Mi si scioglie la bocca.

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Tic, tac.

Tic, tac.

Tic, tac.

Il tempo è scandito alla perfezione da questa lancetta.

Appartiene ad una sveglia rotonda e rossa, fin troppo vecchia per funzionare ancora.

Eppure, tic, tac; tic, tac.

Credo di averle cambiato le pile almeno sette mesi fa, ma non si è ancora stancata.

Soffro d'insonnia, di solito. Gli innumerevoli tentativi di addormentarmi sono sempre nervosamente scanditi da questo tic, tac di cui comunque non riesco a liberarmi.

Forse perché non voglio.

È un suono che mi rende nostalgico, nonostante il suo continuo martellare.

Mi ricorda un po' il liceo, le notti prima delle verifiche, quando sintonizzare la mia mente su quel tic, tac era l'unico modo per non farmi prendere dall'ansia, per distrarmi e non pensare all'immensa figura di merda che avrei fatto davanti al professore e all'ennesima delusione di mia madre per non riuscire a combinare niente di buono.

Tic, tac.

Mi ricorda le estati afose, i bagni di sudore, le zanzare che con le lancette danzavano a ritmo.

Tic zzz Tac zzz Tic zzz Tac.

Notti insonni a cercare di ammazzarle e, con loro, ammazzare tutto ciò che c'era di fastidioso in me. Le mie risposte acide, la mia noncuranza verso il prossimo, il mio saper diventare crudele per paura.

Tic zzz Manuel Tac zzz Manuel Tic zzz Manuel Tac.

Mi ricorda le urla di piacere a tentare di coprire questa scansione razionale del tempo, quasi a cancellare l'unico suono capace di tenermi ancorato a terra, capace di fermare la follia di perdermi del tutto con il rischio di non ritrovarmi più. Ogni tentativo era vano perché quel richiamo, su di me, ha sempre fatto effetto.

Il tic, tac era sempre nella mia testa, nelle mie orecchie, nel mio corpo.

E il mio corpo si muoveva con lui.

Ipnotico.

Tic, tac; tic, tac.

Che, proprio oggi, non sento.

È questo ciò che comunemente chiamiamo perdere la cognizione del tempo?

Perché io, adesso, sento di averlo perso, nonostante sia perfettamente capace di vedere l'alba nascere dal buio più luminoso in cui mi sia mai rifugiato.

Sento di averlo perso o forse, con te, il tempo non l'ho mai conosciuto.

Non riesco più a ricordare quand'è che ti ho visto per la prima volta. Non riesco più a ricordare quand'è che mi hai sorriso. Non riesco più a ricordare quand'è che abbiamo toccato i tasti dello stesso pianoforte. Non ricordo quanti giorni, mesi, anni fa ho sentito la tua bocca venerare la mia pelle. Non ricordo più quanto tempo fa sono quasi svenuto davanti a te, quanto tempo fa abbiamo mangiato una pizza ridendo, quanto tempo fa abbiamo fatto l'amore.

E non riesco a capire neanche quanto tempo è passato dal momento in cui ho deciso di trascinarti in camera mia, piantando i piedi per terra come un bambino capriccioso, facendoti ridere come se avessi pronunciato la battuta più divertente del mondo, per stenderci nudi tra le lenzuola fresche alla banale ricerca di un filo d'aria che facesse rabbrividire le nostre pelli.

Aria che non sia il tuo respiro sul mio ed il mio sul tuo.

Non ricordo per quanto tempo ci siamo respirati addosso, né per quanto tempo ci siamo respirati dentro. Non ricordo quando e in quanto tempo ci siamo addormentati, vicini, con la paura di diventare uno, ma col bisogno di un contatto per sentirci vivi, presenti, reali.

ViolessDove le storie prendono vita. Scoprilo ora