già preparato i miei vestiti e anche il borsone con tutto il necessario per questi due giorni fuori casa. Dovrei avere un entusiasmo diverso e adesso invece mi sento quasi triste, preoccupata. Non mi senti-vo così da tempo ma sono determinata a cambiare rotta. 

Adesso la luce del sole entra prepotentemente nella mia stanza e inizia a filtrare dalle tapparelle della finestra. Mi siedo un attimo con le gambe penzoloni giù dal materasso e lancio un'occhiata rapida al mio cellulare sul comodino. Scorro rapidamente tra le notifiche in cerca di qualche messaggio, ma non trovando nulla finisco di vestirmi.

Fuori dalla mia finestra intravedo il capitano. Insieme al cappotto primaverile blu che indossa, porta con sé, sulla spalla, anche una borsa da lavoro in pelle. Sotto il cappotto è stranamente elegante: indossa infatti un completo grigio composto da giacca e pantaloni e una camicia blu abbottonata fino al collo. Indossa anche degli occhiali da sole, vista la giornata. Non sembra avere particolare fretta nel camminare, diretto verso la mia porta d'ingresso. In quel momento una telefonata lo costringe a fermarsi nel bel mezzo del percorso: guarda lo schermo del cellulare alzando momentaneamente gli occhiali da sole e risponde. Ciò che dice non è udibile, ma resta il fatto che, mentre parla, distrattamente si guarda intorno e procede di qualche altro passo più lento, gettando gli occhi in alto verso la mia finestra e così individua la mia figura. Motivo per cui, quando chiude la chiamata di fatto breve, cerca di avvicinarsi forse in maniera un po' indecisa e titubante. L'espressione algida, l'aspetto impeccabile e curato, i capelli ordinati, la postura piuttosto tesa e composta, lo renderebbero riconoscibile tra tutti quelli che conosco.

La figlia del MarescialloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora