5 - Per favore, stammi bene

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Passò qualche anno, tra preghiere, cure e strani sogni. Avevo già rimandato compleanni e anniversari per causa dei doveri a corte, ma finalmente mi convinsi a uscire di nascosto per trovare i miei genitori, indossando vesti paesane e portando con me un cestino di pozioni, medicine e il buon cibo della città. Ma appena feci un passo dalla mia stanza, Davios sbucò da dietro la porta come un avvoltoio.

"Dove credi di andare?"
E sobbalzai.
"Non sono affari tuoi" risposi.
"E chi farà i turni di guarigione e preghiera nella chiesa? La regina non ne sarà molto contenta quando lo saprà."
E mi guardò con uno sguardo complice.
"Se! Lo saprà" cercai di cogliere quell'opportunità ma sembrava che io avessi interpretato male quello sguardo, perché quello di Davios si rabbuiò subito.
"La regina avrà sempre e solo informazioni vere da me."
"Non devi per forza dirglielo, magari non mi hai visto o sono uscita dalla finestra! Io devo andare comunque, con o senza il tuo permesso."
E mi incamminai già percorrendo il corridoio, ma Davios mi fermò subito dopo due passi, afferrandomi l'avambraccio.
"Mmh no. Ultimamente ci sono molti ladruncoli e briganti in città e alla regina non farà molto piacere perdere il suo cagnolino domestico."
Gli diedi un'occhiata di disgusto, il "cagnolino domestico" semmai era lui.
"Fra 20 minuti finisco il turno e ho il pomeriggio libero. Se vuoi posso accompagnarti, solo per sicurezza. Ma non aspettarti che io sia di compagnia, tu non mi piaci affatto. Lo faccio per lavoro."
Continuò, e gli credetti sulla parola: lo sentivo da lontano un miglio che quando mi vedeva in giro faceva una faccia disgustata e questo comportamento andava avanti da anni.
Ma accettai comunque, avere un passaggio a cavallo sarebbe stata una fatica in meno per le mie gambe.

Passati i 20 minuti, Davios si tolse l'armatura pesante ma tenne la spada.

"Andiamo a prendere Bisanzio."
"Bisanzio?"
"Il mio cavallo."
Ebbene sì, aveva chiamato quel bellissimo morello Bisanzio.
Con un po' di fatica riuscii a salire (nessuna esperienza pregressa con i cavalli) grazie anche all'inaspettato aiuto di Davios.

Arrivati nel mio paesino natìo, notammo subito che qualcosa non andava.
"Dove sono tutti?" Chiesi come se Davios lo sapesse.
"In effetti è un po' strano."
Si accostò vicino a una guardia e chiese.

"Il paese sta attraversando un periodo di epidemia. Non passate di qua, anzi andatevene o prenderete anche voi qualche cosa." E ci scacciò con un gesto della mano.
"Non posso, dobbiamo andare comunque" sussurrai a Davios, che sospirò.
"Senti, io le malattie non le voglio. Se proprio vuoi fare qualcosa, fallo da sola."
E lo feci: smontai da cavallo quasi cadendo e col cesto in mano, mi recai verso la casa dei miei genitori. La guardia cercò di fermarmi ma Davios gli fece un segno e lui capì.

Una volta raggiunta la casa, mi accolse mia sorella con gioia, ma nei suoi occhi leggevo anche la tristezza e chiesi dei miei genitori.
"Per ora non sembra che le loro condizioni siano gravi. Hanno preso la malattia ma sono forti... Forse ce la faranno." E guardò in basso con tristezza, quindi le presi le mani sorridendole, "io posso fare qualcosa, ricordi?"

Entrai nella stanza dei miei, per fortuna non era nulla di più grave di un semplice raffreddore. Gli insegnamenti della chiesa furono efficaci perché riuscii a guarire entrambi senza troppo sforzo.

"L'intero paese è così, anche Anita e la sua famiglia sta male. Poveretti, 5 figli e una donna malata. Il marito se n'era già andato 5 anni fa, spero che i bambini non restino orfani..."
"Ho sentito anche brutte notizie nella famiglia Lanciomo: la neonata, Gris, pensano sia in gravi condizioni"
"Eh sì, purtroppo ha colpito proprio tutti..."

A sentire queste parole, mi sentivo in dovere di fare qualcosa. Volevo che le altre sacerdotesse si occupassero di questa situazione insieme a me, ma farle arrivare qui sarebbe stata un'impresa e forse alla capitale non sarebbe importato della salute dei suoi sudditi della periferia. Ma poi mi venne un'idea e la misi in atto.

Andai prima da Davios.
"Avverti le guardie, voglio che tutti i cittadini escano fuori dalle loro case e si raggruppino in piazza"
"Cosa? Sei pazza? A parte la malattia, sono un semplice cittadino senza la divisa. Non ho il diritto di dare ordini a queste guardie."
Mi disse a braccia incrociate, non smuovendosi di un millimetro.
"Non è vero, tu sei il capo dei cavalieri di Luvyrak, avrai la tua fama in giro per il regno no? Sei il leone della Regina Arsia!"
A queste parole la guardia accanto a noi, che si stava scaccolando probabilmente, sbiancò un attimo, poi strabuzzò gli occhi e guardò bene Davios; si mise una mano sulla bocca avendo appena riconosciuto la sua persona.
"Ehi, non hai nessun diritto di chiamarla per nome, come ti permetti? Per te è la regina Rossa. Comunque, ci posso provare... Se proprio devo"
E guardò la guardia con indifferenza, ma vedendo la sua diligenza e la sua improvvisa professionalità, aveva già capito di essere stato riconosciuto e sospirò.

Il piano filò liscio, e tutte le persone del paesino si presentarono nella piazza, c'era chi stava meglio e chi peggio. Erano più di quelli che immaginavo.

"Per favore, vorrei un attimo di attenzione e silenzio! Sono una sacerdotessa del regno di Luvyrak, questa è la mia terra e voglio aiutarvi. La malattia che sta girando si può facilmente curare, ma serve la collaborazione di tutti! Portatemi tutte le bacche e contenitori che avete in casa."
La gente si guardava un po' sbigottita in giro, alcuni erano servizievoli e già si erano messi in cammino. Sempre più gente prendeva il loro esempio fin quando non parteciparono quasi tutti.
"Tsk io non mi fido. Sarà pure di qui ma è una che nuota nei nostri soldi nel castello." Avevo sentito dire da un vecchio.

Intanto molti avevano portato secchi e cesti pieni di bacche. Incantai più bacche che potevo e ne diedi un paio a persona, facendo procedere la fila piano piano. Alla fine tutti mangiarono le bacche (persino il vecchio, convinto dalle figlie) e la gente iniziò a sentirsi bene in poche ore. Restai ancora qualche oretta insieme ai miei genitori che mi lodavano con affetto e orgoglio.

"Accidenti, ti sei davvero data da fare."
Disse Davios a cavallo, ormai era il tramonto e il cavallo andava piano.
"È il mio compito, credo. Ogni giorno curo ogni tipo di malattia o ferite, farlo qui non dovrebbe essere diverso no?"
"Già. Questi campi sono la base di sostentamento del nostro regno, senza saremmo affamati. Ora, prepariamoci a subirne le conseguenze, la regina avrà già notato la mancanza di entrambi, sacerdotessa."
Mi ero quasi scordata della sgattaiolata, e mi preparai al peggio.

"Cosa?" Fu la risposta della regina alle mie spiegazioni, con tono secco e freddo, fece un breve sospirò distogliendo lo sguardo, sembrava che stesse cercando di sopprimere la rabbia.
"Non ti allontanare più dal palazzo senza avvisare, capisco che tu voglia visitare i tuoi genitori, ma non puoi fare... Non farlo più. Dato che oggi non sei stata presente, domani farai il doppio della meditazione. Al servizio di cure e benedizioni ci penserà la sacerdotessa minore Alyia."
Si voltò senza quasi sentire ragione.

"Beh... Ne è valsa la pena?" Chiese Davios e mi guardò.
Io ero tutto sommato contenta, certo la pena era terribile, già metà giornata di meditazione mi stancava a morte, figurati una giornata intera; ma avevo salvato moltissime vite, quindi sorrisi.
"Si, né è valsa la pena."
A quelle parole la regina sembrava aver rallentato il passo e volse leggermente lo sguardo verso di me, la sua espressione sembrava preoccupata e poi se ne andò.

La somma SacerdotessaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora